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dai GIORNALI di OGGI

CONGRESSO PD 2009

2009-07-25

Ingegneria Impianti Industriali

Elettrici Antinvendio

ST

DG

Studio Tecnico

Dalessandro Giacomo

SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE

CANDIDATI ALLA SEGRETERIA NAZIONALE PD

Dal Sito Internet de L'unità

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I TESTI | Le quattro mozioni Pd

Le quattro mozioni

che si sfidano

per il Congresso Pd.

BERSANI / FRANCESCHINI / MARINO / RUTIGLIANO

25 luglio 2009

Il Perito Dalessandro Giacomo ha lanciato la sua Candidatura Spontanea, con riserva, ma ad oggi non c'è stata alcuna risposta dal PD!

Per.Ind. G. Dalessandro

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Dott. Pier Luigi Bersani

http://www.bersanisegretario.it/mozione

bersani_p@camera.it

Dario Franceschini

 

 

 

 

 

Inazio Marino

Amerigo Rutigliano

Il mio pensiero sulle Candidature alla Segreteria Nazionale del PD:

Io ieri 23/07/2009 con e-mail inviata alle 18,03 alla Commissione Nazionale del PD, al Segretario Nazionale D. Franceschini, alla Direzione, ai Parlamentari del PD, alla stampa ho confermato la mia Candidatura Spontanea alla Segreteria Nazionale del PD per dare una scossa e far partire il dibattito dal basso.

Faccio rilevare che così come oggi è impostato tutto il dibattito, la nomina del Segretario Nazionale del PD viene dall'alto con una rosa ristretta di nomi, in virtù di una seleziona effettuata dal Vertice con l'imposizione dei numeri necessari per concorrere alla Candidatura ( ci si rifà al Regolamento per l'Elezione del Segretario ) :

Art. 3 punto 2. Tutte le candidature debbono essere sottoscritte:

da almeno il 10% dei componenti l’Assemblea Nazionale uscente, oppure, da un numero di iscritti compreso tra 1500 e 2000, distribuiti in non meno di cinque regioni, appartenenti ad almeno tre delle cinque circoscrizioni elettorali per il Parlamento europeo.

Dimenticandosi invece delle PARI OPPORTUNITA' richieste dello Statuto del PD ,

Art. 1 punto 1. Il Partito Democratico è un partito federale costituito da elettori ed iscritti, fondato sul principio delle pari opportunità, secondo lo spirito degli articoli 2, 49 e 51 della Costituzione.

In effetti per porre sullo stesso piano di Pari Opportunità i Dirigenti nominati dall'Apparato alla Candidatura PD, bisogna consentire agli altri come me di poter lanciare la propria Candidatura che può essere o meno poi fatta propria dagli iscritti partecipanti al Dibattito Congressuale dei Circoli Locali, Provinciali, Regionali.

In effetti con questa modifica del metodo, che può essere letta implicitamente anche nel regolamento, che non indica di fatto quando i numeri sottoscrittori devono fare da discriminante, se prima della scadenza del 23 u.s. o durante il dibattito congressuale.

Se non si accetta questa dialettica la Democrazia del PD viene di fatti esautorata e sostituita con il Famoso Centralismo Democratico.

Allora chi non la pensa come l'Apparato del PD è costretto ad emigrare fino a pensare di costituire un nuovo Partito del Centro Sinistra.

Per. Ind. Giacomo DALESSANDRO

 

 

Spett.le Commissione Nazionale del PD

Commissione nazionale di Garanzia del PD

Via S. Andrea delle Fratte 16

00187 Roma.

Segretario della Commissione dr. Giampietro Sestini

e-mail: giampietrosestini@yahoo.it

c.a. Segretario D. Franceschini dario@partitodemocratico.it

Segreteria PD:

c.a. redazione@partitodemocratico.it

c.a. chiamparino.sergio@partitodemocratico.it

c.a. errani.vasco@partitodemocratico.it

c.a. martina.maurizio@partitodemocratico.it

c.a. melilli.fabio@partitodemocratico.it

c.a. mogherini_f@camera.it

c.a. lupo.giuseppe@partitodemocratico.it

c.a. meloni.elisa@partitodemocratico.it

c.a. Parlamentari PD

Cortesi Direttori dei Giornale in Indirizzo

Cortesi Parlamentari del PD in indirizzo

Cortesi Elettori/Iscritti del PD

chiedo ospitalità A Voi tutti ed ai giornali per rilanciare, una volta completata l'iscrizione online con la formale consegna della tessere dell PD, la mia Candidatura di anonimo elettore iscritto a Segretario del PD.

Per superare l'ulteriore handicap delle sottoscrizioni, mi appello al Diritto della Pari Opportunità sancito dallo Statuto del PD, approvato dall'Assemblea Nazionale del 20 giugno 2008 , al

CAPO I

Principi e soggetti della democrazia interna,

Articolo 1.

Principi della democrazia interna

  1. Il Partito Democratico è un partito federale costituito da elettori ed iscritti,
  2. fondato sul principio delle pari opportunità, secondo lo spirito degli articoli 2, 49 e 51 della Costituzione.

    Questa mia iniziativa è inusuale e non fa parte della tradizione, ma è un modo di allargare la partecipazione democratica alla vita dei partiti, consentendo però una democratica selezione non consentita invece dai grandi numeri dello statuto.

    Ben diverso sarebbe la formazione di candidature in base allo sviluppo di un dialogo non sviluppato dall'alto ma autogeneratosi dalla base.

    La ringrazio comunque indipendentemente dalla conclusione se comunque leggerà questa mia, che parimenti diffonderò all'attenzione dei parlamentari del PD.

    Per ulteriori informazioni sulla mia persona potete visitare i miei siti internet ed eventualmente il mio curriculum professionale scaricabile dai medesimi siti professionali,

    Distinti Saluti

    Per. Ind. Giacomo Dalessandro

    studiotecnicodalessandro@virgilio.it

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    CANDIDATURA SPONTANEA A SEGRETARIO DEL PD - SEGUITO

    Lettera inviata a Giornali ed a Parlamentari del PD (Rev. 2)

    Spett.le Commissione Nazionale del PD

    Commissione nazionale di Garanzia del PD

    Via S. Andrea delle Fratte 16

    00187 Roma.

    Segretario della Commissione dr. Giampietro Sestini

    e-mail: giampietrosestini@yahoo.it

    c.a. Segretario D. Franceschini dario@partitodemocratico.it

    Segreteria PD:

    c.a. redazione@partitodemocratico.it

    c.a. chiamparino.sergio@partitodemocratico.it

    c.a. errani.vasco@partitodemocratico.it

    c.a. martina.maurizio@partitodemocratico.it

    c.a. melilli.fabio@partitodemocratico.it

    c.a. mogherini_f@camera.it

    c.a. lupo.giuseppe@partitodemocratico.it

    c.a. meloni.elisa@partitodemocratico.it

    c.a. Parlamentari PD

     

     

    Oggetto: Presentazione di Candidatura Spontanea a Segretario Nazionale del PD

    da eleggersi in data 25 Ottobre 2009

     

    Gent.mi,

    il sottoscritto Dalessandro Giacomo, nato a Taranto il 18-06-1946,

    residente a Martina Franca in via Alessandro Fighera 35,

    iscritto il 21-07-2009 al PD Partito Democratico presso il Circolo di Martina Franca,

    Struttura Territoriale di Taranto,

    Chiede di essere iscritto con riserva a per poter concorrere come Candidato alla elezione a Segretario Nazionale del PD da eleggersi il 25 ottobre 2009.

    Nel merito della presentazione della sottoscrizione, come prescritto, ma in deroga all'Articolo 3 del Regolamento per l’elezione del Segretario e dell’Assemblea Nazionale, si riserva di far convalidare la propria iscrizione durante la fase Congressuale dagli iscritti che volessero accogliere, sviluppare, migliorare le sue tesi politiche, con i prescritti numeri richiesti, pena la decadenza della propria candidatura se non raggiungesse i sottoscrittori necessari da regolamento.

    Questa procedura insolita e non in perfetta linea con il regolamento, risulta invece legittimata dallo

    Statuto del Partito Democratico, approvato dall'Assemblea Nazionale del 20 giugno 2008

    CAPO I

    Principi e soggetti della democrazia interna

    Articolo 1.

    Principi della democrazia interna

  3. Il Partito Democratico è un partito federale costituito da elettori ed iscritti,

fondato sul principio delle pari opportunità, secondo lo spirito degli articoli 2, 49 e 51 della Costituzione.

2. Il Partito Democratico affida alla partecipazione di tutte le sue elettrici e di tutti i suoi elettori le decisioni fondamentali che riguardano l’indirizzo politico, l’elezione delle più importanti cariche interne, la scelta delle candidature per le principali cariche istituzionali.

3. Il Partito Democratico si impegna a rimuovere gli ostacoli che si frappongono alla piena partecipazione politica delle donne. Assicura, a tutti i livelli, la presenza paritaria di donne e di uomini nei suoi organismi dirigenti ed esecutivi, pena la loro invalidazione da parte degli organismi di garanzia. Favorisce la parità fra i generi nelle candidature per le assemblee elettive e persegue l’obiettivo del raggiungimento della parità fra uomini e donne anche per le cariche monocratiche istituzionali e interne. Il Partito Democratico assicura le risorse finanziarie al fine di promuovere la partecipazione attiva delle donne alla politica.

4. Il Partito Democratico promuove la partecipazione politica delle giovani donne e dei giovani uomini, delle cittadine e dei cittadini dell’Unione Europea residenti ovvero delle cittadine e dei cittadini di altri Paesi in possesso di permesso di soggiorno, garantendo pari opportunità a tutti e a tutti i livelli.

 

Pertanto i numeri di sottoscrizioni per concorrere alla Candidatura a Segretario Nazionale, citate nel Regolamento per l'elezione a Segretario Nazionale del PD, all'articolo 3 punto 2. (Tutte le candidature debbono essere sottoscritte da almeno il 10% dei componenti l’Assemblea Nazionale uscente, oppure, da un numero di iscritti compreso tra 1500 e 2000, distribuiti in non meno di cinque regioni, appartenenti ad almeno tre delle cinque circoscrizioni elettorali per il Parlamento europeo) risultano palesemente in contrasto con le Pari Opportunità di cui all'Art. 1 punto 1 dello Statuto del PD, salvo che non sia data la possibilità reale democratica agli iscritti che volessero candidarsi di conseguire il necessario consenso alla propria candidatura tramite il Democratico Dibattito Congressuale, se hanno la capacità di acquisire consenso non solo nelle Sezioni Locali, ma anche in quelle provinciali, regionali, interregionali, il tutto per validare tutti i concorrenti, così facendo posti sullo stesso piano egualitario, sia i concorrenti dell'Apparato e quelli che emergessero dal Dibattito della Base.

Seguire queste opportunità significa far crescere il dibattito politico nel partito e sviluppare una maggiore coesione ed attenzione anche nel paese reale.

Questa apertura alla partecipazione non può che stimolare il dibattito, perché democraticamente ed insieme con la Base si scelgano le linee fondamentali per far ripartire lo sviluppo del Paese che non può essere incentrato solo sulle vicissitudini personali del ns. Presidente del Consiglio, ma devono essere incentrate nei problemi reali che interessano gli studenti, i giovani lavoratori come gli esperti, i disoccupati, i cassaintegrati, le aziende in crisi di liquidità, ridare vitalità agli anziani che hanno fatto la storia dell'Italia, ai Pensionati che devono godersi la vivibilità delle Città, agli ammalati di vere risolti i loro problemi, agli Imprenditori di essere liberati da tangenti, pizzi, concussioni, alla giustizia di funzionare, alla legalità di essere ripristinata, ai pacifici di avere la speranza di un mondo senza più guerre, agli ambientalisti di liberarsi della spazzatura, promuovendo le energie alternative in antitesi al Nucleare, … ai Cattolici praticanti come me di non dovere turarsi il naso per essere costretti ad associarsi a coloro che non praticano gli insegnamenti di condivisione, amore, fraternità, uguaglianza, pace… del Vangelo…

Nel Pieno rispetto della Democrazia del Partito e delle Libertà Costituzionali, per il rilancio di una politica per i suoi elettori e per l'Italia,

il sottoscritto chiede pertanto che la propria candidatura sia acquisita e registrata con la riserva sopra citata.

Allega un sunto di quello che sarà il suo programma politico, che sarà pronto ed esposto più concretamente per la fase congressuale.

Martina F. 23/07/2009

Per. Ind. Giacomo Dalessandro

Via Alessandro Fighera 35

74015 Martina Franca (TA)

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PROGRAMMA

Linee politico-programmatiche

Motto:

UNITI INSIEME PER SCEGLIERE UNA SOCIETA' PIU GIUSTA

A FIGURA

DEL FIGLIO DELL'UOMO

APPELLO

Carissimi

Amici Cattolici e Compagni di Sinistra,

Caro Segretario Franceschini,

Cari Candidati

Mario Adinolfi

Pier Luigi Bersani

Paola Binetti

Ignazio Marino

Ermete Realacci

l'altro giorno mi sono candidato a Segretario con una lettera che ho diffuso a giornali e parlamentari del PD, per provocazione contro l'articolo dello Statuto che difatti limita la possibilità di accesso alla candidatura a chi non ha 3000 sostenitori di 3 regioni...

Oggi mi appello alla Commissione Nazionale del PD ed a Voi tutti, chiedendoVi di essere cooptato/iscritto con riserva per concorrere insieme a Voi alla Candidatura di Segretario Nazionale del PD, quale terzo eventuale garante della base, non in contrapposizione con ciascuno di Voi, ma per contribuire a sviluppare un dibattito politico, partecipato dal basso, in attesa di poter essere candidato in base al consenso che sarà promosso o meno dal dibattito congressuale, in conseguenza di linee politiche che la base vorrà scegliere.

Questa mia posizione non è dettata da mancanza di rispetto verso te o gli altri candidati, ma dalla volontà di far sviluppare un dialogo generale che coinvolga tutti, iscritti, elettori, e società civile ed imprenditoriale, per costruire delle scelte generali condivise e vincenti per il paese.

Giacomo Dalessandro

studiotecnicodalessandro@virgilio.it

 

Premessa:

dopo oltre 32 anni, mi sono iscritto ad un partito, il PD.

Il secondo partito della mia vita politica da ignoto cittadino, il primo fu il PSI a Cinisello Balsamo

('70-'77), allora ero nel direttivo del PSI come rappresentante della Sinistra Lombardiana,

emigrante del sud alla Milano degli anni '70 per lavoro, dove ho vissuto fino a fine giugno '77.

In questi ultimi 32 anni sono stato elettore fedele del PCI prima, Ulivo… e PD poi (in precedenza quando viveva Lombardi votavo PSI), anonimo, con la speranza di veder appagati i miei desideri e le mie speranze politiche.

Voglio presentare per concorrere alla Segreteria come rappresentante di tutti gli onesti, anonimi, coreacei elettori, che sperano ancora di resistere sull'ultima spiaggia, per cercare di salvarci da questa deriva, che ci ha visto prima perdere miseramente il Governo, nonostante il Pese ce lo avesse consegnato 1 anno prima con fiducia e speranze di tanti come me, poi le elezioni politiche con surclassamento, dato su un piatto d'argento al Premier dell'Opposizione, che oggi ci Governa in virtù della vittoria elettorale susseguente a beghe, inutili divisioni e distinguo interni della Sinistra, dandogli tanto spazio da vantarsi di aver credito in oltre il 60% del paese, anche se è stato smentito alle Europee.

La mia candidatura alla segreteria del PD vuole essere di portavoce degli anonimi che hanno creduto e credono ancora nel Centro Sinistra per risolvere i problemi del Pese e con esso quello dei Lavoratori, Imprenditori, Pensionati, Studenti, Famiglie, Diseredati, Deboli, Indifesi, Ammalati.

Preciso bene però che io non sono contro la storia dei Partiti Fondatori ed i suoi dirigenti e militanti, PCI, DC, PSI, che sono stati senza nessun distinguo gli artefici, insieme agli altri partiti più piccoli Socialdemocratici, Reppublicani, ecc., della Liberazione e Rinascita dell'Italia, nonostante le corruzioni che ci sono state e che ci sono ancora, anche da parte di chi predica bene e poi razzola male, senza voler poi fare particolare riferimento ad alcuno.

Il Paese che io voglio rappresentare è quello del Lavoro, Lavoratori dipendenti, Imprenditori, Pensionati, Studenti, Famiglie, Diseredati, Deboli, Indifesi, Ammalati, che credono nella partecipazione di tutti allo Sviluppo, nella Coesione, con Amore, Fraternità, Pace, Giustizia, Lavoro, per la Salute, Istruzione, e da Cattolico convinto e praticante nella Via, Verità, Vita, perchè si operi a favore dei Poveri del Mondo che muoiono di fame, perché i paesi ricchi adottino i paesi poveri, perché ad ogni Uomo e Famiglia sia garantito il minimo per vivere degnamente da Essere Umano, e non schiavi della miseria, ignoranza, malattie, siccità, povertà assoluta.

Voglio rappresentare quelli che non vogliono soggiacere alle angherie, soprusi, malvessazioni, stupri, rapimenti, furti, scippi, concussioni, ricatti, taglieggiamenti, tangenti, pizzo, estorsioni, delitti contro le persone e cose, droga, alcol, baronie, nepotismi, ecc.

Voglio ridare i centri storici delle città a coloro che dopo una vita di lavoro devono tornare ad appropriarsene per goderseli senza paure.

Voglio debellare le morti sul lavoro, nelle case, sulle strade, negli stadi, ridare fiducia e credere nelle istituzioni, riformare la magistratura perché la giustizia funzioni nel tempo reale dell'oggi e non nei secoli del ieri, che le istituzioni delegate alla sicurezza tornino a proteggere i Cittadini e non a punirli per far cassa, che le Amministrazioni Pubbliche, le Istituzioni, gli Enti necessari gli Appalti siano governati, gestiti nella tempestività dei servizi e realizzazioni, senza sprechi, in piena trasparenza dei bilanci, delle spese, degli obbiettivi realmente raggiunti, dei servizi, il tutto online alla piena e libera visibilità e controllo da parte dei cittadini.

Liberare la Sanità dagli sprechi, utilizzare l'intera giornata, compreso la notte per le visite specialistiche a lunga scadenza che richiedono l'uso di attrezzature costose parzialmente utilizzate a 1 turno di lavoro, facendole lavorare su 3 turni riducendo così i costi, fornendo assistenza per il trasporto assistito degli anziani soli o inagibili alle strutture ospedaliere, registrando e facendo sottoscrivere ai pazienti tutti i farmaci relativi alle terapie ospedaliere.

Riformare una scuola che non deve diventare parcheggio per i ragazzi in attesa del lavoro, ma deve essere trampolino di lancio eliminando i tempi inutili, cresciuti diabolicamente negli ultimi anni, impedendo di fatto ai diplomati di essere prontamente operativi per il mondo del lavoro come lo era 40 anni fa, innalzando inutilmente i tempi dell'università : bisogna sfornare diplomati più formati in virtù del computer e degli stage lavorativi, accelerando l'uso della posta elettronica e del PC per interfacciarsi con la società e con il mondo del lavoro, ricordando che "i Bocciati" non sono il frutto di chi non vuole apprendere o del bullismo, ma della incapacità delle Istituzioni, non del singolo professore, di Insegnare e fare modello.

Accrescendo il ruolo della Istruzione, Formazione, Università telematica, anche da gestire con accordi con i Paesi del Terzo Mondo.

Attuare accordi programmatici di Istruzione-Formazione-Lavoro-Investimento con i Paesi Poveri, per una immigrazione controllata a supporto della ns. Industria e Società, con la garanzia del loro ritorno ai paesi di origine dopo alcuni anni di formazione e lavoro in Italia, per aiutare i paesi di origine nello sviluppo economico, formativo e di scolarizzazione.

Con la massima garanzia di accertamento e controllo della Identità delle Persone, anche con l'utilizzo della identificazione con impronte, a garanzia dei medesimi immigrati non soggetti a discriminazione in virtù della esatta individuazione e non generalizzazione di coloro che commettessero reati.

Voglio riappropriarmi della mia Bella Italia, della Nostra Bella Italia, liberarla dall'Inquinamento Ambientale, liberando la Raccolta Differenziata dalle maglie della mafia, ripulendo le Città e le Campagne dai Rifiuti Indiscriminati intervenendo sulla riduzione degli imballaggi, recuperando energia, riutilizzando le Acque Reflue dopo averle realmente Depurate e non con finzione ( imponendo il controllo della finanza a tutto il ciclo dei prodotti con impatto ambientale ), utilizzando l'acqua piovana dei tetti per i water, unitamente alla ottimizzazione dell'utilizzo delle acque di scarico dei lavelli, lavatrice, lavastoviglie, sviluppando la ricerca delle energie alternative e non rendendosi schiavi dell'ormai Vecchio Nucleare di terza Generazione, eventualmente facendo ricerca sul Nucleare Pulito, utilizzando l'energia del Mare, 'energia potenziale dell'acqua piovana, delle acque di scarico, ottimizzando l'uso dei compressori dei frigoriferi, unici compresi congelatore e condizionatore con pompa di calore, sviluppando l'eolico di condominio dimezzando i costi in assenza di torri di palificazioni alte 25 m che comportano costi, compreso fondazioni, tripli rispetto al generatore, ecc. sviluppando metropolitane di superficie a costi pressochè nulli, se non con ritorni economici per l'incremento di traffico e riduzione di costo degli autoservizi sostitutivi su ruote, là dove ci sono ferrovie poco utilizzate (p.e. Taranto-Martina F.-Bari), riammodernando invece le ferrovie e la viabilità della dorsale Jonica e Tirrenica, svincolandole dalla morsa della mafia, invece che l'inutile Ponte sullo Stretto, utilizzando la Televisione Pubblica per la diffusione della Cultura, puntando sulla Alfabetizzazione degli anziani al Tele-PC come Manzi fece con "non è mai troppo tardi", e utilizzando il sistema per sondaggi opinionistici reali e dare basi a leggi, supportate dal consenso e volontà popolare, a carattere generale e non fasulli, alla pare di come fa la stampa online, con più garanzie di imparzialità.

Tutto ciò io lo voglio fare con il supporto di chi ha esperienza, non mandandoli in prepensionamento, ma utilizzandoli in modo adeguato.

Così come voglio che sia fatto per il mondo del lavoro, dove si espellono persone esperte al top, perdendo immense professionalità, queste devono invece essere trasferirle adeguatamente ai giovani.

Voglio che l'Informazione sia veramente libera, che qualsiasi giornalista sia obbligato a riportare fedelmente le dichiarazioni di qualsiasi persona intervistata o di cui riferisca, prima di esporre la propria opinione, pena la interdizione dalla Mansione di Giornalista.

In oltre 40 anni di vita lavorativa ho acquisito questa esperienza :

  • 32 anni di lavoro dipendente al top professionale nell'Ingegneria elettrica, ambientale, sicurezza, antincendio, trasformazione agro-alimentari..
  • 12 anni di libera professione di Perito Industriale, parzialmente sovrapposta a quella di dipendente
  • 10 anni da Imprenditore di una Società di Ingegneria che ha formato oltre 50 tecnici, con esperienza anche di Direzione Commerciale
  • 5 anni da delegato sindacale di fabbrica e di zona '73-78
  • 4 anni da membro del Direttivo del PSI '73-77
  • 10 anni di Organizzatore della Formazione per la mia Società di Ingegneria, e 2 per la Formazione Continua dei Periti Industriali di Taranto

Sono stato agnostico fino al '96 facendo la battaglia per l'Aborto, poi ho riscoperto la fede, e dal 2001 ho trascritto i "Quattro Vangeli" della Chiesa Cattolica in formato word per PC, ho quindi fatto le seguenti abbinate dei testi (uniche al mondo) Italiano-Latino, Italiano-Inglese, Italiano-Spagnolo, scaricabili gratuitamente dei miei siti internet dal 2001 http://www.cristo-re.eu http://www.cristo-re.it , ho registrato personalmente la lettura dei Vangeli, degli Atti e Lettere degli Apostoli, Apocalisse, Brani della Bibbia, tutti scaricabili gratuitamente dai suddetti siti.

Ogni giorno metto in rete la messa quotidiana registrata, scaricabile da chiunque la volesse ascoltare, perché si arrivi a diffondere online la S. Messa piuttosto che l'oroscopo di maghi e fattucchiere.

Da oltre 8 anni faccio una rassegna Stampa confrontando gli articoli del Corriere della Sera, Repubblica, l'Unità, il Sole 24 Ore.

Quanto sopra esposto è sinteticamente la linea politica di quanto voglio attuare da Segretario, con l'aiuto ed il suggerimento del popolo, realizzare quanto praticamente vado elaborando e descrivendo da anni sui miei siti internet, per cominciare a Parlare al Paese concretamente delle cose da fare nell'immediato come suggeritore della Politica ed Economia del Paese, preparandole, studiandole, per applicarle da subito nella lotta politica, e attuarle nella prossima legislatura con una politica concreta del fare e non disfare.

Per questo lancio questo messaggio a tutta la Stampa Libera ed al WEB, perché gli iscritti al PD che si sentono coinvolti da queste mie scelte, e sperano ancora in un Partito di Centro-Sinistra, mi appoggino inviando una e-mail congiunta indirizzata alla Commissione Nazionale tramite il membro di diritto della Commissione di Garanzia del Partito giampietrosestini@yahoo.it (non essendoci altro riferimento in rete sul sito del PD ) ed in copia al mio indirizzo e-mail studiotecnicodalessandro@virgilio.it , o dei giornali che volessero ospitare la mia richiesta, dichiarando di appoggiare la mia Candidatura a Segretario del Partito Democratico. E' chiaro comunque che la candidatura dovrà poi essere validata dalle discussioni congressuali che si svolgeranno nel Partito.

Nel Pieno rispetto della Democrazia del Partito e per il rilancio di una politica per i suoi elettori e per l'Italia.

Ringrazio tutti per l'ospitalità riservatami.

Inviata Martina F. 17/07/2009

Revisionata Martina F. 18/07/2009

Per. Ind. Giacomo Dalessandro

studiotecnicodalessandro@virgilio.it

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23 luglio 2009

Perchè mi candido

Il Partito Democratico è il partito del nuovo secolo, la più grande intuizione degli ultimi venti anni. Eppure ciò che abbiamo fatto nei nostri primi venti mesi di vita non è stato all’altezza del progetto. Per riprendere il cammino occorre innanzitutto riconoscere senza esitazioni che ci sono cose da correggere.

Per questo abbiamo bisogno di un confronto aperto e positivo tra di noi; dobbiamo sottrarci ai personalismi e alle semplificazioni che sembrano ormai una cosa sola con i meccanismi di comunicazione e che spesso ci prendono la mano. Rimuovere i problemi non si può, se davvero crediamo nel nostro progetto; nemmeno possiamo ripiegarci su di noi e avvitarci in discussioni retrospettive. Dobbiamo parlare dell’Italia, di noi e dell’Italia; delle idee che abbiamo per il nostro Paese e di come farle vivere in un rapporto reale con i territori e con i cittadini.

Non ci sono scorciatoie né colpi di comunicazione risolutivi. C’è un duro lavoro da fare per costruire un radicamento popolare del nostro partito e rispondere così a una destra che quando vince, vince nel popolo. C’è un lavoro da fare per collegarci alle forze produttive del Paese, lavoratori e imprenditori, nel pieno di una crisi che ridefinirà anche il loro rapporto con la politica. C’è un lavoro da fare per convincere l’Italia a guardarsi con gli occhi delle nuove generazioni e costruire così nel senso comune una idea di futuro.

Di tutto questo dobbiamo discutere, e in nome di questo, dobbiamo discutere anche di noi, cioè della nostra effettiva capacità di essere utili a un’Italia migliore. Per essere utili, dobbiamo costruire la nostra identità e renderla percepibile. Per essere utili non possiamo essere soli, ma dobbiamo impegnarci a costruire un campo di forze capace di indicare una nuova prospettiva politica.

Per essere utili dobbiamo avere un partito che funzioni, che operi attraverso una partecipazione vera e produca il rinnovamento traendolo dalla realtà del territorio.

Per questo ho deciso di contribuire ad una vera discussione politica impegnandomi anche con una mia candidatura; una candidatura che non si rivolge contro nessuno e che vivrà in piena solidarietà con tutti gli amici e tutti i compagni del Pd, comunque la pensino; ma che non rinuncerà alla chiarezza delle posizioni politiche.

 

 

 

Idee per il PD e per l'Italia

immagine

Questo testo costituisce una traccia di discussione da sviluppare nel Congresso; essa sarà accompagnata da documenti di approfondimento sui problemi qui esposti allo scopo di sollecitare osservazioni e proposte. Da questi

arricchimenti verranno contributi utili per il programma che il candidato segretario proporrà alla Convenzione secondo quanto previsto dallo statuto.

Scarica il testo della mozione in PDF

Il Partito Democratico è la più grande intuizione degli ultimi venti anni. Noi crediamo nel progetto cresciuto sulle radici dell'Ulivo. Desideriamo alimentarlo con le passioni e le intelligenze di donne e uomini pronti a rinnovare la politica italiana.

Ciò che abbiamo realizzato nei primi venti mesi è al di sotto del progetto che intendevamo perseguire.

Ciò che il Pd aveva di meglio da dire agli italiani non lo ha ancora detto.

Il non ancora del Pd indica ciò che possiamo diventare: il grande partito riformista che milioni di italiani non hanno avuto, la forza capace di unire Sud e Nord e di portare l’Italia nel XXI secolo, l'energia civile per arricchire la nostra democrazia, il fermento di una nuova cittadinanza italiana ed europea. Davanti a noi sono anche stringenti compiti politici: il Pd è nato per rendere possibile il cambiamento nell’Italia di oggi, per rendere convincente la proposta di governo.

Vogliamo rivolgerci ai nostri aderenti e agli elettori, a coloro che abbiamo smarrito per strada e a coloro che sono impegnati ad attuare il progetto. Vogliamo che il PD sappia convincere e vincere.

Tutto ciò è nelle nostre possibilità, è a carico della nostra responsabilità ed è l’obiettivo di questa mozione.

Come realizzarlo è sintetizzato nelle seguenti proposte politiche, culturali e organizzative che chiediamo a tutti gli iscritti di sostenere e di proporre agli elettori.

Siamo tutti fondatori. Nessuno può dire io sono il Pd e gli altri non ne sono parte. Ecco l'essenza del Pd: amalgamare e unire persone diverse, incrociare percorsi che vengono da lontano con la freschezza di chi si è appena messo in cammino, intendersi parlando anche lingue differenti.

E per prima cosa dobbiamo porci una domanda: perché il Pd ha deluso le aspettative che aveva suscitato, perdendo voti, invece di allargare i consensi in tutte le direzioni?

E’ successo perché la vocazione maggioritaria si è ridotta alla scorciatoia del nuovismo politico, mentre avrebbe richiesto un paziente lavoro di radicamento rivolgendosi con concretezza ai ceti popolari, alle categorie produttive e ai veri innovatori.

E’ successo perché invece di fondare un partito mai visto nella storia italiana, si è preferita spesso la suggestione mediatica alla definizione di una riconoscibile identità politica.

E’ successo soprattutto perché, dopo aver invocato la partecipazione popolare alle Primarie ed aver ottenuto la risposta formidabile di quasi quattro milioni di cittadini, non si è riusciti a costruire una organizzazione plurale e aperta in grado di coinvolgerli .

Non si dica che i nostri problemi sono venuti dal presunto tradimento di un’ispirazione originaria. Sono venuti dal non aver collocato il progetto su basi solide. Questo è il nodo che il Congresso deve sciogliere. Un Congresso, quindi, fondativo del nostro partito.

 

IL NUOVO MONDO

Si chiude un ciclo della storia mondiale. Le ideologie, le relazioni internazionali, i poteri reali e gli stili di vita che hanno dominato l’ultimo trentennio sono in affanno. Il vecchio mondo non c’è più e il nuovo non ha ancora un volto.

Chi avrebbe mai potuto immaginare soltanto qualche anno fa che un presidente degli Stati Uniti di origini africane avrebbe richiamato i doveri dell’Occidente e delle responsabilità dell’Africa proprio nel luogo da cui partivano le navi cariche di schiavi?

Nessuno ragionevolmente pensa più che si possa dislocare un esercito in ogni parte del mondo, che la grande finanza possa decidere la ricchezza delle nazioni, che la Terra possa sopportare un modello di sviluppo fondato sulla distruzione delle risorse. Il senso del limite sta diventando senso comune. Un atteggiamento più riflessivo verso i grandi squilibri del mondo va diffondendosi in aree culturali diverse, in soggetti politici e nelle chiese, come dimostra anche l’ultima enciclica papale. E' il momento di rimettere mano ad accordi globali sulla regolazione della finanza chiamando al tavolo i paesi emergenti, di porre sotto controllo la speculazione sulle materie prime, in particolare quelle alimentari, di tendere una mano alle nazioni più povere.

Quanta diseguaglianza può reggere la società? Fino a quando le oligarchie economiche potranno tenere in scacco le istituzioni della democrazia? Come si può dare vita ad un modello di sviluppo che rispetti l’ambiente e non distrugga il pianeta? Sono interrogativi che chiamano in campo la grande politica: la politica che sa indicare un orizzonte, che riorganizza le forze, che muove interessi e gruppi sociali, che induce un nuovo modo di pensare. Solo su questo si può fondare un nuovo partito, sulla ricerca di una base comune per condividere i pensieri e le azioni con i quali vivere il mondo nuovo, altrimenti si scivola nelle dispute della gestione dell'esistente.

 

Democratici del XXI secolo

L’impeto della trasformazione ha sopravanzato il potere di regolazione e di controllo; la crisi tuttavia dimostra che senza regole né controlli non esiste vero sviluppo. Si è dimostrata impraticabile la via di una crescita economica che non tenga conto dei limiti dell'ecosistema, costringendoci ora ad una impegnativa corsa alla riduzione delle emissioni per affrontare la crisi climatica.

La causa fondamentale della crisi viene da lontano: da oltre un quarto di secolo, infatti, i redditi da lavoro perdono potere d’acquisto ed esplodono le disuguaglianze. Col prevalere di una finanza sempre più spregiudicata, la ricerca del profitto si è separata dalla creazione di valore economico e sociale. La speculazione ha vinto sulla produzione e l’appropriazione sregolata in economia è divenuta oligarchia in politica, spesso in versione tecnocratica. Si è incrinato il grande patto nazionale tra capitalismo e democrazia che aveva segnato il Novecento e si è imposto quel "pensiero unico" neoliberista che ha influenzato anche tanti riformisti.

La globalizzazione ha inciso sulla vita di ciascuno di noi, offrendo straordinarie opportunità e aprendo nuovi orizzonti alla conoscenza. Il ruolo della donna nella società misura ormai il livello della democrazia in tante parti del mondo, come si è visto anche nella recente rivolta democratica in Iran. Ma la globalizzazione ci ha portato anche le paure sotto casa e ci ha spinto ad una competizione senza limiti e a volte senza diritti. In ogni campo, ci mette di fronte a nuove impegnative questioni che impongono un ritorno alle radici dell'umanesimo.

Perché dunque abbiamo chiamato "democratico" il nostro partito? Solo per evitare di pronunciare parole più impegnative o per segnare il campo post-ideologico? No, il partito si chiama "democratico" perché si misura con i problemi fondamentali della democrazia del nostro tempo.

 

L'Europa e i riformisti

La crisi restituisce attualità alle idee di fondo del riformismo: non c’è crescita senza qualità sociale e giusta redistribuzione delle risorse; ci vuole cura dei beni collettivi e dell’ambiente; le politiche pubbliche devono regolare lo sviluppo e assicurarne la sostenibilità; la cooperazione internazionale è la via maestra per promuovere la pace. Nessun cittadino, nessun ceto sociale, nessun Paese può progredire davvero bene se anche gli altri non trovano la strada per stare un po’ meglio. Tutto ciò fa appello ai riformisti, ma, al contempo, rivela l’esaurimento delle risposte che essi hanno dato nel corso del Novecento. Ritrovare l’orgoglio della tradizione e affrontare con coraggio la strada dell’innovazione è il doppio imperativo che ci sta di fronte. Non aver perseguito né l’uno né l’altro ha lasciato campo libero alle destre in Europa.

Gli Stati Uniti hanno saputo reagire al pericolo di una crisi di egemonia dando vita ad una leadership democratica capace di imprimere un nuovo senso alle relazioni internazionali. Lo stesso avviene in tanti altri paesi, dal Brasile all’India. Perché l’Europa va in senso contrario? C'è una causa materiale, perché il grande compromesso sociale realizzato dal riformismo europeo è stato scosso dalla competizione globale che ha aggredito i diritti del lavoro. Ma c'è anche una responsabilità delle forze progressiste che hanno governato quasi tutti i paesi europei negli anni Novanta. Anziché procedere con un balzo in avanti dalla moneta unica all’unità politica dell’Europa, quasi tutte le sinistre, anche le più coraggiose nella revisione ideologica, sono rimaste prigioniere del limite più grave dell’esperienza socialdemocratica: la dimensione nazionale. Le forze progressiste del continente devono compiere oggi il passo che mancò allora: iscrivere all’ordine del giorno il rilancio dell’unità politica europea e il rafforzamento della sua legittimità democratica e istituzionale

L’Alleanza dei democratici e dei socialisti nel Parlamento europeo non è solo un felice approdo, ma un punto di partenza e un orizzonte per una ricerca comune, oltre i confini delle culture politiche del Novecento. I progressisti in Europa hanno bisogno di innovazione. Noi, il Pd, siamo nati da una grande innovazione politica e possiamo quindi dare un contributo originale. Qui abbiamo un merito e una responsabilità.

 

In Europa per l’Italia

L’orizzonte europeo è la certezza dei riformisti italiani. Il nostro europeismo nasce dalla necessità di contribuire al governo democratico mondiale e, insieme, di promuovere la modernizzazione dell’Italia.

Non aver dato attuazione al piano Delors e al trattato di Lisbona rischia di causare una disaffezione e un ripiegamento del progetto europeo, che mantiene invece intatte le sue potenzialità.

L’Unione Europea è la forma più avanzata di governo multilaterale e democratico della globalizzazione; il suo modello sociale è visto in tante parti del mondo come la migliore risposta alla crisi. Per non smarrire le opportunità serve una ripresa coraggiosa della politica comune: una cooperazione per il governo dei flussi immigratori, specie nel Mediterraneo; un'azione diplomatica congiunta, innanzitutto per la soluzione dei conflitti mediorientali; una rigorosa applicazione degli obiettivi di riduzione dell'inquinamento; il finanziamento di progetti europei per la ricerca e le tecnologie.

Ma la vera novità deve essere un Piano Europeo per il lavoro, per rilanciare la crescita economica e lo sviluppo sostenibile, cioè un patto politico tra governi, forze sindacali e produttive per finanziare ristrutturazioni nel settore bancario e manifatturiero; promuovere una politica industriale condivisa; realizzare infrastrutture europee; sostenere la nuova occupazione e le piccole e medie imprese; attuare un programma di sostegno al reddito e di formazione per i lavoratori coinvolti nei processi di ristrutturazione industriale.

L’Italia a sua volta ha bisogno dell’Europa, perché in questa dimensione le sue virtù vengono esaltate e i difetti avviati a soluzione. Non a caso l’adesione all'Euro, voluta da Prodi e Ciampi, è stata la più grande riforma italiana dell’ultimo quindicennio. L’Europa può oggi aiutarci a valorizzare merito e responsabilità, accelerare il ricambio generazionale, modernizzare le reti tecnologiche, promuovere la parità fra i sessi, migliorare le politiche ambientali e ampliare la sfera dei diritti.

 

UN PAESE CHE MERITA DI PIU'

I tessuti connettivi del Paese sono sempre stati deboli. In assenza di profonde riforme rischiano ora di sfilacciarsi sotto la pressione della globalizzazione. E' a rischio la coesione del Paese, non solo nell'antico squilibrio tra Sud e Nord, ma nell’intera organizzazione sociale: tra un’aristocrazia economica da una parte e classi medie impaurite dall'altra, tra chi si arricchisce con le rendite e chi si impoverisce lavorando, tra chi sa e chi non saprà mai, tra chi scommette sul futuro e chi recinta l’esistente.

 

Lavoro e cittadinanza

La prima, fondamentale frattura nasce dall'indebolimento del lavoro, in netto contrasto con la sua rilevanza nell'economia della conoscenza. Le conseguenze si sono sentite sui redditi dei lavoratori dipendenti, rimasti bloccati in termini reali, sulle donne trattate spesso come anello debole, e sui giovani che hanno subito una precarizzazione senza diritti. Troppe volte, in primis con le inaccettabili morti bianche, è venuta meno quella dignità del lavoro che la Costituzione pone a fondamento della cittadinanza. Se il lavoro perde dignità, anche la democrazia si indebolisce. E per dare forza al lavoro è decisivo il rinnovamento delle forze sindacali, insostituibili fattori di arricchimento della democrazia.

Nella cittadinanza il lavoro si esprime come attività umana che contribuisce a regolare le relazioni sociali, oltre la contrapposizione tra lavoratore e impresa.

Noi italiani conosciamo meglio di altri il nesso profondo fra lavoro e cittadinanza, perché è alla base di quelle strutture economiche che il mondo ci invidia, i distretti e le filiere produttive dove la cultura del lavoro è radicata nelle reti sociali, nei rapporti tra imprenditori e dipendenti, nelle identità del territorio e nella cooperazione dei saperi.

 

Ci sono natura, storia e conoscenza nella crescita italiana.

Curare l'ambiente in cui viviamo richiede un cambiamento di comportamenti, di priorità e di convenienze. Tutto ciò è anche occasione per nuovi investimenti e crescita economica. Una vera green economy è anche una green society, cioè in definitiva società della conoscenza: nuove produzioni e nuovi consumi, saperi e diffusione di tecnologie, formazione e buone pratiche. Per questo bisogna curare i preziosi giacimenti di ricerca scientifica e di produzioni culturali che contengono la principale ricchezza del Paese. E’ una sfida impegnativa, resa ancora più urgente dalla crisi climatica e che vede in prima fila nel mondo le forze democratiche.

Non partiamo da zero. Grazie ai governi di centrosinistra milioni di italiani hanno scoperto i vantaggi dei pannelli solari, del recupero edilizio e del risparmio energetico, mentre migliaia di piccole imprese si sono giovate con il programma Industria 2015 di filiere produttive per le energie rinnovabili, per la mobilità sostenibile, per i beni culturali e il "Made in Italy". Ora è maturo un salto di qualità: l'Italia può diventare un Paese all'avanguardia nell'utilizzo delle fonti rinnovabili e per il risparmio energetico e su queste basi si può assegnare al Mezzogiorno una missione di crescita tecnologica e di sviluppo economico. Tutto ciò implica il ritorno di efficienti politiche pubbliche per l'innovazione e lo sviluppo sostenibile. Sono indispensabili per sostenere la domanda interna di consumi collettivi e beni comuni, aumentare la richiesta di nuove tecnologie che non viene sufficientemente dal tessuto produttivo, migliorare la qualità dell'organizzazione sociale, ridurre la dipendenza energetica e in alcuni casi anche per riqualificare la spesa pubblica.

Campo di applicazione ideale di tali politiche sono le città, i borghi e i territori italiani. La bellezza italiana si sposa con le produzioni immateriali dell’economia della conoscenza. E’ indispensabile una politica nazionale del territorio in grado di cogliere l'occasione: la cura del ferro nelle città, l’innovazione dell’industria edilizia verso bassi consumi, l'abbattimento delle emissioni di carbonio, politiche per la casa in affitto, le reti per le città digitali, la prevenzione dei rischi nell’assetto idrogeologico, politiche per l'agricoltura di qualità e la sicurezza degli alimenti, promozione del consumo responsabile. Sapendo che ci sono natura, storia e conoscenza nella crescita civile ed economica dell' Italia.

 

Fare le riforme

Una parte significativa del Paese prova a reagire alla crisi con i propri mezzi. Non è aiutata dalle riforme, e anzi ha perso la speranza che si possano attuare davvero. Su questa delusione profonda prospera la destra, proteggendo le rendite, perpetuando l’assistenzialismo, facendo finta di riformare e offrendo solo scorciatoie di breve respiro alle legittime istanze dei settori produttivi

Su questa contraddizione il Pd e tutto il centrosinistra devono lavorare con serietà e impegno, consapevoli che tanti elettori votano a destra perché ancora non percepiscono un'alternativa. Sono lavoratori e professionisti, giovani e donne, innovatori e produttori che al Pd non chiedono urla e proteste, ma una proposta praticabile per il governo del Paese. Sono imprese che hanno bisogno di essere aiutate a superare la crisi e possono diventare protagoniste del nostro progetto. Sono ceti popolari che soffrono a causa di bisogni primari insoddisfatti e classi medie che avvertono il rischio di impoverimento. Bisogna affiancare coloro che fanno i conti con la crisi. Bisogna esserci. Per suscitare un progetto, un orizzonte di cambiamento. Come hanno saputo fare i democratici americani.

 

Abbiamo fiducia nel nostro Paese

Il nostro è un Paese che fa fatica a cambiare. Noi ne siamo parte, sia nei pregi sia nei difetti, e abbiamo la responsabilità di aiutarlo a migliorare. Per questo abbiamo fiducia nell'Italia. Solo chi stima un Paese è davvero in grado di riformarlo, perché conosce i punti di forza su cui agire. Le virtù dell'Italia sono tante, il difetto uno solo, da tanto tempo: non vince ancora la voglia di futuro.

Girare il Paese verso il futuro vuol dire puntare sulla nuova generazione che è in movimento ma non trova ancora rappresentanza: si fa avanti nel lavoro, nell’impresa e nelle professioni, nella cultura e nell’innovazione, nell’impegno sociale politico, fra le donne e fra gli uomini. E oggi chiede di voltare pagina: chiede un’Italia più giusta, più efficiente, più moderna, più libera. È al servizio della nuova generazione che è nato il Pd. Ai giovani è chiesto di raccogliere il testimone delle radici del movimento democratico: prendere le parti ed il punto di vista di chi lavora e produce, di chi è più debole e subordinato per costruire una società migliore per tutti.

 

DA DOVE RIPARTIRE

In passato sono mancati i punti riconoscibili della nostra proposta al Paese, ora dobbiamo concentrarci sulle questioni più gravi: la cattiva distribuzione della ricchezza e il blocco della mobilità sociale.

Per diventare un Paese meno diseguale l'Italia deve dotarsi di una moderna rete di sicurezza sociale: riqualificare l’intervento pubblico e promuovere una nuova alleanza tra Stato, terzo settore e privati ispirata al principio di sussidiarietà, nella chiarezza delle responsabilità. Riformare il welfare vuol dire superare il dualismo del mercato del lavoro, che colpisce soprattutto i giovani, aprendo dei processi univoci di inserimento e di stabilità del lavoro; sostenere le famiglie e i loro redditi; introdurre un reddito minimo di inserimento; estendere la qualità del sistema sanitario e renderlo sostenibile; aiutare i non autosufficienti. Ma l'obiettivo principale della riforma del welfare consiste nell'innalzare la qualità dei servizi in modo da offrire alle donne una base sicura per affrontare i diversi momenti della vita, dal lavoro, alla maternità, all'istruzione alla cura delle relazioni. Da questa base è possibile promuovere la piena e buona occupazione femminile, superando il pesante divario dell’Italia rispetto agli altri paesi europei e realizzando, così, una condizione essenziale per la crescita e la competitività.

Chi non trova lavoro o ha perso il lavoro, dipendente o autonomo, deve poter contare su un sostegno universale al reddito e su efficaci servizi pubblici di formazione e reinserimento. Bisogna occuparsi di salario minimo, anche per vie contrattuali, sollecitare una contrattazione che assicuri il potere d’acquisto e distribuisca meglio i guadagni di produttività. Va garantita nei fatti, e non a parole, la sicurezza nei luoghi di lavoro.

L’innalzamento flessibile e volontario dell’età pensionistica va favorito, ma al contempo è necessario estendere la contribuzione figurativa per i periodi di disoccupazione, di formazione o di esercizio di responsabilità famigliari per innalzare gli importi delle future pensioni.

Queste politiche sono sostenibili con un nuovo patto di fedeltà fiscale, anche per eliminare distorsioni della concorrenza, basato su una più equa distribuzione del carico tra i contribuenti e su meccanismi che inducano l'emersione, la trasparenza, la tracciabilità nella formazione dei redditi e delle basi imponibili.

Per affermare una reale eguaglianza delle opportunità occorre una rivoluzione copernicana che ponga al centro il merito e la responsabilità. L'Italia ha bisogno di una nuova stagione di liberalizzazioni: meno barriere di accesso alle professioni, più concorrenza nei servizi, imprese maggiormente contendibili, autorità realmente indipendenti, class-action a difesa dei consumatori. Agli imprenditori che scommettono sull'Italia il Pd deve proporre le riforme necessarie per competere: incentivi per la capitalizzazione, gli investimenti produttivi e la ricerca e sviluppo; un rapporto proficuo con le banche e con la pubblica amministrazione, meno tasse e meno burocrazia; infrastrutture materiali e immateriali degne di un Paese europeo.

Il Paese chiede molto alla scuola italiana. È chiamata ad aiutare la mobilità sociale, a mantenere unito il Sud e il Nord, a coltivare e praticare l’accoglienza degli immigrati, a rilanciare l’educazione permanente, a ripensare l’insegnamento tecnico per adeguarlo ai modi di produzione contemporanei. Per questo bisogna anche aiutare la scuola a cambiare: lontana dalle burocrazie ministeriali e ricca di autonomie, pronta a riconoscere i meriti, capace di valutare i progressi raggiunti rispetto ai livelli di partenza, generosa nel restituire motivazione civile e professionale ai docenti. Scuola, università e ricerca sono la prima fonte di energia per il Paese. Le università e gli enti di ricerca devono diventare le migliori istituzioni italiane. Ci vorrà molto impegno. Si può cominciare con nuove regole di finanziamento per aumentare i fondi a enti e atenei che raggiungono i migliori risultati scientifici, che sono inseriti nelle reti internazionali e che riconoscono i talenti dei giovani. Anche così si riporta il merito dal cielo alla terra.

Riformare lo Stato per mantenere unita l'Italia

Il principale problema italiano è se in futuro si potrà ancora parlare di Repubblica una e indivisibile. Molti, dapprima soltanto al Nord e ora anche al Sud, dichiarano apertamente che è meglio fare da soli. Questo spirito di separazione non riguarda soltanto lo squilibrio territoriale, ma pervade il corpo sociale e lo spirito pubblico. Rinnovare il patto di unità nazionale è il compito storico-politico del Partito democratico, è l’anima del nostro progetto.

La modernizzazione del Paese è il linguaggio comune di una nuova reciprocità tra Nord e Sud: le riforme che si muovono in questa direzione rispondono alle domande del Nord ma, al contempo, mettono anche in movimento il Sud. Al Sud, la nostra ambizione è quella di pronunciare la parola "Mezzogiorno" in una prospettiva rinnovata. Gli investimenti devono essere garantiti, non rubati, né rapinati né dispersi. Sono necessari meccanismi automatici, non intermediati, per sostenere gli investimenti di impresa e premiare chi raggiunge determinati standard di servizi. C'è bisogno di perequazione delle infrastrutture e dei beni collettivi. Il Sud potrà svilupparsi davvero soltanto se messo in condizione di farlo con le proprie forze.

La divisione nasce dalla crisi dello Stato, ormai causa del rancore del Nord e strumento di dipendenza al Sud. Riformare lo Stato quindi, è l'unica via per mantenere unita l'Italia. Il federalismo responsabile e solidale è la rotta da seguire per avvicinare le istituzioni ai cittadini. Esso affonda le radici nel patrimonio delle culture autonomistiche e popolari di cui siamo eredi. Le sfide per l'immediato futuro si chiamano attuazione del federalismo fiscale, razionalizzazione e riforma delle autonomie locali, trasformazione del Senato in Camera delle Regioni e delle Autonomie. Ma lo Stato va anche riorganizzato secondo il principio della sussidiarietà orizzontale, valorizzando le energie di civismo democratico, del terzo settore e del volontariato.

Un’Italia unita da Nord a Sud fa bene prima di tutto agli italiani: accresce la nostra ricchezza e la nostra creatività, ci rafforza a livello internazionale.

 

Legalità è democrazia

C’è in Italia una crisi di legalità che erode le basi dell’organizzazione civile. Parte del territorio è presidiato dalle mafie, settori dell’economia sono intrecciati con la criminalità; l’abusivismo continua a sfigurare il Bel Paese, i diritti spesso diventano favori; continua l’odiosa violenza contro le donne, il lavoro nero cancella l’uguaglianza e, troppe volte, la vita; imprese e cittadini spesso non possono contare in tribunale sul giusto risarcimento di un danno subito.

Se a tutto ciò aggiungiamo le attività criminali legate all’immigrazione irregolare, è facile comprendere perché esploda l’insicurezza dei cittadini, e soprattutto dei ceti più disagiati, costretti a pagare il prezzo dei nuovi venuti, oltre a quello più pesante della crisi, senza vederne alcun vantaggio. La legalità deve garantire la sicurezza, la prevenzione e il contrasto di fenomeni criminali che ostacolano la convivenza civile e alimentano le paure.

Su questi temi possiamo passare all’attacco. Il centrodestra, infatti, agita il problema della sicurezza, ma aggrava ogni giorno la crisi di legalità con i condoni. Per proteggere il suo leader non esita a indebolire gli strumenti di controllo dei corpi dello Stato. La legalità non ha a che fare con il colore della pelle, e neppure con il taglio dell’abito. O è per tutti, oppure non è legalità. Noi crediamo che la legge debba essere uguale per tutti: per i ricchi e per i poveri, per gli italiani e per gli stranieri, per i giudici e per i politici, per chi è famoso e per chi non lo è. La domanda di sicurezza va presa sul serio, con una strategia coerente attenta a favorire la libertà invece di soffocarla, a creare un sistema moderno di certezze e di garanzie giuridiche, ad accrescere la convivenza civile. Vogliamo progettare la sicurezza mettendo a fattor comune le diverse risorse istituzionali e sociali, forze di polizia, magistratura, enti territoriali, polizie locali, associazionismo civile e servizi alla persona, assicurando la qualità del lavoro svolto dagli operatori pubblici che hanno il dovere di tutelare la comunità.

Per realizzare le riforme abbiamo bisogno non soltanto dell’efficienza, ma anche del buon nome della pubblica amministrazione. Che si ottiene, come per le politiche industriali, attraverso meccanismi permanenti di riforma nelle molte e diverse strutture pubbliche, con strumenti efficaci di valutazione dei risultati e coraggiosi ripensamenti dell'organizzazione del lavoro, anche utilizzando l'occasione delle nuove tecnologie.

La destra preferisce insultare la pubblica amministrazione, senza riformarla. E quale credibilità può avere il governo delle leggi ad personam per chiedere ai dipendenti pubblici di essere irreprensibili? Una riforma sana e virtuosa dell’amministrazione comincia dall’alto, con il buon esempio della politica. È una sfida anche per noi. A cominciare dai costi della politica che devono essere equiparati ai costi medi nei principali Paesi europei. Il Pd ha il compito di dare al Paese una classe politica di alto profilo morale, sobria nei comportamenti, animata dallo spirito di servizio e di rispetto per le istituzioni e la comunità. Ci sono nel territorio molti nostri giovani amministratori, cresciuti con questo impegno, da promuovere e da valorizzare.

 

Laicità e valori condivisi per un’Italia più civile

Molti si sono chiesti se l’Italia stia perdendo le antiche virtù democratiche. Non è così. Di certo, però, è mancato un contrappeso culturale ai rischi di regressione civile. È venuta l’ora di richiamare ad alta voce altri valori e altri principi: che il momento più alto di una democrazia si rivela quando il potente china il capo di fronte alla legge; che il mio benessere aumenta se anche l’altro migliora le sue condizioni; che le classi dirigenti devono educare i giovani con il buon esempio nello studio e nel lavoro.

Bisogna puntare sulle energie civili del Paese che si esprimono ogni giorno nell'impegno sociale, nella partecipazione politica, nel volontariato, nei piccoli gesti di amicizia della vita quotidiana ed emergono con forza nei grandi momenti della vita nazionale, da ultimo nella solidarietà con il popolo abruzzese colpito dal terremoto.

Negli ultimi decenni il rapido sviluppo delle scienze, il movimento e l'incontro di persone, culture e stili di vita su scala planetaria, hanno investito l’umanità con nuovi interrogativi etici. Dove la crescita dell'informazione, della cultura e della responsabilità personale e istituzionale non sono altrettanto veloci, queste straordinarie opportunità di progresso suscitano rapidamente un regresso civile e morale: demonizzazione dello straniero e del diverso, nuove forme di sfruttamento, oscurantismo, umiliazioni della dignità della donna, paura del progresso, nuovi fondamentalismi, chiusure identitarie. Questi rischi sono ben presenti nel nostro Paese. Su questo terreno culturale e morale il Partito Democratico intende impegnarsi, contribuendo giorno per giorno, casa per casa, alla crescita e al rilancio di un maturo spirito pubblico italiano ed europeo.

Il principio di laicità è la nostra bussola, la via maestra di una convivenza plurale. La laicità si nutre di rispetto reciproco e di neutralità – che non significa indifferenza - della Repubblica di fronte alle diverse culture, convinzioni ideali, filosofiche, morali e religiose. È anche impegno per la loro salvaguardia, promozione del dialogo interculturale e interreligioso, mutuo apprendimento: purché, naturalmente, tutti accettino un comune spazio pubblico di confronto e incontro nel quale gli unici principi non negoziabili siano quelli della Costituzione italiana e della Carta dei diritti dell'Uomo.

In questo spirito i democratici hanno formulato proposte di legge largamente condivise sulle convivenze civili, sul testamento biologico e sulla libertà religiosa, che vanno rilanciate senza tentennamenti in Parlamento e nel Paese.

Dialogo e accoglienza sono anche i principi che si devono seguire per l’integrazione degli immigrati. E’ una buona legge sull’immigrazione quella che produce più legalità e più inclusione, non quella che preclude agli stranieri i percorsi regolari o li lascia ai margini della società.

La stragrande maggioranza degli stranieri è in regola, vive in Italia da anni, spesso svolge un lavoro che noi non vogliamo più fare. A queste persone vanno riconosciuti i diritti civili e politici. Abbiamo bisogno degli stranieri quanto loro hanno bisogno di noi; senza dimenticare che, fino a qualche decennio fa, eravamo noi italiani ad emigrare, a milioni.

Sull’immigrazione, abbiamo bisogno di regole chiare che dicano come si fa ad entrare in Italia e a stare in regola, come si incontrano domanda e offerta di lavoro, come si può avere in tempi certi il permesso di soggiorno. I flussi di ingresso devono corrispondere al fabbisogno occupazionale e rendere sostenibile l’inclusione dei nuovi cittadini.

 

Da soli si può fare poco

Il progetto che ci ispira non è compiuto: non è esaurita la questione dell’incontro tra culture ed esperienze politiche progressiste ancora oggi divise. Vogliamo essere chiari su questo punto: non c’è un Pd in cui confluire. C’è invece un vasto campo di forze di sinistra, riformiste, laiche e ambientaliste che ha cominciato ad unificarsi e alle quali è giusto guardare con attenzione, così come a tutte quelle forze di opposizione che incarnano valori importanti. Per loro, per noi, il Pd è la casa comune dei riformisti da costruire insieme.

La vocazione maggioritaria non significa rifiutare le alleanze, ma, al contrario, renderle possibili, perché costruite nella chiarezza, sulla base di vincoli programmatici. Non consiste nell’autosufficienza, ma nella capacità di ritrovare una funzione di rappresentanza popolare, e nell’impegno ad elaborare un progetto di governo che convinca il Paese. Non possiamo più confondere il bipolarismo, che è una conquista della nostra democrazia, con il bipartitismo, che non ha fondamento nella realtà storica, sociale e politica del Paese.

Il primo banco di prova verrà dalle elezioni regionali del 2010. Sarà necessario sperimentare su basi programmatiche larghi schieramenti di centrosinistra, alleanze democratiche di progresso alternative alla destra. Il nostro impegno comincia ora. I tanti italiani delusi da Berlusconi devono trovarci pronti, quando si volteranno dalla nostra parte.

Sul piano istituzionale noi scegliamo un modello parlamentare rafforzato in alternativa a formule più o meno mascherate di presidenzialismo, una legge elettorale chiara e non stravolgente l’architrave costituzionale, da elaborare in collaborazione con chi crede ad un bipolarismo maturo che renda l’elettore determinante nella scelta degli eletti e del governo. Poiché noi crediamo nella struttura portante della nostra Costituzione intendiamo limitare le modifiche agli interventi essenziali per realizzare gli obiettivi indicati. E intendiamo anche risolvere il problema del conflitto di interessi che in tutti questi anni è andato aggravandosi, mettendo in pericolo la libertà di informazione, il rango civile del Paese e perfino l’immagine internazionale.

 

NOI, I DEMOCRATICI

L'identità plurale dei democratici nasce dalla sintesi delle culture fondative dell'Ulivo. Nell'avvio del Pd si è pensato che l'eclettismo potesse allargare gli orizzonti e accrescere i consensi. Non è stato così. In futuro, a partire dall'azione politica concreta, dovremo porre molta cura nella ricerca e nell'elaborazione della nostra identità culturale di fronte ai grandi temi del mondo contemporaneo.

Noi siamo un partito popolare perché ci rivolgiamo ad un vasto arco sociale, dai ceti meno abbienti, ai ceti produttivi, alle nuove generazioni, e perché decidiamo di essere presenti in ogni luogo con esperienze e linguaggi legati alla vita reale delle persone. Non siamo classisti, non siamo elitari, non siamo populisti perché pensiamo che tutti possano, anzi, debbano ragionare con la propria testa.

Noi siamo un partito riformista perché crediamo che l’uomo possa cambiare le cose e che le cose possano essere migliorate. Per questo abitiamo dove abitano le forze progressiste ovunque nel mondo e per questo partecipiamo da protagonisti all’Alleanza fra socialisti e democratici nel Parlamento europeo.

Noi siamo un partito dell’uguaglianza secondo l’ispirazione del cattolicesimo democratico e della sinistra democratica e liberale perché crediamo in un mercato aperto e regolato, ma non intendiamo affidare al mercato il controllo di beni essenziali come la salute, l’istruzione e la sicurezza.

Noi siamo il partito delle donne e degli uomini perché crediamo che la differenza di genere sia una risorsa per la democrazia e per promuovere lo sviluppo umano. Nel secolo passato è stata una grande forza del cambiamento della società, dal suffragio universale, alle lotte di emancipazione, all'obiettivo delle pari opportunità, dell’autodeterminazione e della libertà di scelta. Con la sua concreta azione riformatrice il Pd invera questi principi nell’Italia di oggi e di domani.

Noi siamo un partito laico perché rispettiamo le fedi e le convinzioni morali di ciascuno. Siamo convinti che lo Stato sia la casa di tutti e che si debba garantire a tutti libertà di coscienza e di culto e che si debbano tener distinte le convinzioni religiose, filosofiche e morali - nutrimento del cammino esistenziale di molti - dalle leggi che regolano i comportamenti di tutti.

Noi siamo il partito dei lavori e dei ceti produttivi. Vogliamo tornare nei luoghi in cui si fatica e si produce, ascoltare chi intraprende e chi rischia in proprio. Vogliamo promuovere una nuova dignità del lavoro contro la rendita e il profitto sganciato dal merito. Vogliamo parlare a chi il lavoro non ce l'ha o convive con insopportabili forme di precariato. Vogliamo contrastare ogni forma di sfruttamento e insicurezza, così come la conservazione corporativa di privilegi e monopoli.

Noi siamo il partito dei diritti civili perché crediamo nella dignità, nell’autonomia, nella libertà, nell'uguaglianza di tutte le persone; siamo contrari ad ogni forma di discriminazione e contrari ad uno Stato che tenda a sostituirsi alla libertà e alla responsabilità dell'individuo.

Noi siamo un partito ambientalista perché siamo consapevoli che la Terra è una sola. Il rispetto per l’ambiente è il rispetto che dobbiamo alla nostra stessa casa. Non crediamo che sviluppo e ambiente siano fra loro alternativi: al contrario, l’ambiente è una risorsa essenziale per la crescita sostenibile, per l’innovazione e il ripensamento dei modelli di consumo.

Noi siamo il partito dei territori e della sussidiarietà. Per noi non c'è un centro che decide e una periferia che obbedisce, ma un equilibrio virtuoso tra i diversi livelli decisionali, sia per quanto attiene alle istituzioni che per il Partito.

Noi siamo il partito dei giovani perché scommettiamo sul futuro del nostro Paese stando dalla parte di chi bussa alla porta e non di chi la tiene chiusa. Per restituire ai giovani il desiderio di cambiare il mondo.

Noi siamo il partito della conoscenza e dei saperi perché abbiamo fiducia nell’ingegno umano, crediamo che senza sapere non ci sia libertà, consideriamo prezioso il riconoscimento dei meriti dei giovani ricercatori. Ci impegniamo a difendere la libertà della ricerca scientifica e intellettuale, a promuovere l’accesso universale alla conoscenza, a garantire la libera circolazione dei saperi.

Noi siamo il partito dei cittadini e del nuovo civismo perché crediamo nella libertà dell’individuo e nelle risorse di una comunità solidale. Ciò trae forza e senso da antiche radici, che oltrepassano largamente le vicende degli ultimi decenni. Radici di emancipazione e di riscatto, di autorganizzazione, di solidarietà, di autonomia che furono premessa vivente delle grandi formazioni politiche popolari all’affacciarsi del secolo scorso. Si formò allora l’idea che prendendo le parti di chi lavora e produce e di chi è più debole e subordinato, sia possibile costruire una società migliore per tutti. Noi quella società vogliamo costruire, non solo immaginare.

 

NOI, IL PARTITO DEMOCRATICO

La questione che ci siamo posti nei mesi scorsi non è se essere un partito "vecchio" o un partito "nuovo", ma se essere davvero un partito: cioè una libera associazione di cittadini dotata di identità riconoscibile, organizzazione interna, radicamento sociale, luoghi di discussione e partecipazione, nonché di regole liberamente accettate e condivise. Non aver chiarito questi punti fondamentali ha indebolito il cammino iniziale del Pd. All’indomani delle primarie abbiamo deluso sia chi era legato a forme di militanza più tradizionali, sia chi si aspettava nuove forme di partecipazione politica e di coinvolgimento sociale. Abbiamo disperso un tesoro immenso, coltivando un’insensata contrapposizione tra elettori e iscritti, quando proprio gli elettori ci chiedono più presenza organizzata nei territori e nella società. Abbiamo un elettorato esigente e intelligente, una forza civile disposta a sostenerci nel voto e non solo. Il Pd deve rappresentarla compiutamente in ogni momento e in ogni sede.

 

Che cos’è un partito?

1. L’idea di partito ha a che fare con l’idea di democrazia. Rifiutiamo i modelli plebiscitari e riaffermiamo il valore dell’art. 49 della Costituzione. I partiti sono strumenti di partecipazione, di formazione civile, di impegno individuale e collettivo, di mediazione virtuosa tra società e istituzioni, di proposta e di indirizzo, di selezione democratica della classe dirigente.

2. Un partito è una comunità di donne e di uomini che vive di rispetto, amicizia, pari dignità e lealtà reciproci. Le iniziative popolari e le feste sono parte essenziale dell’attività di partito, così come la promozione di strumenti nuovi di comunicazione e socializzazione. La Rete non sostituisce, ma amplia le possibilità di comunicazione e di interazione ad ogni livello.

3. Un partito si organizza in circoli presenti in ogni comune o quartiere, nei luoghi di lavoro e di studio, nelle comunità all’estero, ma può aprirsi davvero agli elettori solo se è radicato e riconosciuto nel Paese. Si apre alle energie più fresche della società tramite una forte organizzazione giovanile. E' riconosciuto da quelli che rappresenta e allo stesso tempo è capace di riconoscere altre forze sociali con cui fare un percorso comune e preparare il progetto di governo, per non ricadere nel riformismo dall'alto. Per questo, nel rispetto della reciproca autonomia, vanno coltivati rapporti con tutte le organizzazioni sociali, del lavoro, dell’impresa, dei consumatori, del volontariato.

 

Cosa significa democratico?

1. Il Partito democratico è un partito di iscritti e di elettori che persegue la parità di genere nelle responsabilità politiche. La sovranità appartiene agli iscritti, che la condividono con gli elettori nelle occasioni regolate dallo statuto. Agli iscritti sono riconosciuti diritti fondamentali come la partecipazione alle decisioni ai vari livelli (anche attraverso referendum) e l’elezione degli organismi dirigenti. Il Pd coinvolge gli elettori, attraverso le primarie, per selezionare le candidature alle cariche elettive con particolare riferimento alle elezioni in cui non sia presente il voto di preferenza. Partecipa alle primarie di coalizione con un proprio rappresentante scelto da iscritti e organismi dirigenti. Le primarie per l’elezione del segretario nazionale richiedono nuove regole ispirate a due criteri: non devono trasformarsi in un plebiscito e non possono essere distorte da altre forze politiche. Le primarie vanno rese più efficaci, rendendo più chiaro il meccanismo di partecipazione. L'albo degli elettori deve essere effettivamente pubblico e certificato.

2. Il Partito democratico è un partito nazionale organizzato su base federale. I rimborsi per le elezioni regionali, le entrate del tesseramento e delle feste, i contributi degli amministratori, sono destinati ai circoli e alle organizzazioni provinciali e regionali. Parte del finanziamento elettorale nazionale ed europeo va destinata a progetti di radicamento del partito nella società. Gli organismi dirigenti nazionali saranno formati per la metà da rappresentanti designati dai livelli regionali.

3. Gli organismi dirigenti ad ogni livello saranno composti in un numero ragionevole per consentire una discussione politica efficace e scelte consapevoli. Lo statuto garantisce i diritti dei singoli iscritti e delle minoranze. Gli organismi dirigenti hanno il dovere di ricercare attraverso l'aperto confronto delle opinioni la posizione comune da assumere nelle sedi politiche e istituzionali. Le deroghe rispetto alle posizioni comuni dovranno esprimersi sulla base di criteri valutati da un organo statutario. In ogni caso il Pd considera il pluralismo interno una ricchezza irrinunciabile e un motivo di orgoglio.

Per tutte queste ragioni, con tutti questi impegni vogliamo costruire insieme un Paese da amare, un’Italia dove sia bello vivere, lavorare, crescere i propri figli. Con il Partito democratico.

Fiducia, Regole, Uguaglianza, Merito, Qualità

Le cinque parole chiave del nostro PD

Attorno a noi sta cambiando tutto.

Quando ho pensato al mondo in cui si muove il Partito Democratico, la mia mente è stata assalita da una quantità di immagini, di scatti, di oggetti, di istanti, che segnano la spaventosa velocità del cambiamento in cui ha agito politicamente l’ultima generazione e che ci obbligano a pensare in termini nuovi.

E’ un mondo che ha impiegato 10.000 anni per raggiungere nel 1900 un miliardo di abitanti e che ne ha messi solo altri 110 per moltiplicarsi per 7 (e due su cinque di quegli abitanti sono o indiani o cinesi).

Un mondo che corre così veloce che i padri spesso non sanno usare i giochi dei loro figli, in cui i computer costano 1000 volte meno di 30 anni fa; un mondo che riscopre una identità nomade dove il recapito telefonico e l’indirizzo postale non sono più associate al territorio ma viaggiano con te.

Tutto corre nell'economia, nell'informazione, nelle nostre vite.

E questa velocità sempre più folle sembra travolgere le nostre certezze, come se ci togliesse ogni appiglio, come se ci togliesse fiato, spingendo anche noi a correre.

A correre senza una meta, a correre perché tutto si consuma in fretta attorno a noi e quindi bisogna vivere in fretta.

Sembriamo condannati a vivere nel presente, incapaci di guardare lontano, nelle nostre vite individuali come nelle scelte collettive e nella politica.

Incapaci di programmare, di fare oggi una scelta che non darà frutti domani ma fra qualche anno, per noi o per chi verrà dopo di noi.

E' come camminare guardando la terra che si calpesta anziché tenendo lo sguardo sull'orizzonte che si vuole raggiungere.

E' stato il modello di globalizzazione che è apparso trionfalmente vincente e indistruttibile sino alla crisi di settembre, a trascinarci in questo incapacità di cercare il futuro. Pagina 2

I miti della crescita inarrestabile, della competizione e del mercato senza regole, hanno spinto a costruire sulla sabbia, a volere tutto e subito, perché tutto è sembrato possibile e facile.

In effetti, il mondo emerso dal crollo del Muro di Berlino, il mondo del terzo millennio, è un mondo che si è messo a correre, come mai era successo prima.

In meno di un quarto di secolo, il prodotto globale è raddoppiato due volte. In questo stesso periodo, in Asia, 400 milioni di persone sono uscite dalla povertà. Tra il 2003 e il 2007, il reddito medio mondiale è cresciuto ad un ritmo superiore al 3 per cento annuo, il tasso più alto dell'intera storia umana.

La crescita dell'economia mondiale, sino alla crisi, è stata impetuosa, come mai era stata prima. Ma è stata anche il frutto di una contraddizione profonda.

E' stata alimentata da tre grandi, crescenti debiti americani: l'indebitamento delle famiglie, il deficit commerciale, il debito pubblico, cui va aggiunto un quarto debito: quello energetico ed ambientale con i suoi enormi costi, in termini ecologici e climatici.

La crescita costruita scaricando il benessere raggiunto nel presente sulle prossime generazioni, sul futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti.

Dunque la crisi nella quale l'economia globale è entrata nell'ultimo anno, al di là dei fattori contingenti che l'hanno provocata, è la crisi di un modello di capitalismo, miope e profondamente egoista.

Il modello che, esplodendo, ha consegnato al mondo il gigantesco problema di riorganizzare il sistema economico mondiale su basi meno squilibrate, cioè senza accumulare debito, senza penalizzare chi verrà dopo di noi, con meno diseguaglianze fra le persone e fra i paesi.

E' stato detto che il populista pensa alle prossime elezioni, il riformista alle prossime generazioni.

Ecco. La destra italiana pensa sempre e solo alle prossime elezioni. Noi democratici pensiamo prima di tutto alle prossime generazioni.

Qui si apre lo spazio per un nuovo riformismo.

Un riformismo che abbia il coraggio di sfidare le destre non rincorrendole, non limitandosi a proporre correttivi ai modelli economici e sociali che ha imposto, ma mettendo in campo una gerarchia di valori alternativa e proiettata sul futuro. Pagina 3

Questa deve essere la nostra sfida e la sfida dei riformisti europei.

Il nostro principale campo di gioco, infatti, si chiama Europa.

Non è un’idea fuori moda.

Occorre tornare al coraggio e alla visione dei padri fondatori per capire la grandezza del disegno.

L’obiettivo di una piena integrazione politica, di un’Europa che decide a maggioranza anche su politica estera e difesa, che interviene nel momento della crisi sui settori più deboli, che decide di più dove serve e un po’ meno dove non serve più, quello è il nostro obiettivo.

E ovunque sia stato nel mondo, fuori dall’Europa, dove lo Stato confinante è ancora percepito come una minaccia potenziale, dove in una capitale vicina si può ancora andare a combattere invece che come in Europa a visitare un museo, studiare per un programma Erasmus, fidanzarsi, là ho capito la grandezza del progetto europeo.

E far ripartire la crescita su binari nuovi dovrebbe essere anche il compito di un'Europa che vuole tornare ad essere protagonista nella ridefinizione del modello di crescita globale.

E invece l'Europa rischia di restare confinata in un ruolo secondario, non solo perché è politicamente debole ma perché le manca una missione collettiva.

E, non a caso, le elezioni europee hanno messo in evidenza, nel Vecchio Continente, una tendenza politica assai diversa rispetto a quella che tante speranze ha suscitato nel mondo.

Le due più grandi democrazie del pianeta, di fronte alla crisi economica, si sono affidate ai riformisti: ai democratici americani di Obama o ai progressisti indiani di Sonia Gandhi.

In Europa hanno invece vinto i partiti di centrodestra e le elezioni hanno anche fatto registrare un inquietante rafforzamento delle formazioni populiste o xenofobe.

Dinanzi alla crisi, insomma, Stati Uniti e India si aprono, l'Europa si difende e si arrocca.

E' la paura che vince.

Paura della crisi, paura dell'immigrazione e delle società multietniche, paura del futuro che spinge una società che invecchia a cercare chi offre più conservazione, chi punta tutto sulla protezione individuale, esaltando e rendendo assoluto il valore della libertà, a scapito della coesione sociale. Pagina 4

E noi riformisti abbiamo sottovalutato per molto tempo la suggestione che questa cultura ha esercitato sulle nostre società e la profondità delle sue radici.

La crisi mette ora in discussione le forme economiche del pensiero politico della destra, ma ancora non sembra scalfire le premesse su cui si regge quella cultura.

In un tempo che resta segnato dal conflitto e dominato da insicurezza e paura del futuro, la destra cerca una sua nuova versione rassicurante e difensiva.

Dalla stagione dell'ultraliberismo, del consumismo individualista, dell'esaltazione del privato contro ogni idea di pubblico, si passa al ritorno alla tradizione, all'ordine naturale, all'uso della religione come strumento di governo e come baluardo della civiltà occidentale, alla piccola comunità chiusa come antidoto alla globalizzazione.

Insomma una versione corretta di Dio, patria e famiglia.

Il voto italiano va collocato dentro questo vento di destra che ha attraversato l'Europa.

Berlusconi stesso nel 1994 rappresentava una proposta di cambiamento.

Illusoria, ma era una proposta di cambiamento.

Oggi anche la sua proposta è solo di protezione e conservazione.

Per questo non farà, non potrà fare nessuna riforma vera per tutta la legislatura ma produrrà solo provvedimenti tampone che trasmettano il messaggio di stare tranquilli, che dopo la crisi tutto tornerà come prima.

Noi riteniamo invece che la profondità della crisi richiede non solo risposte specifiche alle paure e ai bisogni dei cittadini ma una visione nuova, che adegui le strutture portanti del nostro sistema economico sociale e istituzionale.

Siamo consapevoli della necessità di misure di emergenza per evitare l’aggravarsi della crisi in autunno.

Per questo abbiamo proposto provvedimenti immediati cogliendo istanze avanzate anche dalle forze sociali: misure a favore delle imprese (vera accessibilità al credito specie per le piccole e medie imprese, accelerazione dei pagamenti della pubblica amministrazione, incentivi per rilanciare gli investimenti), dei lavoratori (ammortizzatori per tutelare il reddito e favorire il reimpiego, sostegno ai redditi da lavoro e da Pagina 5

pensioni che soffrono per la crisi) e degli enti locali per garantire le risorse necessarie agli investimenti e ai servizi che solo loro possono fare.

Se il governo avesse attuato per tempo una contromanovra di un punto di Pil, come richiesto da noi, non saremmo al crollo attuale del 5% e si sarebbe almeno dato un senso all’aumento del deficit e del debito.

E gli italiani avrebbero visto che qualcuno si occupava di loro.

Ma, oltre che all’emergenza, occorre pensare subito a interventi strutturali, a quelle riforme lungimiranti che sono necessarie per prepararci a uscire dalla crisi; perché servono a combatterne le radici, che non sono solo finanziarie, ma affondano negli squilibri economici e nelle disuguaglianze sociali.

Abbiamo bisogno di riforme che correggano le gravi distorsioni nella distribuzione del reddito e del mercato del lavoro, che rilancino la mobilità sociale; riforme per valorizzare un capitale umano e sociale che si sta impoverendo; scelte di politica industriale che sostengano l’innovazione e la ricerca, che sono beni pubblici e non solo requisiti di mercato.

Serve una innovazione a 360° che diffonda l’uso intelligente delle tecnologie, e promuova forme di organizzazione produttiva adattabile e intelligente, oltre i modelli fordisti del secolo scorso; che superi la visione corta e speculativa all’origine della crisi, che rilanci i progetti di lungo periodo e dia valore ai contenuti immateriali e qualitativi tipici della conoscenza.

Un’area di intervento particolarmente importante riguarda la modernizzazione dei vari settori dei servizi, che nella presente società sono sempre più decisivi per la vita delle persone e delle imprese.

La responsabilità dell’attore pubblico e della politica è diretta nel caso dei servizi pubblici, centrali e locali.

Non per perpetuare indebite ingerenze nella loro gestione, ma per dare un quadro stabile di regole e di indirizzi; per definire standard comuni di qualità a livello nazionale, da controllarsi con autorità indipendenti, per favorire la formazione di soggetti erogatori forti, capaci di operare in campo aperto, anche incentivando l’aggregazione di servizi e aziende, promuovendo le condizioni di concorrenzialità, o comunque l’adozione del sistema delle gare per la gestione dei servizi.

Vogliamo innovare il ruolo dello Stato nell’economia, non per richiedere salvataggi di attività finanziarie e imprenditoriali insostenibili, ma perché sappia regolare in modo autorevole il mercato, ridisegnando le regole del gioco e rafforzando i controlli, adottando politiche di liberalizzazione, utili a migliorare la competitività dei servizi per i cittadini. Pagina 6

Un intervento pubblico che sappia creare condizioni favorevoli di contesto, e che preveda un fisco più giusto per i cittadini e per le imprese necessari a uno sviluppo equilibrato e sostenibile: in primo luogo infrastrutture materiali e immateriali.

L’innovazione economica si deve accompagnare con il cambiamento sociale, a cominciare dal welfare, che sappia rassicurare i cittadini, ridare prospettive e opportunità a persone e comunità, sostenere la coesione sociale che è una risorsa fondamentale anche per rilanciare il paese.

Queste sono le sfide che noi vogliamo raccogliere.

Ecco il punto per noi, per il Partito Democratico: a differenza della destra, vogliamo dire con forza che noi crediamo che dalla crisi possa uscire un'Italia migliore, non quella di prima.

Un'Italia che proprio attraversando le difficoltà riscopre i valori fondanti della solidarietà, delle comunità locali, dell'essere una nazione.

Che recupera il senso di una grande missione collettiva in cui i talenti di ognuno sono a disposizione non solo di se stessi ma del proprio Paese.

Il Partito democratico allora come forza che crede nel futuro.

Che crede nelle riforme come chiave per il cambiamento di cui l'Italia ha bisogno da anni per uscire dalla stagnazione e dall'immobilismo.

Che tutela gli interessi ma solo se rispettano i valori.

Perché rispettare un valore è spesso il modo migliore per difendere un interesse.

Combattere la povertà, contrastare il degrado sociale non significa, forse, estirpare una delle radici più profonde dell'insicurezza?

Come dicevano i laburisti inglesi all'inizio del loro ciclo vincente: "Combattere il crimine e le cause del crimine".

O come ci ricordano le parole di Victor Hugo che stanno incise nel marmo di uno degli ingressi della Sorbona: "Aprire una scuola è chiudere una prigione". Pagina 7

Questo è quello che dobbiamo fare: ricostruire una identità del nostro campo.

La destra italiana in questi 15 anni ha avuto stabilità negli assetti e un leader unificante. Così ha potuto costruire una identità, percepita da tutti, attorno ad alcuni messaggi chiari: sicurezza, libertà di fare ogni cosa, meno Stato.

Il nostro campo nello stesso periodo ha avuto instabilità totale nei leader, nei partiti, che si sono sciolti, ricostituiti, sostituiti, nei governi fragili.

E così non siamo riusciti a trasmettere che sensazioni indistinte, non messaggi chiari e univoci.

Se voti destra sai cosa voti.

Se voti di qua non sai cosa voti.

E’ questo, più di ogni altra cosa, che spiega la sconfitta dello scorso anno e i risultati negativi delle amministrative e delle europee.

Ricostruire una identità.

Sarà un lavoro lungo e difficile ma il risultato delle europee ci mette in condizione di ripartire.

Dobbiamo fare arrivare agli italiani messaggi comprensibili che facciano capire a tutti non solo la nostra proposta per il problema del giorno dopo ma quale è il modello di società che abbiamo in mente, qual è la diversità dei nostri valori di riferimento.

Poche parole chiare, che caratterizzino il partito e che indichino la via lungo la quale costruire un programma di governo.

Le parole di un riformismo moderno, che usa le radici e la memoria delle culture politiche del 900 italiano non per tornare nostalgicamente indietro, o per restare immobile, ma per immergersi in un cammino nuovo ed emozionante.

La prima parola è FIDUCIA.

Fiducia è la risposta alla paura che la destra alimenta e cavalca parlando di sicurezza. Pagina 8

Paura della crisi, paura di perdere il lavoro, dell'immigrato, della criminalità, della povertà, della solitudine.

Paura per il futuro del mondo e per i nostri figli che dovranno viverci.

Quella paura che spinge alle ronde, a difendersi da soli, che spinge a rinchiudersi in casa, impauriti dagli altri che ti vivono vicini, e da come te li rappresenta la televisione.

Servono allora misure e comportamenti che alimentino la fiducia personale e collettiva. Quella fiducia che tiene insieme la vita, le comunità, il mercato.

Tutte le nostre politiche, tutte le nostre proposte concrete devono essere costruite attorno a questo messaggio positivo.

Dalle misure per proteggere i lavoratori e i cittadini dalla crisi, alle riforme economiche necessarie a dare prospettive a famiglie e imprese. Fino alle riforme istituzionali che ridiano fiducia ai cittadini in uno Stato e in una politica che debbono essere basati sulla trasparenza e sull'efficienza.

Fiducia e coesione vanno sostenute nel mondo del lavoro, evitando di mettere, nella crisi, le difficoltà le une contro le altre, secondo antiche divisioni sociali.

Di fiducia e di sostegno hanno bisogno anche le imprese che sono investite da una competizione globale dura e spesso senza regole.

Noi dobbiamo dare risposte ai loro bisogni, che abbiamo trascurato, perdendo così la fiducia di questo mondo.

Non possiamo essere indifferenti di fronte a 1.600.000 lavoratori che, come ricorda il governatore della Banca d’Italia Draghi, non hanno alcun sostegno economico nella crisi e a oltre 500.000 che hanno solo pochi euro: una folla di poveri che è destinata purtroppo a crescere in autunno, se si continua a non fare niente, che avvilisce le persone e priva le imprese di risorse umane preziose.

Così rischiamo di lasciare un paesaggio produttivo e umano desertificato.

Per noi il mondo del lavoro di oggi è fatto insieme da lavoratori e imprenditori.

E gli imprenditori non hanno smesso, come è stato detto, di essere nostri nemici per diventare nostri amici se rispettano le regole. Pagina 9

Gli imprenditori sono una parte del mondo del lavoro e una parte di noi democratici.

In campagna elettorale sono stato a Prato, in una piccola impresa del tessile.

Il proprietario mi ha parlato dei problemi gravi della sua azienda poi, indicando i suoi dipendenti, mi ha detto: "Io non licenzio nessuno. O ci salviamo tutti o chiudo".

Questa è l'Italia che sconfiggerà la crisi.

Combattere la precarietà, migliorare le condizioni dei lavoratori e dare alle imprese protezione dalla crisi e sostegno per innovare, sono due pezzi della stessa politica, la nostra politica.

Le proposte che abbiamo avanzato in questi mesi per fronteggiare l'emergenza, dall'assegno di disoccupazione al credito per le piccole e medie imprese, sono due piccole prove di come si possa spingere all'unità del mondo del lavoro e non alle divisioni e alla disgregazione sociale, come se la società fosse divisa tra le vecchie classi di un tempo finito.

Anche per questo è giunto il tempo di ragionare su forme moderne di partecipazione dei lavoratori alle scelte delle imprese, come ci indica da decenni la nostra Costituzione.

Dobbiamo ridare fiducia a milioni di persone impaurite.

Per questo vogliamo cambiare il nostro welfare e renderlo uno strumento universale che accompagni tutte le persone e le famiglie nel corso della vita, proteggendole dai rischi della povertà e dell' emarginazione.

Un welfare che cominci dalla cura e dall'educazione dei bambini, e che dia un ruolo centrale alla formazione permanente, come leva fondamentale per valorizzare le capacità personali.

E vogliamo che riguardi non solo i lavoratori subordinati, come nel welfare storico, ma anche i lavoratori autonomi e gli imprenditori, specie quelli piccoli che oggi sono privi di difese sociali.

Per i lavoratori autonomi vanno ricercate, e discusse con loro, forme di protezione adatte ai loro bisogni. Vogliamo che gli ammortizzatori siano un diritto per tutti, non una concessione discrezionale del governo.

Solo diritti certi, non deroghe caso per caso e concessioni del governo, possono ridare prospettive e fiducia.

Per ridare fiducia non basta offrire protezione. Pagina 10

Dobbiamo offrire prospettive di futuro e opportunità.

Questa è una lezione che ci viene dall'esperienza, dalle reazioni che registriamo di fronte alla crisi.

Non riusciremo a convincere neppure le persone più bisognose di aiuto e di sicurezza se ci limitiamo a promesse di assistenza.

Così non siamo competitivi con le proposte della destra che indicano, anche se in modo illusorio, prospettive di arricchimento, di affermazione e di autonomia personale.

Dobbiamo indicare una via più ambiziosa e più equa: quella di un welfare rassicurante, attivo e insieme solidale; politiche economiche e sociali che valorizzino non gli interessi egoistici di singoli o di territori, ma uno sviluppo equilibrato e sostenibile per tutta l'Italia.

La fiducia va alimentata con un nuovo patto fra generazioni e generi in sostituzione di quello del secolo scorso che non è più sufficiente per le trasformazioni demografiche, dei cicli di vita e dei rapporti familiari.

Un nuovo patto generazionale deve ridare fiducia alle famiglie.

Dobbiamo prendere atto del ritardo con cui il nostro paese ha affrontato i cambiamenti intervenuti nella famiglia e dobbiamo raccogliere le sfide che da essi derivano.

Ogni aspetto della famiglia è cambiato: composizione, vita media, tipologia, rapporti tra uomini e donne e tra generazioni. Per non parlare delle famiglie immigrate.

E’ arrivato il momento di riaprire un grande confronto sulla legislazione per la famiglia, compresi la mediazione familiare, il tribunale per la famiglia e la persona.

Non dobbiamo aver paura di sviluppare un dibattito su temi rilevanti per la vita di ogni persona.

Partiamo da principi condivisi, e in particolare dalla consapevolezza che ogni persona va rispettata nel suo orientamento sessuale e nelle sue scelte di vita.

Grazie al PD oggi è possibile creare una convergenza fra le diverse concezioni, culturali etiche e religiose per dare una risposta condivisa a tali sfide.

Le nostre politiche partono dalla convinzione che la famiglia è un’opportunità per le persone e una risorsa fondamentale per la società. Pagina 11

Ma essa non può essere lasciata sola, oggi meno che mai, di fronte a una crisi che aggrava le difficoltà di tutte le sue componenti, dai bambini, alle donne che trovano sempre più pesante conciliare i tempi di lavoro e della vita familiare, alle giovani coppie la cui precarietà blocca il desiderio di avere figli.

A differenza della destra, che ha disinvestito sulla famiglia, noi vogliamo sostenere la famiglia che investe su se stessa, sul benessere dei figli, sul lavoro dei giovani, delle donne e degli uomini, che valorizza ogni stagione di vita degli anziani, che rispetta i diritti dei disabili e degli immigrati.

Per ridare fiducia alle famiglie e sostenerle nel loro compito occorre riconsiderare a fondo le politiche familiari e incentrare sulla famiglia molti istituti del welfare.

Bisogna regolare i diversi aspetti della convivenza civile attorno al dato delle esigenze della famiglia nelle sue varie forme, tradizionali e nuove, specie per quanto riguarda i figli. In tale direzione devono orientarsi misure diverse: quelle di welfare, servizi di cura, fondo per la non autosufficienza, asili nido.

Ma anche il sistema tributario: non tanto il quoziente familiare, quanto un sistema di assegni organico e più sostanzioso di quelli attuali.

La politica delle città: edilizia popolare, politica degli affitti, spazi comuni.

Il sistema pensionistico che consideri ai fini contributivi i periodi di maternità e di cura.

La politica della mobilità, con agevolazioni per il trasporto pubblico ai nuclei familiari molto numerosi.

La fiducia va restituita anche dando risposte alle paure dei cittadini, alimentate dalla criminalità e dall'immigrazione clandestina.

Le risposte sono credibili se sanno coniugare fermezza nel contrasto all'illegalità, da chiunque provenga, con politiche di integrazione sociale e di accoglienza.

Su questi terreni la nostra politica tradizionale è stata perdente, e va corretta.

Perché ha sottovalutato i problemi e le paure dei cittadini, non si è messa dalla loro parte, non si è disposta a capirli. Pagina 12

La maggioranza degli italiani, e dei ceti popolari, se non riceve risposte, perde la fiducia nella buona politica e accetta le risposte della destra che assimila immigrazione a crimine, e ora indica l'immigrato anche come quello che ti toglie un posto di lavoro.

Non si tratta di inseguire le ricette e i proclami repressivi della destra, inefficaci ma che intanto colpiscono l'immaginazione e il vissuto delle persone, anche dei nostri militanti.

Bisogna recuperare fiducia dimostrando con i fatti che siamo in grado di difenderli, facendo rispettare l'ordine pubblico, se necessario con durezza come hanno fatto alcuni nostri sindaci, contrastando ogni forma di illegalità per evitare che l'impunità di pochi comporti la criminalizzazione di tutti.

Solo facendo così potremo spiegare le buone ragioni dell'integrazione e dell'accoglienza. E quelle della solidarietà umana con chi attraversa il mare umiliato dallo sfruttamento dei racket.

L’organizzazione criminale si deve contrastare con un impegno congiunto della società civile, delle istituzioni dello stato e delle autonomie locali: perché solo con questo sforzo comune se ne colpiscono le radici che sono profonde e si manifestano in forme diverse nei vari territori.

Non si tratta solo di prevenire e reprimere singoli comportamenti illeciti, ma di garantire il controllo del territorio, in modo capillare, visibile e stabile.

Tagliare le risorse essenziali e inventarsi le ronde è una grande contraddizione del governo, che indebolisce la lotta alla criminalità.

Occorrono misure concrete per rafforzare l’opera delle forze dell’ordine recuperandole da impieghi non essenziali (scorte, compiti d’ufficio, ad esempio per il rinnovo dei permessi di soggiorno delegandoli ai comuni), operando per il coordinamento reale delle forze di polizia, con una centrale operativa unica.

Nell’immediato la nostra priorità sul fronte sicurezza deve essere la lotta al ddl intercettazioni, che indebolirebbe in modo grave tutta l’attività investigativa.

Mostriamo con questo che a noi la sicurezza dei cittadini sta a cuore seriamente, mentre la destra la mette a rischio.

Occorre rigore e coerenza nell’aggredire i patrimoni della malavita organizzata, colpendo chi li protegge o è connivente.

Occorre recidere con decisione i rapporti, ancora esistenti, fra mafia e politica. Pagina 13

Una misura parallela è la velocizzazione dei processi per una effettività delle pene, con un miglior utilizzo delle risorse umane e delle nuove tecnologie.

Bisogna difendere l’efficienza e l’autonomia non la politicizzazione della magistratura.

Serve costruire più carceri civili e dignitosi, quelli attuali sono di nuovo al limite della capienza, se vogliamo scongiurare il ritorno all’epoca della rivolta delle carceri.

Nel caso degli immigrati il rispetto della legge va imposto senza discriminazioni ma senza pietismi.

Cominciando con il contrasto degli ingressi clandestini.

Con un dimensionamento più realistico dei flussi.

Con strumenti adeguati per facilitare le presenze e il lavoro regolari, ripristinando la figura dello sponsor accreditato e responsabile, garantendo permessi per ricerca di lavoro di durata ragionevole.

E rafforzando gli accordi bilaterali con i paesi di più forte immigrazione, e con un’azione congiunta dell’intera Unione europea.

La fiducia è un bene durevole, da costruire nel tempo.

Per questo richiama la politica a comportamenti responsabili, che affrontino senza improvvisazioni i problemi delle persone e che ricerchino con coerenza soluzioni stabili.

Per questo vogliamo la stabilità politica e dei governi.

Per gli stessi motivi è necessario rigore nel controllo della spesa pubblica, che anche quest’anno è fuori controllo, nonostante i tagli del governo.

Non tagli indiscriminati ma lotta agli sprechi che sono ancora tanti e all’evasione fiscale, vero cancro della nostra vita economica e civile che corrode la fiducia fra cittadini e stato.

La lotta all’evasione va fatta senza pregiudizi "classisti", per chiunque evada, sia l’imprenditore sia il dipendente che ha un altro lavoro in nero.

E’ necessaria una nuova cultura fiscale, per arrivare a un sistema più equo e meno oppressivo, che passi ad esempio dalle detrazioni, oggi prevalenti, ai bonus, ai servizi detassati, al contrasto di interessi. Pagina 14

Controllare la spesa per ridurre il macigno del debito pubblico non è una mania di ragionieri, è necessario per rendere possibile la riduzione delle tasse; ed è un impegno decisivo per garantire il futuro delle nuove generazioni, per non spostare su di loro il peso di decisioni che spettano a noi.

La seconda parola del nuovo riformismo è REGOLE.

Da anni la destra italiana predica la sregolatezza, che tollera o incentiva le irregolarità, che esalta l'individualismo, la furbizia "dell'ognuno per sé" in ogni campo.

Ha fatto dimenticare che buone regole non sono ostacoli all'iniziativa e alla libertà di persone e imprese ma sono invece strumenti di tutela dalle ingiustizie e dalle disuguaglianze.

Noi vogliamo buone regole che oltre a sancire diritti, stabiliscano doveri e responsabilità, garantiscano la sicurezza collettiva.

Se ci fosse stato più rispetto delle regole non avremmo avuti i disastri di Viareggio e le conseguenze del terremoto che ha colpito l'Aquila e l'Abruzzo. Non avremmo 1300 morti sul lavoro sul lavoro ogni anno e oltre 6000 sulle strade; non avremmo i livelli spaventosi di evasione fiscale e di lavoro nero, che frodano il presente e sottraggono risorse al futuro.

L'applicazione rigorosa delle regole è il presidio della legalità e del contrasto alla criminalità organizzata che uccide le potenzialità straordinarie di interi pezzi del Paese.

Di regole ha bisogno l'economia perché la loro assenza è la causa principale della destabilizzazione dei mercati finanziari e degli squilibri nell'economia reale.

E proprio all'economia e alle imprese servono regole semplici e stabili che garantiscano il corretto svolgersi della concorrenza, che rompano i conflitti di interessi che in Italia sono diventati silenziosamente accettati, come fossero normali, avendo davanti l'esempio della massima autorità di governo. Pagina 15

Dobbiamo dirlo. Il centrosinistra ha colpe precise non aver approvato una normativa sul conflitto d'interessi quando era maggioranza dal 1996 al 2001, ma quella responsabilità non ci può spingere adesso a restare ancora fermi e silenti.

Abbiamo bisogno di nuove regole nello Stato e nella Pubblica Amministrazione, che funzionano male e peggio che negli altri grandi paesi europei.

Un partito come il nostro ha un interesse vitale a far funzionare meglio lo stato e le Pubbliche amministrazioni.

Perché un sistema pubblico funzionante è necessario per attuare le riforme, e per garantire la effettiva fruizione dei diritti dei cittadini, dalla giustizia all’istruzione, ai servizi pubblici.

Per regolare il mercato e integrarlo quando non funziona.

Un efficiente sistema pubblico è condizione anche per praticare senza squilibri la collaborazione con il settore privato, profit e non profit.

La gravissima crisi di affidabilità del sistema politico-istituzionale è squadernata ogni giorno sotto i nostri occhi dalle immagini televisive: le inchieste e gli scandali, la guerra tra le procure, i rifiuti campani, la lentezza della giustizia e della burocrazia che ostacola e sperpera.

E potrei continuare.

Lo stesso patto di lealtà fiscale ha come necessario presupposto che il cittadino sappia che i suoi soldi non vadano a finanziare spreco e inefficienza.

E sappia che chi viola le leggi, esportando illegalmente capitali, non venga premiato anziché essere punito dalla legge.

Per questo il PD deve impegnarsi per modernizzare lo Stato, anche stando all'opposizione. Pagina 16

Noi non ci sottrarremo alla possibilità di condividere, anche da subito, con i nostri avversari una riforma che renda più efficace l'azione di governo e il ruolo del parlamento, cominciando dal passaggio ad una sola camera legislativa, con un senato federale ed un conseguente dimezzamento dei parlamentari eletti.

L’elezione diretta dei sindaci, dei presidenti di provincia e di regione, e delle stesse cariche monocratiche del nostro partito è diventata ormai parte del nostro sistema.

Ma occorre ricostruire il sistema di checks and balances fra i poteri dello Stato.

Riformare il bicameralismo, rafforzare il diritto dei cittadini di decidere sulle loro rappresentanze parlamentari e politiche, con un sistema elettorale che lo valorizzi, dare attuazione coerente alla scelta federalista, valorizzare l’autonomia della giustizia, ma pretendendone la efficacia e la distanza dalla politica.

Allo stesso fine è urgente il rinnovamento dei partiti, per valorizzarne la funzione di rappresentatività nei rapporti con i cittadini, anche sulla base di una riforma che dia finalmente attuazione all’articolo 49 della nostra Costituzione.

La riforma delle istituzioni da sola non basta: deve appoggiarsi sull’empowerment dei cittadini, cioè sulla loro possibilità di influire individualmente e collettivamente sulle decisioni.

La riforma federalista non deve essere un mero trasferimento di funzioni da Stato a regioni, ma deve valorizzare le autonomie di tutti i governi locali e costituire l’occasione per ripensare il rapporto cittadino – autorità nel nostro sistema.

Questo è il senso della regola di sussidiarietà cui ispiriamo la nostra azione politica: allargare gli spazi di partecipazione, non solo istituzionale ma sociale.

Sviluppare istituti di welfare non solo statali, ma territoriali e sociali.

Il mondo del non profit in molte realtà, soprattutto al Nord, sta rispondendo alla crisi economica puntando sul network, sperimentando welfare di comunità e consorzi il cui capitale è la solidarietà operativa e finanziaria.

Uscendo ormai anche dal più tradizionale e forte impegno nei servizi in campo sociale e sanitario.

Il non profit è diventato una sorta di spina dorsale invisibile del nostro paese e sta garantendo la coesione sociale anche nelle situazioni che la crisi economica ha messo in maggiore difficoltà divenendo esso stesso una risposta alla crisi. Pagina 17

Per questo è necessario partire anche da quell’innovazione dal basso sperimentata da questo mondo che significa partecipazione attiva, centralità delle persone, valori come risposta culturale e concreta alle difficoltà politiche e sociali che abbiamo davanti.

La centralità del cittadino, il nesso libertà–responsabilità vale anche per la giustizia.

Il funzionamento della giustizia è una questione essenziale per la vita dei cittadini e per la stessa economia del paese.

Gli attuali tempi, lunghi e incerti, dei processi angosciano le persone, e opprimono le imprese.

Sono fra le ragioni che ostacolano gli investimenti esteri in Italia.

Non è quindi un tema che si possa lasciare agli addetti ai lavori, giudici e avvocati, come è stato fatto finora.

E’ prioritario garantire una ragionevole durata del processo.

Per questo servono modifiche alle procedure per renderle più semplici e più veloci, scoraggiando tutti i comportamenti dilatori, anche quelli concordati fra avvocati.

Occorre favorire mezzi alternativi di soluzione delle controversie (conciliazione e arbitrato), garantire costi ragionevoli per l’accesso a tutti i procedimenti e il gratuito patrocinio a chi ha bisogno, specie per le cause di lavoro, di previdenza e simili.

Occorre inoltre migliorare il funzionamento della "macchina" della giustizia, prevedendo gli strumenti tecnici e organizzativi necessari, distribuendo meglio gli organici e i carichi di lavoro, chiedendo anche ai magistrati un impegno maggiore e verificabile.

Noi vogliamo difendere l’autonomia della magistratura, e pretenderne l’efficienza per un migliore servizio ai cittadini.

La terza parola è UGUAGLIANZA.

Uguaglianza è stata la parola forte dei grandi movimenti riformisti del secolo scorso.

Qualcuno pensa che sia caduta in "disuso" e superata.

Ma non è così. Pagina 18

E' una parola moderna, centrale nel mondo globalizzato.

Un mondo in cui senza gli anticorpi della politica le disuguaglianze sono destinate ad aumentare drammaticamente, dentro i paesi e tra i paesi del mondo.

Uguaglianza non come appiattimento delle differenze ma come valorizzazione delle diverse capacità delle persone, come uguaglianza delle opportunità, da sostenere non solo nelle condizioni di partenza ma nel corso della vita di ciascuno.

L'Italia ha purtroppo un primato negativo: ha visto crescere le diseguaglianze tra i redditi, ha visto aumentare le distanze tra pezzi del suo territorio.

Ha permesso il persistere di vaste sacche di povertà, specie nel mezzogiorno. Ha registrato un blocco dell'ascensore sociale che ostacola la possibilità delle persone di sviluppare le proprie capacità.

Sono queste le diseguaglianze che sottraggono ai nostri giovani le aspettative dei coetanei di altri paesi europei, che impediscono al figlio dell'operaio di avere le stesse opportunità nella sua vita del figlio del notaio.

Noi vogliamo cambiare questo destino che la destra ritiene inevitabile.

Vogliamo invertire la tendenza partendo da proposte immediate.

Vogliamo correggere un assetto produttivo e distributivo che ha penalizzato i redditi da lavoro, soprattutto subordinato, rispetto alle rendite e ai redditi da capitale e che ha svalutato in particolare il lavoro operaio e manuale.

Per questo serve una politica che da una parte riprenda la lotta all’evasione e all’elusione, dall’altra alleggerisca la pressione fiscale sui redditi da lavoro e sulle pensioni e prosegua la incentivazione del salario di produttività contrattato in azienda e sul territorio.

Ma la tendenza alla disuguaglianza va invertita anche e soprattutto con proposte attive, che creino aperture sociali e ridiano dignità al lavoro in tutte le sue forme.

Pensiamo allo sviluppo della rete, della banda larga, come all'investimento infrastrutturale più importante di questo decennio. Come vettore di crescita e di riduzione delle disuguaglianze territoriali. Pagina 19

Pensiamo per i giovani studenti a un anno di presenza all'estero finanziata, un Erasmus obbligatorio nel proprio percorso formativo, ma anche a incentivi a studenti stranieri per studiare in Italia, per attrarre cervelli.

E all'interno del paese pensiamo ad uno scambio fra studenti del Nord e del Sud per rafforzare esperienze e culture comuni, per aprire le comunità del mezzogiorno.

Noi pensiamo al Mezzogiorno come la possibile risorsa dell'economia italiana.

E' la politica nazionale, siamo noi, non un partito del Sud, a dover credere che questo è possibile.

Il Mezzogiorno è stato per decenni alla periferia del sistema economico. Oggi il cambiamento geopolitico del mondo, la centralità del Mediterraneo possono trasformarlo da periferia dell'Europa nella sua principale porta d'accesso.

Per riuscirci non ha bisogno di assistenza o di aiuti generici ma richiede risorse per ridurre il divario infrastrutturale, per sostenere le imprese che investono, per colmare i ritardi del sistema formativo e, soprattutto, per vincere la battaglia nazionale per la legalità e contro le mafie.

E’ necessario concentrare gli interventi su pochi obiettivi prioritari, per evitare l’attuale "polverizzazione" della politica di coesione nazionale e comunitaria, che ha finora ridotto fortemente l’efficacia degli interventi.

A tale scopo, deve prevedersi all’interno della Conferenza Stato – Regioni, un Comitato operativo delle Regioni meridionali che svolga funzioni di indirizzo e proposta al fine di definire interventi coerenti con strategie di sviluppo della macro-area meridionale.

"Terapia d’urto": un primo pacchetto di misure immediate si basa su alcuni assi portanti.

Nell’immediato, occorre focalizzare le risorse (ordinarie e straordinarie) su un numero limitato di interventi, con l’obiettivo di dimezzare entro il 2013 l’inaccettabile divario esistente tra Nord e Sud nelle infrastrutture e nei servizi resi dall’amministrazione pubblica ai cittadini.

L’azione pubblica di sviluppo nel Mezzogiorno deve porre al centro l’impresa.

Gli interventi devono incentivare la nascita di nuove imprese, lo sviluppo e il consolidamento di quelle esistenti. Pagina 20

In tale ottica, va reintrodotta da subito la automaticità nella fruizione del credito d’imposta per nuovi investimenti nel Mezzogiorno, cancellando la norma inserita dal Ministro Tremonti che, condizionandone la fruizione ad un complesso sistema burocratico di prenotazione e verifica ne ha di fatto compromesso l’operatività.

C’è una generazione di giovani meridionali che sta realizzando importanti progressi nei livelli di scolarizzazione, a cui dobbiamo dare risposte in termini di opportunità di impiego e di realizzazione individuale.

Tale esigenza diviene ancora più forte in un momento di crisi quale quello che stiamo vivendo che rischia di tenere molti giovani scolarizzati fuori dal mercato del lavoro. Dobbiamo impedire che continui l’esodo verso il Nord dei giovani laureati del Mezzogiorno.

Noi proponiamo un piano di 100 mila stage presso imprese private destinati a giovani diplomati e laureati del Mezzogiorno, al fine di favorire il loro inserimento lavorativo.

Un intervento volto a favorire l’accesso al lavoro e la formazione in aziende localizzate nel Mezzogiorno attraverso l’offerta di un periodo di esperienza a carico dello Stato presso imprese private che al termine di tale periodo vengano significativamente incentivate ad assumerli.

Uguaglianza significa poi valorizzare la libertà di scelta e di lavoro delle donne.

Perché la libertà delle donne è la condizione essenziale per avere una società più dinamica e moderna, in cui la parità tra generi sia semplicemente garantita da una vera selezione sui talenti e le qualità personali.

Nel mondo la battaglia per i diritti umani delle donne come diritti universali attraversa continenti, etnie, culture. L’emancipazione di interi popoli, pensiamo all’Africa, da povertà, malattie, sopraffazioni sta avvenendo grazie alla capacità di governo delle donne.

L’ONU ha indicato fra gli obiettivi del millennio la libertà delle donne in ogni ambito della vita pubblica e ha individuato nella collaborazione fra uomini e donne la strada per ridefinire il valore della famiglia, i ruoli nella società, le responsabilità nella politica e nelle istituzioni.

Possiamo partire da queste indicazioni e iniziare un cammino inedito per risolvere i tanti problemi e rispondere alle attese delle donne del nostro paese. Pagina 21

L’Italia non è in Europa, se guardiamo al tema della rappresentanza.

Le donne elette in tutte le istituzioni sono ancora pochissime, manca una legge sul riequilibrio della rappresentanza fra uomini e donne ad ogni livello nella vita pubblica.

L’articolo 51 della Costituzione parla chiaro, ma ha bisogno di strumenti applicativi.

Siamo lontanissimi da una democrazia paritaria, ma anche quella delle pari opportunità non è vicina.

Questo tema interpella direttamente un partito che ha l’ambizione di essere nuovo per davvero.

Per le donne serve una parola in più: il coraggio.

Il coraggio di investire sulle donne come forza di cambiamento della società.

Il coraggio di riconoscere la donna come essenziale per una cultura laica, aperta alla convivenza, che riconosce, accoglie, e valorizza le differenze.

La responsabilità politica delle donne sta nella capacità di essere squadra, nell’incontro e non nello scontro fra le generazioni, nella trasmissione dell’esperienza e nell’ascolto delle novità.

Sta nella capacità di mettere in discussione certezze per comprendere il punto di vista altro, nella caparbietà di far divenire le debolezze punti di forza, nel conflitto positivo che genera qualità della rappresentanza.

Le donne hanno cambiato il volto della politica, hanno criticato il potere fine a se stesso, hanno cercato di finalizzarlo alle conquiste civili e alla crescita di valori condivisi.

La politica italiana ha bisogno di più donne.

Pensiamo a come ricostruire luoghi plurali delle donne nel PD, inventando forme e modi, affinché sia possibile far vivere una nuova autonomia femminile che ha nell’incontro con la parte maschile del partito il compimento di un disegno, di una visione credibile da proporre al paese. Pagina 22

Allora il rinnovamento che auspichiamo sarà davvero il frutto di una storia in cammino, in cui tutti, uomini e donne insieme, saranno protagonisti nella solidarietà, nella distinzione non gerarchica dei ruoli, nella comune passione di una nuova politica per il nostro paese.

Ma la libertà delle donne si misura anche e soprattutto in politiche attive.

Per questo proponiamo misure di sostegno all'occupazione femminile, dirette alla condivisione dei ruoli nella famiglia e alla conciliazione fra lavoro e vita personale, e proponiamo un credito fiscale ai genitori che lavorano per le spese relative alla crescita e al mantenimento dei figli.

E sono queste le basi su cui vogliamo costruire un nuovo patto fra generazioni e generi.

Un patto che riguardi anche il sistema previdenziale. Oggi è possibile e giusto chiedere la disponibilità ai genitori di lavorare qualche anno di più, se viene data a loro la certezza che questo serve non per finanziare sprechi, ma per dare ai propri figli più ammortizzatori sociali e più certezze sul loro futuro previdenziale.

La nostra proposta è di recuperare il principio della flessibilità del pensionamento proprio della legge Dini del 1995: in particolare fissando una fascia di età comune per uomini e donne, all'interno della quale ciascuno possa scegliere il pensionamento sulla base delle proprie condizioni di lavoro e di vita familiare e personale.

L'equiparazione del sistema nel caso delle donne deve essere accompagnata da misure che considerino i periodi di maternità e il lavoro di cura ancora prevalentemente svolto dalle donne, ad esempio riconoscendo, come avviene in altri paesi europei, un certo ammontare di contributi figurativi in corrispondenza di tali periodi.

Serve un patto che allarghi le opportunità per tutti i cittadini nelle diverse fasi della vita, rispettandone e valorizzandone le diversità.

La promozione dell’eguaglianza implica valorizzare il lavoro come manifestazione essenziale della creatività e della dignità dell’autonomia delle persone.

Vogliamo valorizzare il lavoro in tutte le sue forme come richiede la Costituzione, anche quello autonomo e imprenditoriale.

Questo non significa ignorare le diversità di posizioni fra lavoro subordinato e impresa, né la possibilità di conflitto. Pagina 23

Ma occorre riconoscere che oggi impresa e lavoratori sono esposti a sfide competitive comuni senza precedenti, che sono simili più di un tempo i bisogni di protezione dai rischi del futuro.

Queste sfide non si vincono senza un impegno congiunto: il che implica non solo di mettere da parte le ideologie della lotta di classe ma anche superare condizioni riduttive dei patti fra produttori, cioè fra soggetti che restano fondamentalmente divisi anche se occasionalmente disposti al compromesso.

Si tratta di ricercare forme di partecipazione sia su obiettivi specifici sia istituzionali, con la presenza dei lavoratori nei consigli di sorveglianza. Il test di questa partecipazione deve essere la capacità di servire alla crescita comune, non solo dei prodotti, ma della loro qualità, di promuovere una competitività basata non sulla precarietà del breve periodo, ma sulla valorizzazione delle risorse personali di tutti, dipendenti, manager, professionisti, sull’uso intelligente delle innovazioni tecnologiche e produttive.

La partecipazione diventa così uno strumento della eguaglianza delle opportunità economiche e sociali.

Uguaglianza significa infatti tener conto delle diversità, anche di quelle interne al mondo del lavoro dipendente.

Non vogliamo appiattirle ma vogliamo garantire a tutti i lavoratori una base comune di tutele e opportunità. Vogliamo contrastare la precarietà, non occuparcene soltanto per l'assenza di ammortizzatori sociali quando il lavoro è ormai perduto.

Vogliamo contrastare l'abuso dei contratti a termine, rendere conveniente le assunzioni a tempo indeterminato con misure di incentivo/disincentivo, facilitare i percorsi di passaggio dal lavoro precario a quello stabile, anche sperimentando forme di contratti a tutele crescenti nel tempo, che riducano la pletora degli attuali strumenti di accesso, estendendo i diritti e facilitando l'entrata al lavoro stabile soprattutto dei soggetti più deboli.

Le nostre proposte indicano chiaramente diverse misure: dal superamento delle forme di collaborazione professionale che coprono rapporti di lavoro subordinato alla estensione modulata dei fondamentali diritti e tutele alle collaborazioni genuine, con la progressiva parificazione degli oneri sociali rispetto al lavoro standard, agli ammortizzatori sociali universali per tutte le imprese e i lavoratori, compresa una tutela per chi non ha i requisiti assicurativi o ha esaurito gli ammortizzatori.

Sino alla previsione di una soglia minima di salario, comune a tutti i tipi di contratto di lavoro.

Questo zoccolo sociale comune costituisce la base per una buona occupazione e per una flessibilità sostenibile. Pagina 24

In coerenza con la nostra idea occorrono servizi efficienti per il sostegno dei lavoratori; e nello stesso tempo bisogna rendere effettiva la perdita di tutela per chi non accetta congrue offerte di lavoro e formazione.

L’eguaglianza in tema di lavoro richiede politiche per ampliare le opportunità di occupazione; necessarie anche oggi nella crisi, perché l’ampliamento del mondo del lavoro è altrettanto importante della sua riunificazione e la precarietà va combattuta anzitutto promuovendo la buona occupazione.

Per questo vogliamo sostenere con politiche attive l’innalzamento del tasso di occupazione ai livelli europei, a cominciare da sostegni specifici per i gruppi che sono più lontani dagli obiettivi comunitari.

Per le donne servono, come abbiamo detto, misure organiche che incidano nell’organizzazione dei servizi di cura e nella distribuzione dei ruoli.

Per questo sono destinate non solo alle donne ma anzitutto alla equilibrata ripartizione delle responsabilità. Politiche specifiche sono necessarie per sostenere l’occupazione e l’autonomia dei giovani: potenziamento degli obblighi/diritti di formazione, da quella di base a quella professionale e continua, rafforzamento dei contenuti formativi dell’apprendistato, che deve diventare lo strumento essenziale per la transizione tra scuola e lavoro; fondo per la dotazione di capitale per i giovani.

Un’analoga politica promozionale è necessaria per alzare il tasso di occupazione dei lavoratori over 55, anch’esso troppo basso.

Questi interventi sono particolarmente urgenti nel nostro paese che presenta un rapido invecchiamento della popolazione e un basso tasso di natalità e sono necessari per allargare la nostra base occupazionale anche ai fini pensionistici.

La promozione del lavoro, come di uno sviluppo più equo, richiede l’impegno comune delle forze sociali e politiche pur in una rigorosa autonomia reciproca.

Richiede la finalizzazione della concertazione sociale a migliorare la qualità e la produttività del nostro sistema produttivo, e alla valorizzazione professionale e retributiva del lavoro.

Deve basarsi su una autoriforma delle relazioni industriali, nel segno di un fecondo pluralismo sindacale, che dia seguito a un modello contrattuale condiviso articolato su due livelli, nazionale e decentrato, capace di tutelare il potere d’acquisto delle retribuzioni attraverso un’effettiva redistribuzione della produttività e di promuovere l’innovazione organizzativa, la qualità dei rapporti e la partecipazione dei lavoratori in azienda.

L'uguaglianza infine deve essere la parola chiave anche nei rapporti internazionali, con nuove forme di governance multilaterali, che contrastino l'azione di un mercato e di un commercio senza regole e che diano voce a tutti i paesi, compresi quelli più svantaggiati. Pagina 25

Per questo vigileremo che vengano mantenuti gli impegni presi dal nostro governo al G8 in materia di cooperazione allo sviluppo, la grande tradita di questo anno di governo.

La quarta parola è MERITO.

Una parola profondamente legata a quella precedente, a uguaglianza

Per sottrarsi alla retorica della meritocrazia occorre che il merito divenga la chiave della vita sociale e sia concepito come la leva fondamentale per superare molte delle ingiustizie sociali che opprimono la nostra società, per rimettere in moto la mobilità sociale.

Merito per noi significa riconoscere e valorizzare le capacità delle persone, significa avere la speranza di migliorare la propria vita e quella dei propri figli.

Merito non vuol dire competizione sfrenata ma riconoscimento dei talenti, dell'impegno, del valore del lavoro. Non si contrappone ai bisogni.

L'egualitarismo indifferenziato ha prodotto nel corso dei decenni più recenti, gravi e profonde ingiustizie sociali.

Per questo l'affermazione del merito può tradursi, se declinato con rigore, in un fattore di forte discontinuità culturale, in una battaglia profondamente democratica.

Per questo le nostre proposte si rivolgono a tutti, alle componenti più dinamiche della società, che non devono temere di essere penalizzate e a quelle più esposte ai rischi di emarginazione, che vanno sostenute nella loro crescita.

Oggi la società italiana è prevalentemente organizzata su sistemi di cooptazione basati su relazioni familiari, professionali, politiche, sindacali, associative o di altro genere.

Relazioni che condizionano l'accesso a carriere pubbliche e private, alle professioni come allo svolgimento di attività di impresa in una serie di settori protetti da potenti barriere. Pagina 26

La nostra battaglia deve rompere questo immobilismo, settore per settore.

Deve innestare radicali cambiamenti per aprire tutti i campi e per investire sulla intelligenza e la creatività dei ragazzi italiani.

La creatività e i talenti si sviluppano a cominciare dalla scuola.

Per questo occorre investire di più in educazione, a cominciare dalla prima infanzia e poi ai vari livelli della scuola, fino alla formazione permanente.

Servono più risorse, non tagli.

Risorse che tengano conto dei bisogni, ma anche della qualità dell’insegnamento per stimolare tutti, insegnanti e studenti a migliorare, per responsabilizzare ciascuno a mettere a frutto il tempo preziosissimo della scuola.

La scuola è un luogo di servizio, di apprendimento e di responsabilità, non un parcheggio.

Vogliamo una scuola autonoma, responsabile e valutabile nei risultati.

Una scuola aperta al mondo esterno, non chiusa su se stessa, che favorisce la crescita sia delle conoscenze sia delle esperienze.

Una scuola aperta e moderna deve investire nelle nuove tecnologie, insegnare la confidenza con i nuovi mezzi tecnologici pc, programmi, internet, da cui nascono nuove professioni.

Occorre anche rilanciare le scuole dell’arte e le facoltà connesse alla cultura, all’arte, alla sua conservazione e recupero ed insieme ad esse anche le facoltà scientifiche.

Il criterio del merito, associato a quello del dovere, deve riguardare in primo luogo la scuola e le università, gli studenti e le loro famiglie.

Ma deve poi riguardare anche la progressione di carriera dei docenti e deve diventare il criterio per il trasferimento di risorse da parte dello Stato alle singole università, con certificazione di qualità in base a parametri europei.

Solo praticando i principi del merito, dell'innovazione, della responsabilità, siamo credibili nel pretendere più autonomia alla nostra scuola e alla ricerca, nel chiedere maggiori investimenti in questi settori per portarli ai Pagina 27

livelli di qualità necessari a competere nel mondo, a ridare prospettive ai giovani e a formare la futura classe dirigente del paese.

L’università deve essere all’avanguardia nella valorizzazione dei talenti dei giovani. Quindi occorre combattere chiusure corporative e clientelari, introdurre criteri di merito nella selezione per gli accessi, per i ricercatori, nella valutazione dei docenti, delle università e dei loro dipartimenti.

Ai giovani meritevoli vanno offerte, sulla base di valutazioni severe, borse di studio e poi contratti di ricerca di ammontare e durata adeguati, come in altri paesi.

A chi mostra di avere capacità scientifica vanno offerte prospettive controllabili di carriera, cominciando da subito con il reclutamento "in campo aperto" di giovani ricercatori.

Così si offrono vere opportunità e autonomia ai giovani che vogliono investire nell’educazione e nella ricerca di cui il nostro paese ha estremo bisogno.

E per questo si possono anche far pagare più tasse universitarie a chi se lo può permettere.

Questa impostazione mirata alla valorizzazione del merito va adottata in tutto il settore pubblico dove l'ottica attuale deve essere corretta: mettersi non soltanto dalla parte dei dipendenti o degli amministratori pubblici ma dalla parte dei cittadini.

Non si può più attribuire le inefficienze solo e sempre alla mancanza di risorse.

Non è vero che più soldi generano sempre più qualità.

Molto dipende da una migliore organizzazione, da procedure semplificate, dall'impegno di chi vi opera. E chi opera bene va riconosciuto e premiato.

Per migliorare il lavoro dei pubblici dipendenti non bastano i proclami e neppure le minacce.

E’ importante motivare il personale con politiche incentivanti le buone pratiche, gestire con imparzialità i rapporti sindacali e di lavoro, assegnare alle unità amministrative obiettivi di qualità fornendo strumenti necessari.

Per andare in queste direzioni non basta la legge, tanto meno leggine invasive della contrattazione dei vari contenuti del rapporto di lavoro.

Le esperienze passate mostrano come questo uso legislativo sia stato distorsivo della buona amministrazione. Pagina 28

Occorre invece responsabilizzare la dirigenza valorizzandone i poteri organizzativi, le responsabilità nella gestione dei rapporti di lavoro, e l’autonomia nell’interlocuzione con il sindacato, ma anche difendendoli dall’invadenza della politica che con questo governo è molto cresciuta.

Sono le debolezze e la scarsa autorevolezza dell’interlocutore pubblico che hanno ridotto l’efficienza della Pubblica amministrazione, frustrato molti tentativi di riforma, e alterato il valore della contrattazione collettiva come strumento di regolazione e di riforma del lavoro pubblico.

Noi siamo interessati a rafforzare la contrattazione, mantendone il compito essenziale di regolazione consensuale dei rapporti di lavoro, senza sconfinamenti nella responsabilità della dirigenza, ma difendendolo dalle incursioni legislative.

Vogliamo migliorare i processi negoziali secondo le proposte da noi avanzate in parlamento.

Il merito deve affermarsi anche nello spazio dell'attività economica privata.

Un'idea meritocratica del mercato non vuol dire affatto liberismo.

Vuol dire affermare, anche nei rapporti economici una nuova etica della responsabilità, regole dei mercati e trasparenza a tutela delle imprese e dei cittadini.

Valorizzare il merito nelle imprese vuol dire anche superare le prassi scandalose che vedono stipendi d’oro per molti dirigenti e speculatori convivere con stipendi ingiustamente bassi di tanti collaboratori, giovani e meno giovani.

Sta alle forze progressiste mostrare che la risposta conservatrice, apparentemente protettiva e tranquillizzante, in realtà non crea un nuovo ordine ma cerca solo di rinviare il problema e di tenere tutto drammaticamente immobile.

La quinta e ultima parola è QUALITA'

Nel mondo globalizzato ogni paese, ogni economia nazionale dovrà rinunciare ad essere competitiva su tutto e dovrà puntare sui terreni su cui è più forte e vincente. Pagina 29

Alcune nazioni punteranno sul basso costo della mano d'opera, altre sulle grandi estensioni territoriali, altre sulle materie prime.

L'Italia dovrà puntare sulla qualità. L'economia di qualità basata sulla conoscenza è la strada indicata dall'Europa e adottata ormai anche dai paesi emergenti.

L’Italia deve imboccare questa strada, e anzi primeggiare.

L'economia di qualità fa leva sulle risorse delle persone contro l'egemonia del consumismo di massa, sull'utilità di uso dei prodotti piuttosto che sul loro valore di mercato e sulla loro ostentazione, che tiene conto della sostenibilità ambientale e di tutte le scelte e utilizza le conoscenze scientifiche per migliorare gli equilibri ecologici.

Puntare sulla qualità indica una nuova direzione dello sviluppo, che supera l'idea della crescita quantitativa fine se stessa, dimostratasi spesso distorsiva e illusoria.

Comporta un diverso modo di concepire il successo economico.

Questo non può consistere solo nella crescita del Pil ma deve risultare da indicatori più complessi che misurino lo "sviluppo umano": la qualità delle relazioni personali e dell'ambiente, la distribuzione delle ricchezze e delle opportunità, l'accesso ai saperi e alla mobilità sociale, le aspettative di vita, le possibilità effettive delle persone di realizzare le proprie aspirazioni.

Nella nostra concezione la qualità economica si congiunge e si rafforza con la qualità sociale.

La crescita si deve basare non sullo sfruttamento indiscriminato dei fattori produttivi, ma su una elevata qualificazione professionale del lavoro, su condizioni produttive e normative rispettose delle persone e delle comunità.

Questi sono gli orizzonti con cui vogliamo che il nostro paese si misuri.

Puntare sulla qualità significa puntare sull'eccellenza, sulla parte alta della filiera produttiva, dove contano di più la creatività e il capitale umano.

Significa investire in conoscenza.

Scuola, scuola, scuola e poi università, ricerca, innovazione, cultura.

Significa valorizzare la capacità di produrre o di inventare cose che piacciono a un mondo voglioso di qualità. Pagina 30

Alle Olimpiadi di Pechino erano piemontesi le pavimentazioni degli impianti sportivi, bresciani i fucili che hanno vinto medaglie, marchigiane le macchine elettriche, lombarde le piscine, toscani gli scafi del canottaggio, del CNR la centrale di monitoraggio ambientale più grande al mondo.

Qualità significa valorizzare la bellezza del proprio territorio, delle coste, delle nostre montagne, delle città e dei borghi italiani, della loro storia e del loro patrimonio culturale.

Valorizzare un tessuto di piccole e medie imprese legate al territorio e attente alla qualità.

Valorizzare le radici e le nostre tradizioni, un intreccio unico di storia e cultura, di agricoltura e prodotti tipici, di buona cucina, di coesione sociale e qualità della vita.

Tornare a investire in beni culturali invece di tagliare le risorse come fa il governo. E promuovere una politica moderna del turismo, che valorizzi le sue grandi potenzialità per il Paese.

L'Italia è la risorsa dell'economia italiana.

Difenderla dalla devastazione e dal saccheggio è come per l'economia di un paese arabo tutelare le proprie risorse petrolifere.

Anche per questo valorizzare e investire sull'ambiente e l'economia verde deve essere la nostra priorità.

La green economy sarà nel prossimo decennio ciò che è stata la rivoluzione informatica negli anni 80, il nuovo motore dell'economia mondiale.

Chi raccoglierà questa sfida sarà protagonista, chi si attarderà è destinato a rimanere ai margini.

I risultati del recente G8 hanno segnato una timida inversione di tendenza nell'impegno per le energie rinnovabili e contro il riscaldamento globale.

Occorre fare di più.

Noi vogliamo che l'Italia faccia proprio il programma della presidenza Svedese dell'Unione europea e per questo proponiamo che si alleggeriscano le tasse sulle imprese che mettono in atto comportamenti meno inquinanti.

Noi vogliamo che l'Italia guidi una rivoluzione verde, vogliamo estenderne le grandi opportunità a tutti i territori, a cominciare da quelli del Sud, che su questi temi potrebbe riscoprire una vocazione che traini il suo sviluppo. Pagina 31

La ricerca della qualità nella sua dimensione più ampia deve riguardare tutte le condizioni materiali e ambientali che determinano la vita delle persone e la convivenza civile: dagli assetti del territorio e delle città, alla fruizione dei beni e delle occasioni culturali, all'accesso ai servizi personali e collettivi (mobilità, assistenza, abitazione).

Politica e amministrazione sono chiamate in causa per creare le condizioni di contesto necessarie a sostenere queste scelte di qualità.

Lo insegnano le esperienze di altri paesi e di grandi città i cui amministratori sono intervenuti attivamente su questi terreni, fino ai dettagli del vivere quotidiano, dalla qualità dei trasporti pubblici, agli asili per bambini, al recupero dei centri storici, alla cura delle aree verdi e dei luoghi del vivere comune.

Per centrare questo obiettivo serve un Partito Democratico più coraggioso e più netto nei suoi sì e nei suoi no.

Sì a una radicale riconversione del nostro sistema energetico verso l'efficienza, il risparmio, le fonti rinnovabili.

No al nucleare del passato, pericoloso e costosissimo.

Sì a una rivoluzione fiscale che alleggerisca il prelievo su lavoro e imprese che inquinano e consumano meno.

No all'abusivismo e al consumo spregiudicato di territorio.

Sì all'edilizia di qualità, alla sicurezza antisismica e al recupero e alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente.

No a tutte le forme di illegalità ambientale, cominciando da una lotta senza quartiere alle ecomafie e dall'inserimento dei reati ambientali nel codice penale.

Sì a uno sviluppo locale e urbano che scelga una mobilità più sostenibile e meno soffocata dal trasporto su strada, che opti per sistemi moderni di smaltimento dei rifiuti.

E' su questa rotta che oggi deve muoversi l'Italia.

Dobbiamo avere fiducia nei nostri talenti. Pagina 32

Abbiamo territori ricchi di saperi, di creatività, di comunità che conservano qualità della vita e forte coesione sociale.

Dobbiamo valorizzare questi talenti con l'innovazione, sfruttando le grandissime opportunità offerte dalle nuove tecnologie.

Ma dobbiamo farlo.

Ricostruire un'identità del nostro campo e farci capire dagli italiani con parole chiare

Sarà un lavoro lungo e difficile. Serviranno passione e tempo.

Un lavoro importante anche perché su questa base poi costruiremo la nuova alleanza con cui candidarci alla guida del Paese e vincere.

Vogliamo tornare a vincere e quindi sceglieremo la strada delle alleanze anche per il governo nazionale, come abbiamo fatto nei comuni e nelle province e come faremo il prossimo anno nelle regioni.

Ma dobbiamo dire con chiarezza che non torneremo a quella stagione delle coalizioni frammentate e litigiose, costruite con l'unico collante del nemico.

Quel tipo di coalizione che ha sempre colpevolmente coperto la qualità dell'azione dei governi di centrosinistra.

Formeremo una alleanza che dia agli italiani la garanzia di un programma condiviso e realizzabile. Credibile non solo per vincere ma anche per poi riuscire a governare.

E difenderemo i principi del bipolarismo e dell'alternanza tanto faticosamente conquistati.

Non torneremo indietro, ad un centro-sinistra col trattino, basato su una divisione di compiti nel raccogliere consenso o nel rappresentare pezzi di società e che circoscriva la nostra capacità espansiva.

Solo ipotizzarlo significa dichiarare fallita l'esperienza del Pd, che è nato proprio sul superamento di quella divisione di compiti e significa non avere capito che quello schema si trascina forse in pezzi di classe dirigente ma non esiste più da tempo nel nostro popolo.

Un unico popolo fin da prima che nascesse il Partito democratico. Pagina 33

Non torneremo nemmeno indietro a scelte politiche né accetteremo leggi elettorali che spostino a dopo il voto la scelta delle alleanze, sottraendo ai cittadini il diritto di conoscerle e sceglierle prima.

Dopo che gli è stato già tolto il diritto di scegliere le persone da eleggere. Diritto che noi vogliamo venga restituito a loro, con il ritorno ai collegi uninominali, compatibili con diversi modelli di legge elettorale, ma sempre in grado di mantenere il migliore rapporto tra un eletto e il suo territorio.

Per preparare una nuova alleanza servono pazienza e lavoro.

Oggi caratterizzarsi e scontrarsi nel dibattito congressuale soltanto sulla scelta dei possibili alleati di domani sarebbe prova di una sconcertante povertà di idee. Fare l'opposizione insieme con altri partiti, individuare battaglie comuni, in Parlamento e nel Paese, sui contenuti dell'azione di governo, sarà il terreno migliore per sperimentare la possibilità di formare una alleanza coesa e credibile.

Fare l'opposizione.

Parliamo troppo poco di questo.

Eppure questo oggi è il nostro compito principale. Il compito che dobbiamo svolgere anche in questi mesi di congresso, tenendo distinto il piano del dibattito interno dall'esigenza di rappresentare le posizioni del partito all'esterno in modo unitario e condiviso.

Dobbiamo continuare a mettere in campo proposte per risolvere i problemi del Paese ma questo non è in alcun modo in contrasto con quello che fanno le opposizioni in tutte le democrazie del mondo: si oppongono.

Criticano l'azione del governo, ne denunciano le omissioni e le colpe.

Noi dobbiamo riuscire a farlo con più determinazione.

Non dobbiamo farci condizionare dalle parole dei nostri avversari o di quei politologi interessati che ci accusano di antiberlusconismo ad ogni critica che facciamo.

Contrastare il governo non è antiberlusconismo.

Essere riformisti non significa restare zitti.

Un riformista alza la voce, batte i pugni sul tavolo quando vede violentati lo stato di diritto e le istituzioni democratiche, quando vede un governo che nega la crisi e le difficoltà di milioni di italiani, che non approva né riforme strutturali né misure per fronteggiare l'emergenza. Pagina 34

Un riformista alza la voce e batte i pugni sul tavolo quando un capo del governo attacca la stampa libera e il diritto di cronaca, quando intimidisce imprenditori e editori, quando offende le istituzioni internazionali, colpevoli solo di dire la verità.

La verità.

Questa cosa per lui così strana e pericolosa.

Fare l'opposizione con fermezza e contemporaneamente mettere in campo proposte per fronteggiare la crisi.

E poi fare il partito.

Perché il partito lo stiamo ancora costruendo.

E il congresso sarà l'occasione per fargli fare un grande passo in avanti.

Per questo non dobbiamo temerlo o viverlo come una lacerazione, o addirittura come l'anticamera di una scissione.

Qualsiasi cosa accada noi resteremo insieme. Ma abbiamo bisogno di un confronto vero e onesto tra visioni differenti sul futuro e su quello che abbiamo fatto da quando il PD è nato.

Ci sono certamente stati limiti e abbiamo fatto errori, abbiamo già attraversato sconfitte e risultati positivi, come sempre è stato e sempre sarà.

Ma per una volta vorrei che tutti noi rivendicassimo il lavoro che insieme abbiamo fatto.

Rivendicassimo con orgoglio il lavoro straordinario che insieme abbiamo fatto.

In venti mesi abbiamo dovuto sciogliere i partiti precedenti, darci regole e statuti, radicare i circoli. Abbiamo fatto le primarie, gestito due campagne elettorali.

In venti mesi abbiamo costruito uno dei più grandi partiti del campo progressista. Alle elezioni europee di quel campo siamo diventati il primo partito, il partito che ha preso più voti.

Abbiamo cambiato la politica italiana, chiudendo la stagione della frammentazione politica e delle coalizioni contro. Pagina 35

Abbiamo fatto nascere oltre 6000 circoli, abbiamo ormai incrociato e mescolato le nostre provenienze, come questo congresso sta dimostrando, abbiamo oltre mezzo milione di iscritti e migliaia di quadri e amministratori.

Su questo lavoro oggi possiamo investire.

Da questo lavoro, anche dai nostri errori, possiamo ripartire per costruire il partito.

Un partito che coltiva le diversità culturali al suo interno come una ricchezza, ma che cerca e trova la sintesi.

Diversità non significa galleggiare e non scegliere.

Significa dialogare, accettarsi e poi decidere. Nel modo più semplice e antico, quello che per noi sembrava un tabù: votando.

In questi quasi cinque mesi da Segretario ho cercato di fare così: su temi che sui giornali sembravano destinati a spaccarci drammaticamente, abbiamo discusso e votato.

Dalla scelta sul referendum, alla convocazione del congresso sino alla nascita del nuovo gruppo parlamentare al parlamento europeo, l'Alleanza progressista.

E fatemi dire che questa è la nostra vittoria politica più bella. Sul terreno che a tutti sembrava il più insidioso e insormontabile, abbiamo fatto fare un passo enorme a tutte le forze democratiche e socialiste europee verso una nuova casa comune.

E così continueremo a fare: discutere e decidere, anche sui temi più difficili, a cominciare da quelli eticamente sensibili.

Diremo no a chi pensa che su un terreno così nuovo e delicato, che interroga e riempie di paure e di speranze le coscienze di laici e cattolici allo stesso modo, il confronto voglia dire soltanto sbattersi reciprocamente in faccia la propria verità.

Ci aspetta alla Camera il lavoro sul testamento biologico.

Ci ascolteremo, dialogando. Ma alla fine decideremo la posizione del partito. Rispetteremo fino in fondo chi non si sentirà di condividerla, ma decideremo.

Sarà il modo più onesto di interpretare la laicità del nostro partito e di rispettare il principio intoccabile della laicità dello stato.

Quello che sta scritto nella nostra Costituzione e che appartiene a tutti noi, laici e cattolici del PD. Pagina 36

Lo hanno detto molto chiaramente i 60 parlamentari cattolico- democratici nella lettera con cui due anni fa hanno spiegato il rapporto tra la loro scelta di fede e la laicità nelle scelte politiche e parlamentari.

E non dobbiamo cadere nella tentazione di far diventare questo tema il terreno dello scontro e delle divisioni congressuali.

Deve essere invece la base condivisa del nostro percorso comune.

La laicità oggi non è più soltanto il principio che regola il rapporto tra Chiesa cattolica e Stato.

Nella società aperta, nel mondo globale e plurale, il tema della laicità va declinato in modo più ampio.

Non si può parlare al singolare: esistono fedi e culture diverse che sono chiamate a convivere.

E questo pluralismo è caratterizzato da valori e tradizioni a loro volta diversi, che talvolta possono essere in conflitto.

Essere laici nelle società contemporanee significa accettare che nessuna scelta politica sia sottratta alla faticosa strada delle necessarie sintesi.

Sapendo con certezza che nessuna legge potrà mai essere l'automatica traduzione di un valore religioso.

La laicità, dunque, oggi è la garanzia della libertà di tutti, credenti in una fede o non credenti, nello spazio pubblico, nei loro diritti civili.

E non si può pensare ad un baluardo più solido, a difesa dello Stato laico, di un grande partito come il PD.

Un partito forte perché radicato nella complessità del popolo italiano, e quindi capace di resistere ad ogni tentativo di condizionarne le scelte.

E un partito plurale. Un partito che fa della contaminazione tra le visioni del mondo e le culture politiche al proprio interno, un argine efficace contro tutti gli integralismi e i fondamentalismi, religiosi come ideologici.

Poi vogliamo un partito aperto.

Che spalanca i propri gruppi dirigenti a quelle persone, soprattutto a quei giovani e quelle donne, che non hanno appartenenze precedenti e che hanno scelto di cominciare il loro impegno politico con il Pd.

Quelli che vorrebbero entrare e impegnarsi ma spesso non sanno nemmeno a che porta bussare e invece abbiamo un bisogno enorme della loro freschezza e delle loro energie. Pagina 37

Un partito che investe e spende nella formazione politica.

Questa cosa preziosa e dimenticata. Indispensabile per spazzare l'idea superficiale che si possano avere responsabilità politiche senza un percorso di preparazione e di studio che comincia dal basso, dalla gavetta.

Un partito in cui il rinnovamento necessario dei gruppi dirigenti non ha nulla a che vedere col "nuovismo" scelto dall'alto, ma significa valorizzare e investire sull'esperienza e sul radicamento territoriale di sindaci, di amministratori, di segretari provinciali e coordinatori di circolo, di parlamentari e quadri del partito.

Appena eletto segretario ho pensato di dover fare così, ho sciolto i vecchi organi collegiali e ho formato una segreteria costituita da un Sindaco, un Presidente di Provincia e uno di Regione, un segretario regionale e uno provinciale, una parlamentare e un consigliere regionale.

Per questo non devo fare promesse, ma soltanto dire che con questi stessi criteri comporrò la mia futura squadra.

Un partito che difende come oro la forza dei propri militanti.

Tutte quelle persone che hanno scelto, iscrivendosi al partito, di dedicare una parte della propria vita a un ideale, tenendo aperti i circoli, distribuendo volantini e giornali, animando le feste di partito, appassionandosi per la politica.

Ma un partito che sa anche che nella società di questo secolo esistono altre forme di partecipazione a un progetto politico, meno stabili ma non per questo meno vere e appassionate.

Cambiamo lo statuto dove non funziona. Rivediamo le regole del tesseramento per avere più apertura e più trasparenza insieme.

Mettiamo un po' d'ordine nelle regole ma non rinunciamo alla scelta che abbiamo fatto alla nascita del Pd, di affidare agli iscritti le scelte del partito e l'elezione degli organi territoriali, affiancando a loro gli elettori, da chiamare nei momenti delle grandi scelte, com'è certamente l'elezione di un segretario nazionale.

Non alziamo barriere.

Gli elettori del Pd non sono estranei, sono parte di noi. Sono quelli che arrivano nelle grandi mobilitazioni civili, che ci sostengono nelle campagne elettorali, che riempiono le piazze e i comitati.

Ecco perché difendo questo equilibrio e perché penso che le primarie del 25 ottobre saranno un'altra momento importante per noi e per la democrazia italiana. Pagina 38

Io voglio un partito solido.

Ma fare un partito solido nel 2009 non significa rispolverare i modelli di cinquant'anni fa.

Poi un partito nazionale e federale insieme che, dentro una missione unitaria, lasci ai partiti regionali autonomia politica e statutaria nella scelta del modello organizzativo, delle alleanze, dei candidati, delle priorità programmatiche.

Partiti regionali che, come prevede il nostro statuto, possano decidere di aggregarsi per aree geografiche omogenee, nel nord o nel sud del paese, per dare più forza, organizzativa e politica alla nostra azione, tenendo conto delle specificità dei territori e degli attori istituzionali e politici che vi operano.

Un partito che valorizzi i suoi legami con le comunità italiane nel mondo e che metta in campo strumenti nuovi per potenziare il collegamento e il coinvolgimento strategico di quelle realtà.

Un partito infine radicato sul territorio, che vuole avere un circolo in ogni paese, in ogni quartiere con una sede aperta.

Circoli che non siano solo luoghi per misurare i rapporti di forza nei congressi o per comporre organi e giunte, ma che si occupino del territorio e dei problemi delle comunità locali in cui sono.

Questo è il radicamento.

Circoli come antenne per ascoltare e capire l'Italia.

Ce ne sono migliaia che sono nati così e che vogliono restare così. Li ho incontrati dappertutto girando città e comuni, prima e durante la campagna elettorale.

Circoli e iscritti che rifiutano di appartenere a tizio o a caio, a un capo o all'altro.

Che sono nati liberi e vogliono restare liberi.

Che al congresso voteranno il Segretario nazionale non in base all'indicazione ricevuta da qualcuno che conta ma secondo coscienza, scegliendo il candidato per pensano farà meglio per il loro partito.

Guardando non da dove viene ma dove vuole andare.

Un Patto con i Circoli.

Questa è la mia proposta per il congresso. Pagina 39

Un Patto che rispetti la pluralità di culture che arricchiscono il partito.

Che non le teme. Che non cerca di fare prevalere una identità sulle altre.

Avere scelto di fare un grande partito significa necessariamente imparare ad accettare le diversità che ci sono ancora tra noi.

Sentirsi come un fiume, come un grande fiume che raccoglie e mescola le acque di tanti affluenti e le porta verso il mare lontano.

L'arcipelago di storie e provenienze che sostengono la mia candidatura non è un limite è una ricchezza.

Sarà mia la responsabilità di fare sintesi, e di trasformare in un messaggio condiviso e unico questa varietà di posizioni. Che sono però, voglio dirlo con chiarezza, la migliore garanzia che il Partito Democratico resterà fedele all'idea che l'ha fatto nascere.

Che non torneremo indietro.

Che non torneremo a riconoscerci nelle provenienze che abbiamo scelto liberamente e consapevolmente di lasciare alle nostre spalle.

Ci vuole sempre più coraggio quando si sceglie di andare avanti.

Fermarsi o tornare indietro può essere più tranquillo e rassicurante, soprattutto in un tempo di paure e incertezze.

Ma noi vogliamo un partito che ha il coraggio di rischiare.

Un partito che ha coraggio nel costruire se stesso e il proprio radicamento con pulizia e con rigore, che ha coraggio sia nell'ammettere i propri errori che nel rivendicare con orgoglio i risultati della sua giovane storia.

Un partito che ha coraggio nel fare l'opposizione, sfidando la prepotenza e il potere di questa destra con la forza delle ideali, della voce, delle mani e delle braccia di migliaia di donne e di uomini.

Un partito che ha coraggio nello svegliare la coscienza civile di un paese che sotto la crosta è pieno di forza e di energia positiva, di talenti e di voglia di futuro.

Un partito che propone all'Italia il cambiamento contro la conservazione.

Oggi, davanti a voi, assumo l'impegno di mettercela tutta. Pagina 40

Ho cominciato ad amare la politica a 16 anni, in una assemblea studentesca che non potrò mai dimenticare, piena di giovani che si infuocavano di amore per le loro idee, così lontane, così diverse, così assolute.

Credevamo tutti che la politica fosse la chiave per cambiare il mondo.

Da allora ho incrociato speranze e amarezze, ho iniziato a 20 anni in consiglio comunale e mi sono trovato segretario del partito che ho sempre sognato, ho fatto errori, ho conosciuto l'entusiasmo e la disillusione.

Ma sono ancora convinto che la politica sia quella chiave per cambiare il mondo, sia la chiave per costruire il giorno che viene.

"Ogni mattina -ha scritto David Maria Turoldo- quando si leva il sole, inizia un giorno che non ha mai vissuto nessuno".

Abbiamo davanti a noi un tempo che vale la pena vivere.

Sarà un tempo di sfide dure e bellissime.

Sarà il nostro nuovo giorno. E noi lo vivremo.

1

DISCORSO PRESENTAZIONE MOZIONE

MILANO 23 LUGLIO 2009, CAMERA DEL LAVORO

Un mio carissimo amico di recente mi ha detto che la bellezza della

politica è quando all’improvviso, come accade con una scoperta

scientifica, si aprono squarci inaspettati. Le intelligenze si uniscono, le

coscienze si allertano, gli animi si risvegliano. Ed è per questo che

siamo qui, oggi. Siamo qui perché crediamo che la nostra proposta

per il congresso del Partito Democratico possa riprendere in mano lo

spirito del Lingotto del 2007 e portarlo avanti. Abbiamo volontà,

immaginazione, coraggio, quelle doti che Robert Kennedy definiva

parlando della gioventù: "che non è una stagione della vita, ma una

categoria del pensiero, una forza di volontà, una dote

dell'immaginazione, una predominanza del coraggio sulla timidezza,

un desiderio di avventura che prevalga sull'amore per le comodità".

Quando tre anni fa ho deciso di ritornare in Italia dopo più di

vent’anni passati a lavorare in università e ospedali inglesi e

americani, confesso che non ero preparato a confrontarmi con l’Italia

del 2006. Vivendo all'estero non potevo rendermi conto fino in fondo

del significato di tutto quello che leggevo sui giornali e tramite

internet. Un paese "bloccato", dove la mobilità sociale si è affievolita

quasi a scomparire e dove il diritto e l’aspirazione dei figli ad avere

una posizione migliore rispetto ai genitori è diventata l’eccezione e

non la regola; e dove i nostri ragazzi e le nostre ragazze non possono

nemmeno immaginare di emanciparsi, di correre con le proprie

gambe senza l’aiuto dei genitori. Un paese che premia più la furbizia

del senso civico e dove accade che venga considerato il migliore colui

che riesce a farla franca aggirando le regole.

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Un paese dove le "pari opportunità" sono un dipartimento di Palazzo

Chigi e non un principio chiaro che dovrebbe riguardare tutti e che

significa semplicemente che ognuno, ogni singolo individuo,

indipendentemente dal sesso, dall’età, dagli orientamenti personali,

dalla condizione sociale, dalla provenienza geografica, deve avere la

possibilità di dimostrare quanto vale.

Nel mestiere di chirurgo ho imparato a non fidarmi delle apparenze e

per questo ho deciso di mettermi in viaggio, alla ricerca dell’Italia che

io conservavo nel cuore e che non trovavo più. Ho attraversato le

regioni da nord a sud, da est a ovest, sono stato negli ospedali, nelle

parrocchie, nelle associazioni, nei centri anziani, nelle università...

Ho incontrato persone di grande intelligenza, forza di volontà e

dedizione, fortemente ancorate ai principi e alla cultura della

solidarietà che caratterizzano l’Italia.

Ho conosciuto tantissime donne che, pur nelle mille difficoltà di una

vita professionale precaria, non hanno rinunciato a impegnarsi nel

lavoro in un'associazione o nel volontariato… Ragazze, giovani, donne

e uomini, che pur affrontando mille ostacoli non si accontentano, non

si adattano, mantengono dritto il timone su principi solidi, perché

credono nel poter cambiare le cose quando non funzionano.

Molti in queste ultime settimane mi hanno detto: "professore, ma che

cosa spera di fare, qui in Italia non cambierà mai niente, sono tutti

uguali, e poi la politica è inutile, vogliono solo avere il potere e le

poltrone …". So bene quanto questi sentimenti siano diffusi,

diffusissimi, ma non possiamo adagiarci o, peggio, rassegnarci.

È necessario intervenire, agire, esprimere la nostra opinione. Come

ha scritto di recente il Cardinale Carlo Maria Martini, tanto amato in

questa città: "un cristiano non si perde in tendenze moderne e in ciò

3

che è alla moda o che tutti vogliono. Dobbiamo aiutare il mondo a

trovare una direzione…. Non siamo solo una goccia che nuota nella

corrente della società, dobbiamo decidere dove la società debba

andare".

Durante questo mio andare in giro per l’Italia, soprattutto di notte,

viaggiando in macchina o in treno, mi attraversava un pensiero: ma

che cosa unisce tutte queste persone, qual è il collante che può ridare

speranza, entusiasmo, che può fare si che un giovane italiano non

consideri la politica come qualche cosa di sporco da cui tenersi alla

larga?

Quali sono i valori, POCHI, CHIARI, IRRINUNCIABILI, in cui tanti si

possono riconoscere? Qual è il principio che rappresenta il faro per

tutti coloro che guardano al Partito Democratico come al loro naturale

riferimento politico?

Veniamo al punto: perché il PD ha scelto proprio la parola

"democratico" per definire la sua identità? Democratico non è un

aggettivo qualificativo e non è nemmeno una banalità. Non voglio

ripercorrere la storia del nostro paese, ma c’è voluto del tempo

perché nel pensiero politico si affermasse l’idea che la democrazia

rappresenti compiutamente un’opportunità di progresso e di crescita

per la società. Ancora oggi, lo vediamo, chi governa il paese vive

spesso con fastidio i processi che uno stato democratico come il

nostro si è dato attraverso la Costituzione. Come senatore, in questa

legislatura, mi sono trovato, nel 95% dei casi, a giudicare con il mio

voto provvedimenti emanati dal Governo e non leggi di iniziativa

parlamentare. Stiamo assistendo, quasi senza reagire, a una sorta di

cambiamento materiale della Costituzione.

4

E spetta a noi, che siamo in questo momento all'opposizione, vigilare,

denunciare e contrastare ogni tentativo di ridurre gli spazi della

democrazia e riaffermare che una democrazia fondata su procedure

chiare e regole certe, è sorella della decisione e non sua nemica. La

decisione plebiscitaria, solitaria e non trasparente sarà sempre

sottoposta alla pressione di lobby e forze potenti, che alla fine la

renderanno contraddittoria, fragile ed esposta alle più varie

contestazioni. La vera democrazia, invece, coinvolge e decide. E

l’Italia ha bisogno di una classe dirigente che sia nelle condizioni di

poter decidere.

D'altra parte, nel 2007, quando abbiamo fondato il PD, abbiamo

proclamato a voce alta e con convinzione che ogni traguardo può

essere raggiunto utilizzando le procedure e attivando le risorse della

democrazia. Da qui discende tutto.

• Non c’è vera democrazia, infatti, se si conosce già il nome e il

cognome di chi otterrà un posto all’università o un

finanziamento per la ricerca ancora prima che il concorso venga

bandito;

• non c’è democrazia se vengono trattati come delinquenti uomini

e donne che hanno la sola colpa di essere gli ultimi della terra;

• non c'è democrazia se la scuola pubblica non è in grado di

assicurare a tutti i bambini e ragazzi, lo stesso livello di qualità

dell'istruzione;

• non c’è democrazia se un cittadino deve prendere il treno e

andarsene dalla propria terra, lontano dai propri affetti, per

curarsi da una grave malattia;

• non c’è democrazia se un imprenditore non può esercitare la

propria attività in un mercato trasparente e libero, dove le

regole sono rispettate e la concorrenza protetta;

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• non c’è democrazia se economia, diritti, ambiente in una parte

dello Stato sono soffocati dalla criminalità organizzata.

In estrema sintesi: non c'è vera democrazia se non rimettiamo al

centro dei nostri pensieri e delle nostre azioni la persona!

L’Italia ha bisogno di tornare a prendersi cura della propria

democrazia. Ha bisogno di includere un maggior numero di cittadini

nelle decisioni collettive e nella vita pubblica, ha bisogno di rafforzare

la propria comunità nazionale per avere un ruolo chiaro nel mondo

globalizzato.

A volte, non dobbiamo nascondercelo, anche il PD è apparso assai

poco democratico… Il progetto iniziale si è appannato, è diventato

confuso agli occhi di chi ci guarda. È ora di rilanciare quel progetto,

arricchirlo e correggere gli errori commessi. Ricordiamo Antonio

Gramsci quando nei Quaderni del carcere scriveva: "nel succedersi

delle generazioni può avvenire che si abbia una generazione anziana

dalle idee antiquate e una generazione giovane dalle idee infantili,

che cioè manchi l'anello storico intermedio, la generazione che abbia

potuto educare i giovani"... E allora, la fase congressuale che stiamo

avviando in queste settimane rappresenta una grande opportunità

per mettere alla prova il valore della democrazia in cui crediamo.

Noi crediamo in un partito che metta gli elettori e i circoli al primo

posto. Un partito la cui identità sia riconoscibile e credibile. Un partito

che punti alla partecipazione più estesa e, al contempo, sappia offrire

con chiarezza il senso delle proprie posizioni.

Vogliamo FARE il nostro partito e VIVERLO: un partito che si dia delle

regole comprensibili, semplici e che le rispetti.

Un partito che sappia denunciare le cose che non vanno, che si

impegni con coraggio per cambiare questo Paese.

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Un proverbio arabo dice che "il genere umano si divide in tre classi:

gli inamovibili, quelli che sono mossi, e quelli che muovono". Bene,

noi siamo quelli che muovono. Molti che avevano guardato al PD con

speranza e che avevano perso entusiasmo lungo la strada, stanno

rimettendosi in gioco.

Se riusciremo a far crescere il senso di appartenenza, di fiducia, la

consapevolezza che non è vero che le cose non cambieranno mai,

avremo reso un enorme servizio al nostro partito ma soprattutto al

nostro Paese.

Voglio subito sgombrare il campo da due questioni che forse

preoccupano alcuni: io partecipo alle primarie del Pd per diventare

segretario del partito e per arricchire il dibattito congressuale. Su

questo punto sia chiaro a tutti che non faremo accordi, la mia

candidatura non è e non sarà merce di scambio: la squadra che

stiamo costruendo, e che si arricchirà nelle prossime settimane, ha

questo unico obiettivo e lavora in quest'ottica.

In secondo luogo, la laicità: ci sarà tempo per parlare in maniera

approfondita dei tanti temi che ci stanno a cuore, ma tengo a dire che

la laicità, per come la vedo io, E’ UN METODO. Significa affrontare

ogni questione con rigore, nell’interesse generale e non di una parte

sola. Significa porsi nel dibattito non pensando di possedere la verità.

Significa saper ascoltare le ragioni altrui e avere l'umiltà e

l'intelligenza di confrontarsi anche con chi la pensa nella maniera

opposta. Infine, laicità significa che quando si chiude il dibattito, e si

è presa una decisione, la si accetta sentendosi vincolati e

sostenendola con lealtà.

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Il nostro progetto che è stato elaborato da una squadra di persone

libere, appassionate, che, a differenza di altre squadre, non ha

dovuto tenere conto di mille equilibri o tentare acrobazie tra posizioni

inconciliabili. Una squadra che voglio ringraziare, e che ha lavorato

con spirito di servizio, quello spirito che dovrebbe caratterizzare chi

ama la politica.

Un grazie va a Goffredo Bettini che con questo stesso spirito è stato

uno degli ispiratori nel fondare il PD nel 2007 e che ci ha motivato e

non ci ha mai fatto mancare il suo lucido apporto perché si riprenda

la strada smarrita.

Il progetto che presentiamo oggi, ci tengo a dirlo, è il punto di

partenza. Da qui, oggi, vogliamo lanciare delle idee che saranno

arricchite nelle prossime settimane con il contributo dei circoli

democratici e di tutti coloro che vorranno partecipare. Non un gruppo

ristretto che in stanze chiuse parla della gente, ma un gruppo aperto

che nei luoghi di incontro parla con la gente.

Non ripercorro l’intero programma ma ci sono alcune proposte

qualificanti e rappresentative delle nostre priorità. Sono proposte

sulle quali abbiamo l'ambizione di impegnarci anche con specifici

disegni di legge che presenteremo in Parlamento: proposte per

l’economia, per il lavoro, per la sicurezza, per la comunicazione e per

i diritti.

Partiamo dagli strumenti anti-crisi: una crisi destinata a durare a

lungo e che impone un cambiamento del modo di pensare l’economia,

la produzione, il lavoro, il consumo. La bolla finanziaria ha segnato il

culmine di una fase in cui la ricchezza si è distaccata dal lavoro delle

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donne e degli uomini e in cui si sono sprecate risorse che rendono

vivibile il nostro pianeta: l’aria, l’acqua, il cibo, la terra.

Da un lato del mondo si spendono milioni di euro per curare pochi

privilegiati, dall’altro non si riescono a organizzare e a finanziare

programmi che potrebbero salvare milioni di vite.

Il progresso scientifico non può essere di per sé sufficiente per farci

sperare in un futuro sereno. La fiducia nella scienza non può bastare

se interi continenti vengono esclusi dal cammino che porta a un

miglioramento delle condizioni di vita. Se non impariamo a ragionare

in un’ottica di vasi comunicanti, il progresso porterà a un divario

sempre più ampio tra il nord e il sud del mondo, ma anche tra chi è

ricco e chi non lo è all’interno di uno stesso paese, tra i privilegiati e

gli ultimi della terra. E dal divario nasceranno divisioni, sfiducia,

tensioni, violenze, guerre. Affinché l’incontro di questi mondi avvenga

con un accostarsi dolce e non con una scossa di violenza inaudita, è

necessario essere riformisti ma con un’anima rivoluzionaria.

E' l’esempio che ci trasmettono gli Stati Uniti di Barack Obama:

l’America non si è limitata a stabilire nuove regole per un’economia

finanziaria fuori controllo, ma sta costruendo i suoi interventi

sull’economia reale: scuola, università, ricerca, economia verde,

sanità, grandi investimenti nelle telecomunicazioni…

Solo l’Europa poteva proporsi obiettivi di pari ambizione strategica:

penso ad esempio ad un consorzio energetico solare tra i paesi del

Mediterraneo per creare un nuovo giacimento energetico rinnovabile.

In Europa purtroppo ha prevalso una linea rinunciataria, di

coordinamento debole, quando sarebbe stata necessaria una nuova e

forte strategia di rilancio.

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Il Partito Democratico deve essere all'avanguardia in Europa

rafforzando la democrazia europea, promuovendo una forte

integrazione politica, coinvolgendo al massimo territori e società

civile. L’imperativo è: superare la crisi modernizzando il Paese.

In quest’ottica noi poniamo due settori al centro dell'economia

dell'innovazione: ambiente e salute. Ambiente e salute sono beni

comuni, fondamentali per la qualità della vita. Ambiente e salute sono

due settori con straordinari potenziali di innovazione, capaci di

attirare investimenti ad alto contenuto tecnologico e nei quali sta

crescendo un’occupazione qualificata. Basti pensare alle energie

rinnovabili, al recupero dei rifiuti, al risparmio idrico, alla bio-edilizia,

alla mobilità sostenibile, oppure, sul fronte della salute, ai servizi e

alla diagnostica per la cura del corpo, alla trasmissione di un corretto

stile di vita come fattore di prevenzione e quindi anche di

contenimento della spesa.

Puntiamo a un processo democratico e partecipativo per la riduzione

del consumo di energia, che sensibilizzi la popolazione e sappia

incentivare le imprese; mettiamo un ordine di priorità nel trattare i

rifiuti; proponiamo un sistema degli appalti verdi in tutte le forniture

della Pubblica Amministrazione, a cominciare dalle realtà

amministrate dal PD; riduciamo l'IVA sui prodotti ecologici e

soprattutto avviamo un piano scuola per promuovere tra i

giovanissimi la cultura della sostenibilità, del riciclo e del rispetto

dell’ambiente. Esistono in Italia imprese che stanno sperimentando

tecnologie innovative in termini di produzione di energia e che

meriteranno di essere valutate con tutte le associazioni

responsabilmente impegnate nella difesa dei nostri territori. Penso a

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utilizzare gli scarti dell’agricoltura (biomasse) in forme dedicate per la

produzione di energia, o a studiare la possibilità di catturare il vento

con l’eolico di alta quota, che produce energia attraverso un aquilone

ad altezze dieci volte maggiori di una classica pala eolica, senza

alterare i valori culturali ed economici del paesaggio. Penso

all’energia geotermica e a quella di terza generazione, che in un

futuro prossimo consentirà di estrarre calore dalle rocce profonde.

Penso al solare a concentrazione, l'idea sviluppata da Carlo Rubbia e

purtroppo abbandonata in Italia, mentre se ne cominciano a vedere i

frutti in Spagna e in Germania.

Per quanto riguarda la salute, va ribadito che l’accesso a tutte le

prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale è universale, senza

discriminazioni. Ma se vogliamo continuare a contare su un servizio

pubblico di qualità dobbiamo attivare efficaci politiche di prevenzione

e di promozione della salute e di stili di vita corretti, perché l’unico

modo per rendere sostenibile anche dal punto di vista finanziario il

nostro sistema sanitario è ridurre il numero delle persone che si

ammalano o che convivono con malattie croniche.

La rete ospedaliera deve essere riqualificata, promuovendo gli

ospedali di alta specializzazione e riconvertendo gli ospedali minori in

centri di riabilitazione, in ambulatori per le visite specialistiche e per

la diagnostica, in residenze per gli anziani, in centri per la salute

mentale, in hospice affidati anche al privato no-profit. Il lavoro dei

medici di famiglia va riorganizzato in cooperative o studi associati.

Non sto parlando di progetti irrealizzabili, ma della possibilità

concreta di creare eccellenza ed efficienza di cui già abbiamo

esperienze. Come a Fiorenzuola D’Arda, in provincia di Piacenza, dove

l’assistenza di base è stata organizzata con la medicina di gruppo,

superando l’abitudine dei medici di famiglia a lavorare da soli. In

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sette si sono riuniti in un’unica struttura, aperta dodici ore al giorno e

dotata anche di un ambulatorio specialistico e uno infermieristico. In

pratica, quando un paziente entra nell’ambulatorio incontra una

persona che lo aiuta con tutte le questioni burocratiche e nello stesso

luogo trova un’infermiera che si occupa delle medicazioni, del

controllo della pressione, delle iniezioni. Quella stessa infermiera è

sempre in contatto con i malati, così si evitano i pellegrinaggi da un

posto all’altro.

Ma nella sanità, come in tutti gli altri ambiti, dalla scuola

all’amministrazione pubblica, vanno introdotti sistemi di valutazione

basati sull'efficienza ma soprattutto sulla qualità.

Se per esempio un professore della scuola media che viene valutato

dimostra impegno e capacità nel trasmettere valori positivi agli

studenti, perché non prevedere strumenti per motivarlo nel suo

importantissimo lavoro?

Oggi tutto è misurabile e la valutazione e le verifiche sono sistemi

indispensabili che nel nostro paese non funzionano correttamente e

che invece contribuirebbero ad alimentare quella "cultura del merito"

di cui purtroppo siamo ancora carenti.

Voglio insistere su questo punto: vanno ridefinite le modalità con cui

vengono selezionate le persone che ricoprono ruoli di responsabilità.

Parlo dei vertici degli ospedali ma anche delle aziende pubbliche

nazionali e locali, della RAI, insomma di tutta la classe dirigente del

nostro paese. TUTTI devono essere scelti sulla base di un sistema

trasparente che valuti esclusivamente la formazione, la competenza,

il merito e che ponga obiettivi verificabili: se vengono raggiunti, il

lavoratore dovrà essere premiato, anche economicamente.

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BASTA con l’occupazione dello Stato da parte degli interessi

personali.

BASTA con le raccomandazioni e con le ingerenze della politica e degli

altri poteri che hanno rovinato questo paese.

Il sistema di valutazione deve partire proprio dalla politica: BASTA

con le liste bloccate, ridiamo agli elettori la possibilità di scegliere i

propri rappresentanti, costruiamo un rapporto stabile tra il

parlamentare e il suo territorio, chiediamo che chi siede in

Parlamento sia incensurato, valutato e anche retribuito sulla base

della qualità e intensità del suo operato.

È mai possibile che su 60 milioni di abitanti non riusciamo a trovarne

945 da eleggere che non abbiano problemi con la giustizia??

Un'altra questione che per noi è una priorità riguarda il lavoro: in

questi ultimi anni sempre più associato all’idea di "problema". Colpa

del precariato e delle poche opportunità offerte alle nuove

generazioni… Le famiglie attraversano un periodo di grande disagio

dovuto soprattutto alla preoccupante ripresa della disoccupazione.

Non credo di sbagliarmi quando affermo che per molti, a partire da

me, il lavoro rappresenta un valore importantissimo, un’opportunità

di realizzazione personale, non solo un mezzo da cui ricavare un

ritorno esclusivamente economico.

La flessibilità, inevitabile nella nostra modernità, non va considerata

come una disgrazia. Le ragazze e i ragazzi che oggi entrano nel

mercato del lavoro non sognano necessariamente il posto fisso, anzi

probabilmente si spaventerebbero al pensiero di dover costruire la

loro vita professionale all’interno della stessa azienda per trenta o

quarant’anni. Quello che i giovani temono è la disoccupazione e il

precariato privo di regole; quello che percepiscono è l’iniquità di un

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mercato del lavoro che mette gomito a gomito lavoratori protetti e

lavoratori che invece vivono in uno stato di totale instabilità, talvolta

addirittura privi anche di diritti elementari quali la malattia, la

maternità, le ferie.

Pur accettando le esigenze contemporanee dobbiamo estendere il

livello di garanzie, per dare a tutti una maggiore tranquillità e

serenità, che consenta di realizzare il proprio talento al massimo delle

proprie potenzialità... Pensiamo che la strada da seguire sia: un

contratto di lavoro unico a tempo indeterminato, un salario minimo

garantito come avviene in tutti i principali paesi europei e un reddito

minimo di solidarietà.

La formazione continua deve diventare un vero e proprio diritto

cosicché si esca da ogni esperienza lavorativa arricchiti, per capacità

e maturità, facendo leva su una responsabilità individuale a diventare

nel tempo risorsa più pregiata e ricercata sul mercato del lavoro…

Serve però un po’ d’ordine e di collaborazione e NON SFUGGE che

anche dentro il sindacato sia in corso una discussione costruttiva per

arrivare a una nuova elaborazione su questi temi.

Assieme al sindacato dobbiamo condurre anche un’altra

importantissima battaglia: quella della sicurezza sul lavoro. È un

problema tragico, che dobbiamo eradicare rendendo più efficaci i

controlli, inasprendo le sanzioni e facendo in modo che siano

applicate con certezza, prevedendo incentivi per le aziende virtuose e

promuovendo una vera cultura della sicurezza. Non è solo una

questione di incidenti: DI LAVORO muoiono ogni anno migliaia di

persone: oltre tre mila a causa dell’amianto… persone colpite da

quelle che vengono definite malattie professionali, persone bisognose

di tutela, che spesso però vengono dimenticate.

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A volte ripenso a quando, negli anni ’80, sono partito per gli Stati

Uniti, lasciando dietro di me la tranquilla prospettiva di un posto fisso

all’università. Ho fatto un salto nel vuoto passando dalle certezze

assolute, all’assoluta precarietà: contratto di un anno, permesso di

soggiorno temporaneo, casa provvisoria… certo, avevo il sogno di

imparare a fare i trapianti e questo riempiva di felicità le mie

giornate…

Alla fine del primo anno in America, quando venni chiamato dal mio

professore per un colloquio di valutazione, mi resi conto che, grazie

alla cultura del merito, la mia condizione di precario era una carta da

giocare nelle mie mani. Forte dei risultati ottenuti con il mio lavoro,

potevo negoziare condizioni molto migliori di quelle che avrei ottenuto

con un posto fisso. Ho sempre rifiutato posizioni stabili perché ero

consapevole che la libertà e anche l’opportunità di migliorare

posizione, fondi per la ricerca e stipendio, dipendevano da me e dai

risultati della mia squadra.

E’ un modo molto americano di ragionare, e c’è anche un drammatico

rovescio della medaglia perché negli Stati Uniti se ti capita di

ammalarti o se perdi il lavoro, non ci sono protezioni sufficienti e si

può rischiare di cadere in fondo al pozzo in qualunque momento.

Ma proprio perché noi siamo europei, dobbiamo applicare la giusta

formula che sappia tenere insieme le esigenze di un mercato del

lavoro flessibile e garanzie sociali forti per la tutela degli individui.

Così come è fondamentale che il nostro Paese e la nostra economia

facciano leva su tutto il potenziale di talento che l’Italia è in grado di

offrire, a partire dalle donne.

Una proposta semplice la voglio fare: introduciamo il concetto che il

congedo parentale facoltativo venga diviso equamente tra il padre e

la madre, rivedendo naturalmente il relativo trattamento economico.

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Spesso le donne che lavorano hanno maggiori difficoltà perché il

datore di lavoro non vuole correre il rischio delle assenze legate alla

maternità… e allora, cambiamo le regole! Introduciamo questo nuovo

principio, riconoscendo il congedo in parti uguali ad entrambi i

genitori, in modo che nel momento in cui nasce il bambino, siano sia

la mamma che il papà a doversene occupare. Sarà un passo avanti,

piccolo ma significativo, per parificare l’attività professionale di

uomini e donne ma anche culturale. Un passo che riduca la

discriminazione delle donne al momento dell’assunzione.

Ma pensiamo anche ad un congedo parentale per i nonni: è su di loro

che spesso ricade il peso di un sistema di welfare deficitario per quel

che riguarda i servizi alle famiglie, e che non si è ancora adattato al

nuovo ciclo di vita delle persone.

Quanto alla revisione dell’età pensionabile per le donne che ci è

imposto dall’Unione Europea, dev’essere chiaro che i risparmi che

deriveranno dall'innalzamento dovranno essere destinati ad interventi

per sostenere il percorso delle donne: sgravi fiscali per le aziende che

si dotano di asili nido, che consentono alle dipendenti flessibilità con

schemi di telelavoro, part-time, ingressi flessibili e job sharing.

Un altro dei temi che consideriamo prioritari riguarda la sicurezza

intesa come sicurezza solidale, garanzia della legalità e certezza delle

regole ma anche dei diritti. Il "pacchetto sicurezza" del Governo

Berlusconi ci prospetta una logica per cui l’unico modo di rendersi più

sicuri sarebbe quello di anteporre i propri diritti e le proprie libertà a

quelli di chi è diverso e viene da lontano.

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Se si nega il diritto alla salute allo straniero, lo si nega anche al

cittadino italiano che viene esposto a eventuali malattie infettive di

cui quello straniero può essere portatore.

Quando si nega o si scoraggia il diritto all’istruzione obbligatoria, in

nome dell’irregolarità dei genitori, si costringe un bambino

all’ignoranza, impedendo così all’istruzione di essere un naturale

presupposto per l’integrazione.

Quando si cancella dall’anagrafe lo straniero privo di un contratto di

affitto si compromette il controllo della sua presenza sul territorio.

E ancora, quando si prevede l’espulsione di un lavoratore straniero, in

ragione dell’irregolarità del rapporto di lavoro o di un licenziamento

anche illegittimo, certamente lo si espone al potere di ricatto del

datore di lavoro.

L’ineguaglianza e l’insicurezza dei diritti e della libertà di talune

persone non può che innescare la minore tutela anche dei diritti e

della libertà degli altri. Per questo, occorre promuovere, senza

discriminazioni, eguaglianza e sicurezza per tutti. Su questo, la

posizione e l’azione del Partito Democratico debbono essere

fermissime.

La sicurezza non si garantisce con le ronde ma, al contrario,

rafforzando la presenza sul territorio dello Stato e delle sue figure

istituzionali: le forze dell’ordine in primo luogo, supportate da una

stretta collaborazione con gli enti locali.

E’ evidente poi che se a un sistema di sicurezza efficiente non

abbiniamo una giustizia che funzioni, il tutto risulta vanificato.

Giustizia e sicurezza sono due facce della stessa medaglia: non c’è

giustizia se i cittadini sono e si sentono insicuri ma non si può parlare

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di sicurezza se la macchina della giustizia non è in grado di garantire

rapidità ed efficacia nelle decisioni.

Ritornando al discorso sulla democrazia, di recente si è finalmente

ricominciato a parlare di conflitto di interessi, degli errori compiuti

molti anni fa, delle conseguenze che ancora oggi costituiscono

"l’anomalia italiana". È ora che la politica torni ad occuparsi di questo

problema, la cui complessità si riflette sull’economia, sulla politica,

sullo stesso concetto di democrazia e di partecipazione. Democrazia

non significa solo poter esprimere il proprio consenso, ma anche

poterlo formare attraverso un’informazione libera e plurale. Sul

versante televisivo in Italia questo principio non è rispettato.

Anche su questo il PD deve prendere una posizione netta: smettiamo

di stare al gioco solo per poter nominare un direttore o un vicedirettore

della televisione pubblica! Dobbiamo occuparci di che cosa

sarà l’informazione e la comunicazione tra dieci o tra quindici anni.

La televisione rappresenterà solo una minima parte di questo mondo

ma se non ci preoccupiamo oggi di stabilire regole chiare, ci

troveremo domani a gestire nuovi e forse più complessi conflitti di

interesse.

Il sogno ambizioso, una grande sfida democratica, è quello di arrivare

a garantire ovunque l’accesso alla rete attraverso la banda larga,

gratuita. Ma questo sarà possibile solo se fissiamo obiettivi concreti

sugli investimenti per le infrastrutture e se stabiliamo le regole per i

gestori. E’ una politica miope quella che si occupa delle leggi sulla

comunicazione ignorando che nel futuro i nuovi mezzi che oggi

rappresentano lo strumento di massima democrazia, potrebbero finire

18

per essere controllati da pochi colossi industriali e limitati da

normative che tendano ad introdurre limiti all’informazione in rete.

Un esempio lo abbiamo già davanti agli occhi con il decreto Alfano

sulle intercettazioni in cui si vuole limitare la libertà dei "citizen

journalists", inserendo regole che per equiparare i blog alla stampa

ufficiale, rendono di fatto assai più difficile continuare a esprimersi

liberamente in rete.

Ci sono anche altri diritti. Non sono questioni marginali che

riguardano pochi, ma hanno a che vedere con la vita di ciascuno di

noi e delle persone che amiamo. Dobbiamo arrivare a posizioni

chiare, il più condivise possibile, ma come si legge nel Vangelo di

Matteo: "il sì è sì, il no è no, tutto il resto è del maligno".

La vicenda del testamento biologico è stata esemplare: la posta in

gioco non era solo consegnare una legge laica al paese, attraverso la

quale ognuno potesse fare una scelta in base alle proprie convinzioni

o alla propria fede. Significava affermare il principio secondo cui uno

Stato laico deve sempre proteggere i diritti civili con norme rispettose

degli orientamenti e della libertà di ciascuno. Non "diritti speciali", ma

diritti uguali per tutti, siano essi gli ammalati, le donne, i bambini, le

coppie di fatto, gli omosessuali, o chiunque altro, tutti!

Per questo il testamento biologico è stato la cartina di tornasole che

ha dimostrato come la maggioranza della nomenclatura ha preferito

una falsa unità, di facciata, la medesima cui stiamo assistendo nelle

altre due mozioni del PD, piuttosto che dare una risposta chiara a uno

dei mille interrogativi che la modernità ci pone.

Dall’Europa sono anni che arrivano a tutti gli stati membri richieste di

adeguamento ai parametri europei sui temi legati alle unioni civili. In

19

Italia siamo rimasti tra gli ultimi. Una ragione c’è: nel nostro paese la

cultura dei diritti è arretrata, soprattutto a causa della politica che è

incapace di affermare "laicamente" il principio della piena uguaglianza

dei cittadini, come recita l’articolo 3 della Costituzione.

E quindi, procediamo con l’approvazione di una legge sulle Unioni

Civili, sulla falsariga di quella approvata nel Regno Unito, che dia a

chi si ama quelle protezioni che la legge garantisce ad altri. Non

posso immaginare che tra due persone che hanno condiviso tutto

nella vita possa accadere che se uno si ammala, l’altro rimanga fuori

dalla porta della rianimazione perché non sono legate dal matrimonio.

Si reprima l’omofobia alla pari di ogni altra forma di razzismo.

Si approvi una legge che consenta a individui singoli di essere

valutati, con il rigore che la legge già oggi richiede alle coppie al fine

dell’adozione. Lo si faccia avendo in mente soltanto l’interesse

esclusivo del minore e nient’altro.

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Questi sono i miei pensieri e le mie personali convinzioni che esprimo

con umiltà e senso del dubbio. Non sono ignaro delle difficoltà ma

una cosa posso prometterla: non mancherà mai il mio impegno

nell’ascoltare tutti e nel cercare di garantire a tutti la propria felicità,

conoscendo come unico limite la libertà e il rispetto degli altri.

Se qualcuno mi chiedesse qual è il nucleo del messaggio che

vogliamo mandare all’Italia, direi così: c’è tanta stanchezza, ma

anche le energie per risollevarsi. Noi vogliamo risollevare l’Italia.

Questo è possibile, uso una parola forte, se sapremo realizzare una

vera "rivoluzione" democratica.

Se saremo orgogliosi ognuno della storia dalla quale viene ma se,

elaborata quella storia, avremo tutti assieme il coraggio di fondarne

una nuova. Un nuovo pensiero. Il pensiero nuovo di cui c’è bisogno

verrà dal pluralismo dei circoli del PD, non dalle correnti.

Le correnti non producono partecipazione, passione; semmai

comando, gerarchie, passiva ubbidienza. Non distribuiscono speranze,

sogni, sfide, ma potere e sottopotere.

Tutti i candidati segretari oggi si dichiarano sensibili al tema. Ma io

chiedo: sono disponibili a sciogliere le varie correnti e sottocorrenti

che li sostengono? Si può passare dalle belle parole, pure

apprezzabili, ad ancora più apprezzabili fatti concreti?

D’altra parte, solo un partito coraggioso può riprendere per mano

l’Italia.

Unirla.

Ecco, questa è la missione per l’Italia.

Questo significa "respiro maggioritario": parlare a tutto il Paese,

indicare una via, convincere le persone. Credere di poter cambiare i

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rapporti di forza anche dal basso. Perché gli orientamenti elettorali

non sono chiusi dentro recinzioni inviolabili.

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Tutto ciò non ci fa sottovalutare le alleanze. Nessuno è così ingenuo

da pensare che il Partito Democratico possa governare da solo. Le

alleanze sono indispensabili. Il nostro compito è individuare una base

solida di principi e di progetti su cui costruirle.

Non tornerà la voglia di politica in Italia se non tornerà innanzitutto,

prepotentemente, nel PD. Ma la voglia torna se il potere di decisione

si condivide. Se il PD avrà un segretario eletto con milioni di voti, in

grado di esercitare il suo governo per il mandato che gli è concesso,

ma se avrà anche tanti, tanti e tanti cittadini che potranno discutere,

decidere e votare su questioni fondamentali di scelte e di indirizzo

politico e programmatico.

Il nostro programma INIZIA qui, oggi, e continuerà nei prossimi mesi.

Io, assieme a tutti coloro che condividono questo progetto, riprenderò

il viaggio di cui vi parlavo all’inizio, ascoltando tutte le proposte e

tutte le critiche.

Perché CREDO nello slancio riformista di una grande forza politica,

CREDO che per ritrovare energia dobbiamo VIVERE il PD, CREDO che

INSIEME possiamo CAMBIARE L’ITALIA!!!

OFFICINA SOCIALE PER IL PARTITO DEMOCRATICO

Manifesto politico programmatico

Il congresso del Partito Democratico è l’occasione per stabilire che il PD e i cittadini che vi

fanno riferimento sono in grado di governare l’ITALIA e non sono destinati a restare

all’opposizione, per la velleità della proposta politica e anche per l’eccesso di rappresentanza che

ognuno ritiene di dover avere. Non vogliamo neanche lasciar spazio ai gattopardi, pronti a

cambiare qualcosa perché nulla cambi.

La fine del comunismo ha tolto i punti di riferimento a molti, anche per l’incapacità di tanti sia di

passare dalla contestazione pura al governo sia di leggere i cambiamenti della società e adattarli

all’azione politica. Il comunismo però è finito, ma non l’anticomunismo, che serve alla destra per

trovare un nemico, identificato nelle vecchie figure dei dirigenti PD, che non hanno fatto molto per

presentare una nuova leadership.

Dobbiamo quindi ripartire dall’inizio, ma non da zero, potendo contare sulla storia e sulle

esperienze e sull’impegno di tanti. Chiediamoci che tipo di società vogliamo, quali rapporti ci

legano gli uni agli altri, quali sono le spinte e le pulsioni che caratterizzano il voto e le scelte

politiche. Non basta parlare di riformismo, quasi fossero solo le riforme a caratterizzare la nostra

politica. I treni possono essere in orario senza scomodare la politica.

Il riformismo non spiega che società vogliamo, non può essere una parola che nasconde e cancella

altre, come progressisti o sinistra: se c’è una destra, c’è una sinistra. Abbiamo cambiato il nome,

oggi ci chiamiamo Partito democratico ma, dovremmo pensare a qualcosa che caratterizzi casomai i

motivi che ci spingono all’azione politica, con le nostre speranze e con i nostri sogni. Le riforme

sono una conseguenza dell’azione politica, non il motore. Non muovono emozioni, sentimenti e

anche istinti che sono spesso alla base del voto e dell’agire politico più che la fredda razionalità. E

questo la destra e i suoi consiglieri politici lo hanno ben capito, ma non il centrosinistra.

Abbiamo bisogno piuttosto di un coinvolgimento della società nei problemi del singolo, perché una

mano lava l’altra e tutte due lavano il viso. Non assistenzialismo su cui adagiarsi, perché, se la

ricerca della felicità è un importante motore delle nostre azioni, solo un lavoro di gruppo può

sconfiggere la solitudine sociale e politica, che affligge questa società.

Solo dopo averci chiarito cosa vogliamo gli uni dagli altri, possiamo opporci, con metodi

democratici ovviamente, a chi la pensa diversamente, non perché di livello inferiore, ma perché

riteniamo che il nostro progetto possa offrire migliori garanzie di buon governo alle persone per

farle vivere meglio, senza nessuna supponenza.

La forza dei democratici è rappresentata da valori che arrivano dall’illuminismo e dalla storia dei

partiti che hanno dato vita al PD. La storia c’insegna che le più grandi conquiste dell’umanità, in

tanti campi, sono nate perché basate su questi valori, non sull’egoismo, di cui la destra n’è piena,

tanto da confonderlo col merito e tanto da dividere la società tra chi merita ed è ricco e chi non

merita e deve soffrire la povertà, lui e i suoi figli, senza possibilità di riscatto.

Non esistono sentimenti positivi o negativi in assoluto: lo spirito di sopravvivenza serve e non va

confuso con egoismo. La destra è stata più abile a coniugare i suoi valori con le attese dei suoi

elettori, che sono più pragmatici di noi, ma non inferiori politicamente, come molti ritengono.

L’idea del Partito Guida della società è superata in un periodo nel quale la società offre livelli di

conoscenza e cultura più alti di un singolo partito e il partito deve essere una sintesi tra

rappresentanza e guida. I meccanismo della delega e il riformismo dall’alto hanno privato i cittadini

della nostra area di una delle caratteristiche più importanti, quella della partecipazione, che è

necessaria quando si vuole anche costruire, come noi vogliamo e non solo conservare. È più

impegnativo, ma dà migliori risultati. Ma se ci si limita a dichiararsi di sinistra, di voler spostare il

baricentro più a sinistra per limitare la destra, si corre il forte rischio di essere giudicati supponenti

e di spezzare il legame con chi vorrebbe una società moderna e democratica, ma non intende

accettare fughe in avanti che mai hanno portato risultati positivi e duraturi. Errori ce ne sono stati e

nessuno, dirigenti politici e cittadini, può esimersi dal riconoscerlo. L’errore più grande sarebbe

però non imparare dagli errori stessi, come sembra stia succedendo, quando si ripetono vecchi

schemi.

Non possiamo quindi lasciare alla destra neanche patria, Dio, famiglia, merito, che sono i suoi

valori base, quasi dovessimo vergognarci di queste parole che fanno parte della nostra cultura,

quando pensiamo alla comunità, alla religione e alla spiritualità e alla famiglia, che ora può avere un

senso allargato senza che questo mini la società, purché avvenga nel rispetto generale. Premiare chi

merita non significa umiliare i poveri, ma dare il giusto riconoscimento e stimolo a chi lavora bene

e dà più opportunità agli altri, ma senza favorire i privilegi, che bloccano il dinamismo di un’intera

società e questo solo dopo un partenza con pari opportunità, in una società giusta; n’avranno

beneficio tutti e non solo il singolo premiato.

Si apre con la fine del comunismo la globalizzazione una nuova fase politica per l’Italia in un

quadro generale europeo nel quale slogan di sinistra non seguiti da interventi efficaci deludono a tal

punto l’elettore, che comprensibilmente ripiega su chi è abile nell’offrire ciò che sembra avere una

certa validità nell’immediato. La recente crisi economica poteva essere un’ottima occasione per

ribadire le nostre critiche al capitalismo selvaggio, senza regole. Lo sviluppo dell’economia vuole

un libero mercato ma con regole e il controllo da parte degli stati per bloccare i disonesti.

Il cittadino ha bisogno di risposte ai propri legittimi bisogni, di obiettivi chiari e condivisibili

presentati da chi ispira fiducia e non ha tradito le aspettative. L’elettore di destra tende a sorvolare

su una certa disonestà, accetta generici slogan purché il suo candidato garantisca i valori di base e il

raggiungimento degli obiettivi prefissati. Ma quando si tratta di votare su aspetti complessi, etici e

tecnici, dove non sempre tutti riescono ad essere informati, l’elettore sceglie in base alla fiducia e

alla credibilità di un politico, che oramai è sempre più bassa per i nostri e non in base a generici

slogan. La differenza sta nel fatto che le proposte della destra sono più immediate, più grezze forse

ma più semplici. Quelle del centrosinistra sono più articolate, più complesse, non sempre

immediatamente comprensibili e necessitano quindi di fiducia e credibilità in chi le propone. Ma

questi fattori vengono sempre più a mancare.

Ci vorrà tutto il tempo che servirà perché dobbiamo pensare a questo periodo, prima delle prossime

elezioni, come un’occasione per ricostruire non solo un partito, ma un’idea di società che è

stata svilita dal cinismo di tanti politici e dei loro favoriti. Più di qualcuno ha pensato e detto che

pensare di cambiare o migliorare la società è pura ingenuità, che è sufficiente votarli e dopo ci

pensano loro. Non c’è da cambiare, ma da affrontare i problemi in un’ottica di solidarietà,

uguaglianza e opportunità. Assieme, senza deleghe in bianco, come è successo spesso.

Tutti vorremmo che le cose andassero meglio, subito. Ma la fretta è una cattiva consigliera. Sarebbe

un errore pensare che stare all’opposizione significhi perdere il contato con la gente. Quello si è

perso per l’arroganza e la presunzione di molti. Non dobbiamo pensare ora alle alleanze con altri

partiti, come la soluzione dei nostri problemi. Rispettiamo tutti i partiti e i loro elettori,

perché tutti hanno diritto e dignità di rappresentanza, purché rispettino la costituzione. Ma in questa

fase, insistere esclusivamente sulle alleanze significa confondere l’idea di partito che

stiamo costruendo e si tornerebbe al cinismo unica guida della politica. Dicono che per fare politica

bisogna mettere le mani nel fango. Ma bisogna tirarle fuori pulite.

L’opposizione in democrazia ha una funzione importante, non basta dire di no, si può anche dire di

sì quando serve al Paese. Ma il no, quando necessario, deve essere forte, motivato e comprensibile.

Vi sono vari settori cruciali per lo sviluppo dell’Italia e varie proposte che dovrebbero caratterizzare

la nostra azione politica (il lavoro, la precarietà, la pubblica amministrazione, la scuola, la parità di

genere, il welfare, l’ambiente, l’economia, la ricerca, lo sviluppo industriale, la cultura, la laicità.

Qui si gioca il futuro di un’intera area democratica..

Laicità dello Stato, certo, non ho personalmente nessun dubbio. Ma non contro le convinzioni

religiose dei cattolici che invito ad accettare la laicità anche a loro garanzia. D’altra parte, come

governare un Paese quando due terzi sono cattolici senza considerare le loro intime convinzioni?

Aggregare non respingere, anche perché i cattolici su temi difficili come il divorzio e l’aborto

hanno saputo capire la serietà della proposta di chi si era impegnato su questi temi. Ci si confronta,

poi si vota. E in democrazia si accetta il risultato.

Il mondo del web esprime la forte voglia di cambiamento di tantissimi che la hanno manifestata

votando chi offriva qualcosa di nuovo. Va riconosciuto il lavoro fatto sinora da tanti dirigenti e

militanti, il cui contributo può essere ancora prezioso per la fase di transizione, soprattutto per gli

aspetti "tecnici"della politica, per la preparazione della nuova classe dirigente, che sia associata a un

vero nuovo partito, il cui quadro culturale e programmatico, ancora in parte da sviluppare, sia

rappresentativo della nostra storia, delle nostre speranze, del nostro coraggio e della nostra capacità

di capire e rispondere ai vecchi e ai nuovi problemi. Le primarie potranno rappresentare, magari

temporaneamente, lo strumento per rinsaldare il legame tra la base e i dirigenti e per avviare un vero

rinnovamento nel PD, come ci richiede il nostro elettorato, reale e potenziale, con cui dobbiamo

riallacciare un dialogo, confrontandoci soprattutto con chi pensa diversamente da noi e da cui

possiamo imparare.

Questa richiesta di cambiamento va tradotta nel voto. Dobbiamo darne voce, dobbiamo proporre

una leadership che non sia solo una persona ma un modo di concepire la politica come ci chiedono

in tanti, di servizio per la collettività. Dobbiamo esprimere un candidato che sappia rappresentare

queste istanze. Non possiamo restare solo nell’ambito della critica perché è in gioco l’esistenza di

tutta un’area democratica e abbiamo già delegato troppo e i risultati li abbiamo sotto i nostri occhi.

Ognuno può fare la sua parte, per l’Italia, per noi, per i nostri cari e per chi verrà dopo di noi.

Unità del centro sinistra.

Quella di governo dovrà essere per il Centro sinistra una prova grande, decisiva. Il centrosinistra,

sulla sfida del governo metterà in gioco la sua credibilità, una parte importante del suo futuro del

suo destino politico.

E' da questo passaggio, insieme storico e politico, che al centro sinistra viene un'intensa

sollecitazione a misurarsi con una nuova prospettiva unitaria.

L'unità per tanto tempo è stata ambizione e suggestione della sinistra e del centro sinistra.

Ambizione e suggestione che hanno dovuto fare i conti con una storia caratterizzata da divisioni,

lacerazioni, duelli talvolta drammatici.

Non è facile riprendere un ragionamento diverso. ci sono da superare antiche diffidenze, senza

contare che è più difficile unire che dividere ma, le moderne sfide di governo spingono a questo

passaggio ineludibile.

Unire il centro sinistra vuol dire innanzi tutto innovarlo. Unire e innovare per rappresentare la parte

più moderna della società italiana. Per mettere in relazione il mondo del lavoro, sia quello

tradizionale delle fabbriche e degli uffici che quello nuovo, prodotto dalle nuove tecnologie, con

l'imprenditoria più consapevole per saper coniugare interessi sociali diversi e soprattutto saper

parlare alle nuove generazioni.

All'inizio del terzo millennio il centro sinistra democratico è posta di fronte alla necessità di

ripensarsi radicalmente.

Si pone dunque per molti versi una questione cruciale. Di fronte ai processi di mondializzazione,

alla pervasiva diffusione dell'economia, dell'informazione, può, deve riproporsi un ruolo, una

funzione politica, che regola, corregge, limita.

Un grande tema epocale che riguarda il centro sinistra democratico e che non da oggi si incontra

con sensibilità diffuse nel mondo cattolico.

E' in questo quadro che, il centro sinistra democratico italiano deve misurarsi con la sfida del terzo

millennio, quello di diventare forza regolatrice della globalizzazione.

Il Partito Democratico.

Deve essere un soggetto politico che si riconosce nei fondamentali valori della libertà, della pace,

della difesa della natura.

Un soggetto pluralista, che intende le diversità interne come risorsa, che pone tra i suoi principi

quello di un diverso modo di far politica che deve armonizzarsi con la vita concreta dei cittadini,

che si batte per il superamento delle contraddizioni tra ricchi e poveri, tra nord e sud del mondo, tra

chi detiene il potere, l'informazione, la tecnologia, e chi ne viene escluso.

Che sostiene una globale riforma del Welfare State equa e giusta, che garantisca una reale sicurezza

sociale.

Una società dove il lavoro, la modernizzazione e la riconversione ecologica dell'economia europea

devono essere la priorità politica, in una società europeista nella quale sia riconosciuto e sostenuto il

valore civile del volontariato, dell'impegno individuale e di gruppo, dove ogni cittadino si veda

garantiti i diritti di libertà, una effettiva parità tra uomini e donne.

Che opera per una svolta storica in Italia. Per uno Stato proiettato nel terzo millennio, verso il suo

alveo naturale "L'Europa. Una forza politica che rientra nell'area della social democrazia liberale .

Un partito diretto e responsabile.

Nella sua linea politica che esercita di un paese che ha bisogno di grande trasparenza politica ed

economica, di democrazia, di un autentico stato di diritto, di una giustizia giusta.

Riteniamo che l'indirizzo politico appartenga al popolo ed i suoi rappresentanti democraticamente

eletti e scelti direttamente dall’elettorato attivo il dovere di applicarlo in un contesto di regole certe

e liberali.

Una forza quindi come quella del Partito democratico rappresenta il futuro. Noi ci rivolgiamo a tutte

quelle masse di persone socialmente deboli, ai disoccupati, agli anziani, ai tanti giovani da sempre

traditi da una società egoista e sprecona che non vuole rendersi conto che mezzo mondo è

affamato, dove la vita e la morte spesso è determinata da una razione di farina o un sorso di acqua

infetta. Noi ci rivolgiamo al mondo delle imprese e delle libere professioni, autentica spina dorsale

del sistema economico italiano che ci vede leader nel mondo in molteplici settori sia produttivi che

economici.

I nostri obiettivi devono essere chiari e ben delineati.

Donne e uomini che con grande senso di responsabilità si pongono in prima linea disposti a

misurarsi in mille battaglie politiche e sociali in nome del popolo sovrano, con la forza della no

violenza e del dialogo, in un paese da sempre ingannato ma, questa è la terra dove siamo nati, e

dopo di noi i nostri figli, e prima di noi i nostri padri, molti dei quali eroi alla memoria spesso

dimenticata, a costo anche dell'estremo sacrificio in un epoca di avvenimenti difficili e dolorosi,

riuscendo a sconfiggere la prevaricazione di un regime dittatoriale responsabile della quasi

disgregazione della nostra società, ed in seguito ricostruire un libero paese in nome della

Democrazia, rammentando che ovunque si pronunciano le parole " giustizia e Libertà" i cittadini

divengono solidali gli uni agli altri.

Ci sono valori da difendere e promuovere: Il principio della coesione sociale, la partecipazione

democratica, la tutela della dignità della persona, la centralità del lavoro, la difesa della vita, valori

che storicamente distinguono e qualificano la presenza del centro sinistra in politica e che ancora,

per oggi e per il futuro, possono costituire un elemento dinamico nella costruzione di nuovi assetti

democratici e nuove forme di socializzazione.

L’Italia è un paese che invecchia, l’Europa è un continente che invecchia. Nazioni ricche, fornite di

grandi risorse intellettuali e tecnologiche, si scoprono fragili al cospetto dell’inarrestabile processo

di globalizzazione che continua nonostante la recente ed attuale recessione, dell’economia e delle

conoscenze. Ci sono ombre, difficoltà, insidie; ma in pari tempo occasioni e opportunità da

coltivare con intelligenza, da vivere con grande consapevolezza. Tra gli aspetti negativi da

combattere vi è la diffusione di un sentimento di chiusura e di ripiegamento che porta settori

cospicui di società a individuare nel populismo, spesso con punte di xenofobia, una risposta

semplice ed immediata. La caduta del Muro di Berlino ha messo in movimento, accrescendone la

forza, le componenti psicologiche e politiche di una destra che rompe il cerchio, in molte parti del

continente, della subalternità e dell’isolamento in cui era stata costretta dall’azione del governo di

grandi partiti socialdemocratici e democristiani.

La Costituzione.

La Costituzione italiana, nata dopo il crollo del fascismo, fu opera delle forze politiche antifasciste

che erano concordi nell'abbattimento della dittatura, ma divergevano profondamente intorno al

modo di costruire il nuovo Stato. Essa anzichè essere suggello di una trasformazione politica e

sociale già avvenuta, è il disegno composito di una società futura, ancora da attuare se si considera

che i gruppi politici più forti all'assemblea costituente furono quello comunista e socialista da un

lato e quello democristiano dall'altro e che entrambi agivano in un contesto politico in cui le forze

morali preminenti erano quelle della tradizione liberale della resistenza europea, si comprenderà

quindi come la nostra costituzione sia una composizione complessa, essa è il risultato della

confluenza ideologica socialista e quella cristiano sociale con quella liberale classica, ispirata a

ideali liberali, integrati da ideali socialisti e da ideali cristiano sociali.

Che una tale costituzione sia così composita non deve stupire, essa rispecchia una società non

omogenea, agitata da profondi conflitti sociali in cui sussistono differenze profonde fra diverse

classi, fra il nord e il sud. e non deve neppure suscitare ingiustificati allarmi: è proprio della

concezione liberale e democratica della vita che l'antagonismo tra diversi gruppi, tra interessi

contrapposti, sia la molla di ogni progresso civile qualora sia regolato giuridicamente, è compito di

una democrazia pluralistica di far si che il progresso di una nazione nasca anziché dall'imposizione

autoritaria di una dottrina del contrasto di molte.

Poiché in questi anni è stato imposto il tema compromesso storico da intendersi come proposta di

un'alleanza durevole fra partiti italiani allo scopo di affrontare con forze unite la crisi economica e

la politica del paese, rammentando che un compromesso storico decisivo per le sorti dell'Italia c'è

già stato ed è la Costituzione Italiana che fu approvata con 453 voti favorevoli e solo 62 contrari.

La forma di Governo.

Siamo contrari ad ogni forma di presidenzialismo o semi - presidenzialismo in un paese come il

nostro dove è ancora latente un' effettiva democrazia compiuta, siamo invece favorevoli al sistema

tedesco, ovvero il Cancellierato. Chiederei di provare a fare ciò che non fu fatto nel 1993, che

invece di imitare un buon e funzionale modello di governo, l'Italia si diede anima e corpo al

mattarellum, con il quale gli italiani si ritrovarono con quaranta partiti piuttosto che con due poli,

insomma si dimenticò che la vera riforma da fare era quella di Governo.

I Referendum

Riteniamo oggi la tracimazione referendaria un grave errore, più di uso, bisognerebbe parlare di

abuso, si rende dunque necessario trovare una soluzione.

A tal fine occorrerebbe modificare al meglio tale strumento trasformandolo da abrogativo come è

attualmente, a propositivo e consultivo eliminando il quorum.

Il problema dell'immigrazione.

L'immigrazione è sempre stato un fattore di arricchimento per i paesi europei. Bisogna tuttavia

guardare con realismo alla situazione.

L'unione europea non potrà accogliere sul suo territorio tutti gli immigrati che cercano rifugio. Essa

deve preservare le caratteristiche di tolleranza e di ospitalità e asilo, che è nel diritto umanitario per

le vittime della persecuzione politica.

Non si possono però chiudere gli occhi davanti al problema dell'immigrazione clandestina,

proponendo una politica delle soluzioni a lungo termine, lottando contro il lavoro nero e anzitutto è

necessario combattere le cause dell'immigrazione promuovendo sviluppo dei paesi di provenienza.

Noi rifiutiamo il concetto restrittivo di alcune forze politiche in merito all'ordine pubblico

innalzando delle barricate per proteggerci dagli stranieri, al contrario siamo per garantire la

sicurezza mediante politiche comuni, rafforzando la cooperazione con i principali paesi da cui

proviene l'immigrazione.

I costi della politica.

Il finanziamento pubblico fu abrogato per legge tramite un referendum popolare indetto nel 1994 e

votato dal 93% degli italiani.

Va affrontato il tema dei costi della politica prevedendo forme di finanziamento pubblico volontario

ai partiti e non al sistema dei partiti, soprattutto accesso agevolato a servizi, nonché regole rigorose,

controlli effettivi e indipendenti affidati ad esempio alla Corte dei Conti tutte le forme di

finanziamento privato diretto o indiretto e assolutamente trasparente.

L'informazione e il futuro delle telecomunicazioni.

Il sistema dell'informazione deve essere libero e pluralista, questa è una condizione essenziale per la

democrazia.

Per questo sono necessarie nuove regole, che evitino il riformarsi nel prossimo futuro, situazioni di

assenza di regole.

La situazione dell'informazione e delle telecomunicazioni è cambiata con l'avvento delle nuove

tecnologie. Occorre quindi un maggior controllo sia sulle concentrazioni proprietarie che sulle

quote di mercato che garantisca un' effettiva concorrenza.

La questione giustizia.

La nostra costituzione garantisce l'indipendenza della magistratura nei confronti del potere politico.

La crisi delle istituzioni che sta attraversando il nostro paese è prima di tutto crisi di fiducia nei

confronti dei poteri pubblici, della loro capacita di decidere, d gestire e di soddisfare e esigenze

della collettività. Occorrerà quindi un grande progetto di riforma della giustizia indirizzata verso un

pubblica amministrazione decentrata, una riqualificazione del personale attribuendogli

responsabilità e prospettive di carriera. Uno snellimento dell'organizzazione giudiziaria, una

accelerazione della giustizia civile.

Dare al paese risposte certe che da molti anni attendono.

un grande progetto sulla tematica dell'occupazione.

In Europa a tutt'oggi vi sono circa 30 milioni di disoccupati. Nella fascia giovanile la

disoccupazione è del 25%.

In Italia la disoccupazione è in linea con la media europea ma presenta caratteristiche croniche

davvero drammatiche dovute ad una debolezza della nostra struttura produttiva in merito ad una

carenza di infrastrutture, ad una differenziazione territoriale, ad una specializzazione industriale che

mal contiene la crescente concorrenza internazionale di vari settori, di servizi inefficienti, da dei

sistemi di riqualificazione professionale.

Le soluzioni credibili.

Attuare politiche volte all'istruzione e formazione professionale.

Eliminare la pratica della cassa di integrazione per quelle aziende in crisi non temporanea,

sostituendola con un fondo per qui lavoratori posti in mobilità, con la possibilità di rilevare aziende

usando il sussidio come fondo capitale.

Una mirata politica ambientale può generare posti di lavoro con partecipazione mista tra pubblico e

privato, sul riassetto del territorio, sulla produzione di energie non inquinanti, sul riequilibrio

idrogeologico, sul recupero e la valorizzazione del paesaggio, del patrimonio artistico, dei parchi e

delle coste, sulla valorizzazione delle città.

In sintesi un grande progetto possibile e attuabile che potrebbe produrre migliaia di possibilità

occupazionali, rendendo questo nostro paese il giardino d'Europa.

La riforma del Welfare State

E’ unanime oggi il consenso sulla riforma dello stato sociale.

Gli obiettivi devono essere chiari ovvero: Sostenibilità finanziaria. L’equità distributiva

intergenerazionale.

La consapevolezza di un sistema previdenziale che presenta distorsioni con cui non è possibile

fronteggiare le attuali caratteristiche della domanda e dell’offerta di lavoro in considerazione delle

molteplici occupazioni frammentarie, attività atipiche. L’armonizzazione e razionalizzazione dei

diversi regimi previdenziali.

Occorrerà promuovere ulteriori iniziative per completare gradualmente il sistema del settore

previdenziale.

Disegnando una globale riforma del Welfare State ad iniziare dai centri di spesa. Il diritto alla

pensione in proporzione alla media dei salari nazionali e rivalutata una volta all’anno. Il diritto di

un minimo garantito che permetta di trascorrere il restante periodo di vita dignitosamente.

L’IMPS è un istituto fondamentalmente sano nelle sue scritture contabili se non dovesse farsi

carico anche del sistema assistenziale, quindi è assolutamente necessario dividere i due sistemi.

Quello previdenziale , sostenuto dai cittadini che svolgono le loro attività lavorative. Quello

assistenziale ( indennità di disoccupazione, Pre pensionamenti, cassa integrazione) che dovrebbe

essere sostenuto da tutta la società civile.

Estendere la massa contributiva tramite il lavoro degli immigrati ora in maggior parte sommerso.

Bioetica e sanità

Un nuovo rapporto tra medico e cittadini.

La delicata fase di transizione che sta modificando la sanità italiana non riguarda solo

l’organizzazione sociale del sistema delle cure, le garanzie da fornire ai cittadini, specie quelli più

fragili e maggiormente bisognosi di tutela e le politiche per garantire una equa allocazione delle

risorse. La trasformazione riguarda anche i rapporti che si instaurano tra professionisti che

forniscono servizi sanitari, ai cittadini che ne beneficiano.

Da un certo punto di vista generale, il sistema giuridico italiano ha preferito non regolamentare a

fondo e in modo specifico il comune atto medico, in accordo peraltro con la prassi europea. Soltanto

alcuni circoscritti ambiti sono regolati da apposite norme come ad esempio le leggi relative al

prelievo da cadavere a scopo di trapianto; l’interruzione di gravidanza. In tutte le altre situazioni,

l’atto medico si svolge nell’ossequio alle norme generali della legge a tutela della persona. La

professione mediante il Codice Deontologico, regola l’attività sanitaria favorendone la massima

copertura etica, anche in situazioni in cui l’opera del medico gode di una minima copertura

giuridica.

Finora una tacita delega fiduciaria tra medico e paziente e una benevola interpretazione giuridica

dell’atto medico hanno assicurato un funzionamento relativamente tranquillo e senza eccessiva

litigiosità giudiziaria. Ora però la situazione sta cambiando. Il periodo in cui la deontologia

professionale era sufficiente per normare il comportamento del sanitario e per garantirgli un ambito

di intervento protetto è passato ed appare dunque opportuno chiarire meglio i rapporti reciprochi fra

medico e paziente nell’interesse di entrambi.

Di fronte ad avvenimenti di particolare interesse si è fatto sempre più diffuso il convincimento che

la società non può semplicemente stare ad osservare il moltiplicarsi delle tecniche di riproduzione

medicalmente assistita. E’ necessario assumere coscienza del limite, per stabilire confini che non

devono e non possono essere superati.

Il pluralismo etico del nostro paese non facilita il consenso su quanto deve essere legittimato da una

regolamentazione giuridica delle tecnologie riproduttive. In questa prospettiva è necessario

giungere a una normalizzazione del settore in coerenza con gli orientamenti europei tesi a portare le

pratiche di procreazione assistita entro la trasparenza, la legalità, la sicurezza.

Considerando l’altro momento estremo dell’assistenza, quello costituito dalla vita umana.

L’organizzazione sanitaria rimane coerente con la missione quando evita le forme estreme

dell’accanimento terapeutico e dell’eutanasia. In questo campo la difesa della vita deve fondarsi su

un sistema sanitario in grado di offrire all’ammalato inguaribile e terminale ogni possibile

assistenza sul piano clinico e psicologico, in modo che non vi siano alibi economici e organizzativi

per giustificare comportamenti che di fatto accelerino la morte. Una priorità assistenziale del più

alto profilo etico è oggi quella della promozione di una medicina della pallazione e dell’assistenza

ai malati nella fase terminale della vita. La medicina del nostro tempo è in grado di dare risposte

efficaci alle sofferenze tanto dei malati quanto dei famigliari, che accompagnino il decesso.

L’umanizzazione del morire deve diventare un obiettivo dell’organizzazione sanitaria, oltre che un

atteggiamento dei singoli professionisti.

Autogoverno locale e federalismo cooperativo.

Le Regioni sono state istituite da alcuni decenni eppure di fatto, l'impostazione centralista dello

Stato e delle amministrazioni non è mutata nonostante la legge sul federalismo fiscale approvato dal

governo attuale.

Le amministrazioni locali non hanno piena responsabilità nel governo del territorio e la legislazione

statale interviene o interferisce largamente anche nei settori di competenza delle regioni.

E’ necessario innanzitutto, garantire la difesa della piena e tempestiva traduzione della riforma del

cosi detto federalismo amministrativo attraverso: il monitoraggio del processo di attuazione dei

decreti legislativi che trasferiscono le funzioni dal centro alla periferia.

Il rispetto degli impegni in ordine al contestuale trasferimento di risorse.

La riforma degli ordinamenti e delle strutture organizzative, assicurando il pieno ed efficace

raccordo con le autonomie territoriali locali.

Ridefinire i rapporti tra ente regione e sistema delle autonomie, con il superamento dell’attuale

regione che individua nella semplice indicazione delle poste di bilancio il solo strumento di

programmazione economica – finanziaria.

Creare un patto che la regione dovrebbe essere chiamata a stipulare con gli enti locali, consentendo

cosi ad ogni comune e a ogni provincia di individuare le opere pubbliche e gli interventi finalizzati

in sede di concertazione preventiva.

Favorire l’attuazione degli strumenti di partenariato, la sistematica verifica dei risultati e il

rafforzamento del principio di sussidiarietà, strumento fondante dei nuovi rapporti tra regione e

autonomie locali.

Incentivare le forme associative tra comuni per l’esercizio ottimale delle funzioni amministrative,

puntando non tanto sull' impostazione dall’alto quanto sulla scelta autonoma e consapevole dei

singoli comuni.

La sicurezza.

Molti cittadini si sentono insicuri camminando per le vie delle città. le preoccupazioni e le paure dei

cittadini devono essere prese in considerazione, sia che si convenga che in determinate realtà

metropolitane le rappresentazioni sociali di insicurezza siano realistiche, sia che si possa ritenere

che in altre realtà esse siano sovra stimate rispetto ai rischi oggettivi di essere vittime ella

criminalità.

I sentimenti di insicurezza determinano domande di sicurezza che non possiamo assegnare al solo

governo di centrodestra ( vedi decreto sicurezza appena approvato dal PDL ).

Dobbiamo quindi guardare alla sicurezza pubblica con l'occhio del cittadino. Il tema della sicurezza

della microcriminalità va affrontato con un approccio diverso, che non si affidi alla sola lotta contro

il disagio sociale o alla sola repressione. Un approccio che faccia sentire a tutti che esiste un

impegno comune delle istituzioni e della società civile. un impegno che non ci costringa a

rassegnarci all'idea di una società nella quale si è sicuri solo se ci si barrica in casa.

La forma partito.

Il centro sinistra italiano è una storia plurale, una storia fatta di diverse tradizioni, quella liberal

socialista, quella del comunismo, quella del cattolicesimo sociale e democratico, quella laica

azionista, quella ambientalista.

Queste storie diverse, queste tradizioni, queste culture, devono e possono aggregarsi per dar vita a

un qualcosa di nuovo che superi il concetto di un partito a vocazione maggioritaria che non porta da

nessuna parte se non si hanno i numeri.

Un soggetto politico che abbia salde radici nelle diverse tradizioni, una forza politica che sappia

coniugare i valori di libertà e di equità e che sia in grado di elaborare un programma capace di

parlare e saper costruire un ponte verso nuove generazioni in un paese che spesso parla ai giovani

con troppa superficialità in una fase per loro assai delicata, perché una rilevante parte di essa,

rischierà di non entrare mai nel mercato del lavoro con tute le conseguenze negative per il paese che

ne deriveranno.

Il Partito democratico italiano deve essere capace di rappresentare tutto questo, specialmente nel

saper guardare proprio a quel vasto mondo giovanile che oggi non si riconosce in questa parte

politica. Ma per raggiungere tali intenti occorrerà prospettare nuove aspettative di vita e di speranze

per un futuro migliore, rispetto e difesa dei diritti e dignità troppo spesso calpestati, insomma, non

possiamo permettere che le nostri migliori menti ci lascino per altri lidi. Occorre infondere in loro

rinnovati ideali e valori esistenziali, acquisendo così una nuova coscienza, nuove aspirazioni che

vedano davvero lontano, oltre l'orizzonte.

L'obiettivo deve essere chiaro.

Il centro sinistra democratico oggi non governa il paese e il suo appare un progetto non molto

credibile ed il risultato si è visto nelle ultime lezioni politiche, europee e amministrative.

L'attuazione e la buona riuscita di tale progetto che ho sin qui esplicato, dipenderà dalla certezza di

unità e di intenti da parte di tutte le forze politiche, dei movimenti e delle associazioni che non

dovrà somigliare al progetto fallimentare dell'unione.

In Europa negli ultimi anni siamo stati testimoni di sommovimenti politici e sociali di enorme

rilevanza. la caduta del muro e dei regimi totalitari, determinarono l'apertura di una molteplicità di

fattori innovativi.

Un grande balzo in avanti per quei paesi volti ad una maggiore modernizzazione e rinnovata

crescita economica. Ad un più ampio sviluppo capitalistico.

Il Partito democratico italiano ha davanti a se una grande ambizioso progetto politico: l'espansione

di un centro sinistra liberale e democratico che riesca a saper guardare oltre la stessa Europa. Il suo

campo di azione dovrà essere quello di operare su dimensione sovranazionale. Sapersi riconoscere

in un movimento di visione planetaria. Un centro sinistra moderno insomma, che sappia coniugare

la difesa dello stato sociale con un maggior sviluppo economico del paese.

Il Partito democratico deve dotarsi di una " Mission" credibile e condivisa. Il Partito democratico

ha bisogno di volare oltre l’orizzonte. Il Partito democratico deve scaldare i cuori, ricreare i grandi

valori fondamentali oggi in parte attenuati. Il Partito democratico deve saper parlare con una sola

voce a tutti i settori della società italiana. Ai giovani che sono il nostro futuro e il futuro

dell’Europa; è necessario che essi possano imparare a vivere insieme partecipando alla costruzione

europea.

Le donne che saranno le protagoniste della società europea, senza la loro forza, la loro cultura, il

loro lavoro, l’Europa rischierà l’empasse. Dovranno sempre più donne occupare posti di

responsabilità nelle organizzazioni e nel tessuto sociale.

Gli anziani, grande patrimonio culturale, che dovranno avere un posto importante nella nuova

società europea; un 'Europa che potrà trovare il suo equilibrio solo nella riunione e nella

confederazione dei grandi popoli.

Il Partito democratico dovrà essere il partito delle riforme , quindi un grande partito riformista

davvero. Questo sarà il collante in grado di unire le varie culture politiche che intenderanno

concorrere in un ricco processo sinergico volto alla modernizzazione in un paese ove è presente un

deficit di cultura politica.

Questo congresso, punta erroneamente alla sola leadership, all’’eterna lotta tra correnti, piuttosto

che sui contenuti e sul cosa voler fare per far crescere il consenso nel partito. Questo stato di cose

non da credibilità, specie nei confronti di un elettorato che non è più quello dell’era fordista in cui

predominava anche una certa forma di ideologia peraltro dannosa che ci portò agli anni di piombo.

L’elettorato attuale è alquanto volatile e non è stanziale, non frequenta circoli ne le sedi del partito,

non gli interessa se il Partito democratico si alleerà con questa o quella parte politica, o quanto

meno ne percepisce un interesse marginale . I cittadini sono interessati in realtà a problemi che tutti

i giorni pesano sulle loro spalle come macigni.

Oggi io sono un candidato alla segreteria nazionale del Partito democratico. Un percorso non

facile, pieno di difficoltà di ogni tipo che ho dovuto superare senza l’aiuto di nessuno, tanto meno

dello stesso Partito democratico preso come era ed è a sponsorizzare il trio Franceschini – Bersani –

Marino, dimenticando che vi erano e vi sono altri candidati " Outsider" e degli organi di

informazione che ci hanno ignorato e hanno ignorato il nostro manifesto politico che dice cose

importanti e che la stessa nostra base si aspetta di sentirsi dire, preferendo al contrario linee

editoriali di tipo "vouyeriste"

Sono candidato alla segreteria nazionale del Partito democratico, grazie alle mille e cinquecento

persone oneste, donne, uomini, ragazzi che hanno creduto in me, ai miei progetti, alle idee per un

partito nuovo e moderno, e tutto questo senza un articolo di giornale e apparizioni nei vari talk

show televisivi e probabilmente forse, questa è stata la vera nostra carta vincente.

Sono stato per mercati rionali ove vedevo persone, cittadini italiani, che riempivano i loro sacchetti

di plastica di verdura andata a male perché non hanno disponibilità economiche se pur minime.

Sono stato nei cantieri ove operai per quattro euro mettono in gioco la loro esistenza pur di portare

a casa uno straccio di stipendio.

Sono stato nelle università ed ho parlato con ragazzi che fanno fatica a studiare perché le università

italiane certamente non primeggiano al confronto delle organizzazioni universitarie europee.

Ragazzi specie del sud Italia, che si rendono tristemente conto la loro laurea non le servirà molto se

non sono figli di…ed allora saranno costretti ad emigrare al nord o in altri paesi europei ove è

realmente riconosciuto il merito.

Ho parlato con pensionati costretti a sopravvivere con meno di seicento euro al mese, dopo che

hanno lavorato per una vita.

Anche questa è l’Italia di cui poco, troppo poco si parla. Ed allora, ufficialmente mi candido a

rappresentare nel Partito democratico tutti gli " Outsider" italiani, che sono poi quelli che mi hanno

sostenuto e permesso di candidarmi alle primarie.

Lo statuto del Partito democratico è complicato, in realtà è un "azzeccagarbugli" insufficiente oltre

che limitato nella forma e nei contenuti che rende impossibile una libera scelta davvero

democratica, considerando che è stato anche previsto lo strumento delle liste bloccate per quanto

riguarda le candidature dei delegati alla Convenzione, candidature quindi che cadranno

logicamente dall’alto e le avvisaglie si notano se consideriamo la massa di tessere provenienti da

alcune regioni come la Campania e il Lazio. Basta poco dunque per crearsi una nicchia …politica,

solo alcune miglia di tessere magari offerte da chi ha disponibilità economiche e visibilità politica.

Tutti ci rendiamo conto che le primarie italiane, sono al dunque delle "primarie secondarie" ciò

nonostante io le sosterrei se fossero primarie serie. Sono assolutamente contro il partito delle tessere

che inquinano la politica. Una campagna di tesseramento peraltro che ha fallito il suo obiettivo.

Sono altresì favorevole al partito degli iscritti e degli elettori.

Sono contrario al partito leggero e ondeggiante, tanto meno alla sua vocazione maggioritaria che

non porta da nessuna parte se si considera che anche in politica contano i numeri quindi soldati e

salmerie. Le guerre anche se democratiche si vincono se si dispone di eserciti e alleanze giuste al

momento giusto .

Concludo con un appello.

Io chiedo ai circoli che esprimeranno i loro delegati Ai papabili delegati, di sostenere la mia

candidatura al fine che possa raggiungere quel 5% congressuale previsto dallo statuto e arrivare

così alle vere primarie previste per il 25 ottobre. Datemi la possibilità di poter parlare agli italiani

perché persone come me rappresentano un modo diverso di far politica, volto nell’esclusivo

interesse del partito e del paese, considerando che non ho posti o poltrona da difendere. Lo chiedo

non per me ma per tutte le migliaia di persone che grazie alla mia iniziativa si sono avvicinate al

Partito democratico. Bocciare la mia mozione significherebbe bocciare e quindi ghettizzare una

buona fetta di elettorato che ha creduto in me. Il partito non ne trarrebbe grande giovamento nel

bocciare la mia mozione, in un momento in cui lo stesso partito non gode di entusiasmanti

consensi. Dovreste aprire porte e finestre per permettere immissione di aria fresca. Non tagliando le

ali a chi vorrebbe far volare il Partito democratico oltre l’orizzonte, oltre l’Italia, oltre l’Europa. Un

Partito democratico planetario.

GRAZIE.

AMERIGO RUTIGLIANO

Candidato alle primarie 2009 per segreteria nazionale del Partito Democratico

CORRIERE della SERA

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http://www.corriere.it

2009-07-24

 

 

 

REPUBBLICA

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http://www.repubblica.it/

2009-07-24

 

 

L'UNITA'

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2009-07-26

Franceschini: il congresso non ci distrarrà, faremo opposizione con una voce sola

Il dibattito congressuale non distrarrà i dirigenti del Pd dall'opposizione al Governo, soprattutto in tema di lotta alla crisi. Lo sostiene il segretario Dario Franceschini, che ne ha parlato a Bertinoro, ad un incontro della 'Scuola di politicà di Salvatore Vassallo. "Siamo persone con la testa sulle spalle - ha detto - sapremo distinguere il dibattito congressuale franco, vero, dalle esigenze di rappresentare le posizioni del partito dicendo all'esterno tutti la stessa cosa. Soprattutto quando si tratta dei problemi degli italiani e di contrastare l'azione del governo: lì ci sarà una voce sola".

Anche perchè, secondo Franceschini, "l'autunno sarà difficile, molti nodi verranno al pettine e servono misure per fronteggiare l'emergenza che non ci sono nel decreto anticrisi e servono assolutamente: continueremo a sollecitare il Governo e criticarlo quando non prende i provvedimenti che servono agli italiani".

Franceschini, rispondendo a Ignazio Marino, ha anche detto che non è sui temi eticamente sensibili che si costruisce l'identità di un partito. "Sui temi eticamente sensibili - ha ribadito il segretario - prima di decidere ci vuole un percorso di dialogo, a tutti i

livelli, senza sedersi ognuno sulla propria verità. Anzichè costruire barriere le dobbiamo abbattere: se lo faremo sarà un servizio positivo non solo per il partito, ma per tutto il paese. Ma non penso che su questi temi si debba costruire l'identità di un partito".

26 luglio 2009

 

 

 

2009-07-24

La Bindi attacca Rutelli: 'Se non crede nel Pd, può andarsene'. Franceschini: 'Assurdo'

E' polemica nel Pd dopo un'intervista di Rosy Bindi in cui attacca Rutelli: " "O si è convinti del progetto o è meglio dirlo con chiarezza e trarne le conseguenze". il riferimento è alle critiche dell'ex vicepremier al percorso e al dibattito congressuale e anche al fatto che il Pd dovesse essere considerato un partito di sinistra. I toni dell'intervista però sono sembrati eccesivi a molti e Franceschini è intervenuto: "Sono allibito, dobbiamo toglierci dalla testa quell'idea pericolosa per la quale c'è qualcuno che vince e gli altri stanno fuori. Non si può dire a uno dei fondatori del Pd se non sei d'accordo accomodati fuori. Noi dobbiamo rispettare le diversità. Nessuno di noi può dire all'uno o all'altro accomodati fuori".

Ieri il vertice del Pd si è ritrovato all'Aquila per un'iniziativa a sostegno dei terremotati contro lo scandalo del decreto anticirisi che pretende di far pagare le tasse a chi sta nelle tende e non agli evasori fiscali. "Io e Bersani ci sentiamo tutti i giorni - ha detto il segretario - perchè io sono il segretario del partito e lui il responsabile del dipartimento Economia, quindi è evidente che ci siamo detti dal primo giorno questo: che il dibattito congressuale deve essere franco, vero, ma non può in nessun modo interferire con il nostro primo dovere che è quello di fare l'opposizione". Franceschini ha invitato a non aver paura del confronto: "Ci sarà un segretario che viene eletto e avendo vinto un congresso vero arriva un mandato congressuale serio".

L'eco delle polemiche interne però si sente. Rosy Bindi, che sostiene Bersani, non ha usato mezzi termini: "Deve mettersi in testa - dice rivolta a Rutelli - che il Pd non può che essere un partito nel quale si riconosca anche la sinistra. Altrimenti viene il dubbio che si tratti di un pretesto" e così facendo alimenta "ambiguità e interpretazioni maliziose circa quel che ha in testa. E non va bene, perchè se stiamo facendo un congresso così difficile è anche per eliminare, finalmente, ogni ambiguità".

La vicepresidente della Camera sogna "un partito plurale" con "una classe dirigente espressione delle varie sensibilità: comprese quelle di Bindi e Letta". E a Dario Franceschini dice: "Con certe polemiche distruttive e false su faccende tipo i vecchi,

il ritorno al passato e il tesseramento, si scivola nel dipietrismo, nel grillismo". "Meglio - afferma - discutere di cosa non è

andato in questi due anni, dell'idea di partito e delle risposte ai problemi del Paese".

Franceschini ha reagito subito dicendo che per quanto lo riguarda "è orgoglioso" di del pluralismo di culture e di anime che lo sostengono, perchè questa, dice, è una ricchezza. Anche Bersani è intervenuto. "La mia prima paura è che ci sia uno scarto tra il barocchismo del percorso, lo stato dell'organizzazione e certe tensioni divisive. E' una contraddizione che se non riusciamo a governare, può farci non capire nel paese". Per l'ex ministro dell?industria il rischio che corre il Pd è che una battaglia congressuale si trasformi in una guerra senza regole che potrebbe essere fatale per il partito. "Spero in grande sobrietà nella discussione e che non si arrivi mai alla rissa perchè il pericolo è che si creino fratture non rimediabili". Meglio concentrarsi sui programmi, continua il candidato alla segreteria e "mettere in campo una prospettiva di alternativa a Berlusconi". Anche riaprendo "il cantiere dell'Ulivo". Perchè, continua Bersani, avere una vocazione maggioritaria non vuol dire "aspettare di avere il 51% per mandare a casa Silvio Berlusconi", ma piuttosto "cercare il dialogo" con chi a Berlusconi si oppone, "e cercare alleanze senza concedere quel che non possiamo".

Solidarietà, frattanto a Ignazio Marino, attaccato dal Foglio per una vicenda di 7 anni fa. Respingiamo con fermezza ogni tentativo di infangare il profilo morale di Ignazio Marino. E questo è un giudizio che con noi possono condividere tutti i senatori del gruppo del Partito democratico". E' quanto dichiarano in una nota il presidente Anna Finocchiaro e i vicepresidenti Luigi Zanda e Nicola Latorre del gruppo del Pd in Senato. Al senatore democratico, attaccato dal foglio per una vicenda di rimborsi truccati che risale al 2002, ha espresso solidarietà anche Franceschini.

In serata la Bindi ha precisato: "Non ho chiesto a nessuno di accomodarsi e nel Pd c'è posto per tutti, ma ci vuole chiarezza". A Franceschini che si è detto "allibito", Bindi replica: "cerca pretesti per non rispondere nel merito". "Noi non siamo contrari al bipolarismo - aggiunge - ma il bipolarismo si salva se c'e un'opposizione capace di diventare vera alternativa di governo e per questo il Pd deve ricostruire il campo di un nuovo centrosinistra. Franceschini continua invece a rilanciare la vocazione maggioritaria come autosufficienza del Pd, ma così il partito si condanna al ruolo di eterna opposizione"

25 luglio 2009

 

 

 

 

Chi è Rutigliano, il quarto uomo in gara al congresso del Partito democratico

Questa volta deve aver fatto meglio i conti con i tempi tecnici per la raccolta delle firme. Amerigo Rutigliano, romano, sessantatre anni, ex presidente di Unità Democratica Sinistra Europea, formazione sconosciuta ai più, ci riprova e si candida alla segreteria del Pd come già aveva tentato di fare nel 2007 alle primarie che incoronarono Walter Veltroni. Allora non arrivò a consegnare le firme in tempo e fu perciò escluso dalla corsa dal comitato dei garanti.

Per questo, come Marco Pannella, anche lui escluso ma per incompatibilità, fece ricorso non solo ai garanti ma anche in tribunale civile per farsi riammettere arrivando a minacciare di chiedere la sospensione delle primarie. Questa volta ci riprova con 1.542 sottoscrizioni depositate in tempo utile per tentare di conquistare il vertice del partito con l'obiettivo politico dichiarato dell'unità del centrosinistra.

Nato a Roma e formatosi nella Fgci, nel 1996 Rutigliano si candida al Senato costituendo un soggetto politico di indirizzo europeo: Unità Democratica Sinistra Europea, soggetto politico che poi si schiera a sostegno della candidatura a Sindaco di Roma di Francesco Rutelli. Partecipa alla missione Arcobaleno con una fondazione di volontariato e nel 2007, costituisce l'associazione politico culturale 'Officina Socialè per poi candidarsi alle primarie senza essere, però, ammesso.

Ovviamente sa di non avere alcuna possibilità di successo e punta tutto sulla contrapposizione con i vertici e la burocrazia del Pd, che a suo dire sarebbe refrattaria alle novità. Basterà? Difficile. "Nei piani alti di via del Nazareno - dice - considerano la mia candidatura 'labile speranza e forse è vero, considerando che i primi tre candidati saranno eletti da delegati 'nominati tramite liste bloccate e quindi scelte cadute dall'alto secondo l'ordine di scuderia. Ma se qualcuno pensa anche minimamente che il sottoscritto non faccia sul serio, allora non ha capito nulla di me o non mi conosce abbastanza".

"Se ci facessero parlare non al chiuso di una convenzione da terza internazionale ma agli elettori italiani, solo allora forse -aggiunge il candidato- questi si accorgerebbero che le nostre possibilità tanto labili non sono. La mozione che presenterò al

giudizio dell'Assemblea, risponde alle aspettative di un moderno partito d massa. Comprendo perfettamente che il congresso, per come è delineato, non considererà le linee programmatiche, come dovrebbe essere per un partito democratico davvero: in questa convenzione nazionale prevarranno al contrario i protagonismi, le correnti anche se negate, vecchi rancori mai sopiti tra differenti fazioni".

"Ma ci saremo anche noi che non siamo ex di nulla, noi che siamo la novità. Noi che non ci ascolteranno, che ci ghettizzerano: già li sento dire 'noi siamo l'aristocrazia del partito che non mollerà facilmente il poterè. Dobbiamo dunque lottare contro tutto questo e non sarà affatto facile. Forse perderemo la battaglia, ma -conclude Rutigliano- abbiamo la pelle dura dell'orso, siamo abituati a lottare e la 'prima linea non ci spaventa".

25 luglio 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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